[…può essere impugnata solo nell’ipotesi di contestuale trasferimento della relativa farmacia]

Con sentenza n. 1479 del 14 giugno u.s. il Tar Lombardia ha dichiarato inammissibile il gravame proposto da un titolare di farmacia contro la  delibera di Giunta comunale ampliativa di una sede contigua a quella di cui era titolare il ricorrente.
Eppure, si badi, quello impugnato era un provvedimento che aveva accorpato a una sede [di cui, guarda caso, era titolare proprio il Comune…] una porzione di territorio sottraendola a quella adiacente del ricorrente, cioè, come precisa la stessa decisione, “a detrimento della superficie dell’ambito della sua sede (profilo contestato)”.
Secondo il Tar, però, non avendo la delibera della Giunta disposto/autorizzato [nel contesto stesso, supponiamo, del provvedimento modificativo] anche il trasferimento della farmacia comunale, rimasta infatti in esercizio nel locale originario, difettava nel ricorrente il requisito dell’attualità dell’interesse all’impugnativa.
Quindi, se non abbiamo capito male, il titolare della sede mutilata del segmento territoriale assegnato a quella limitrofa sarebbe stato legittimato a ricorrere solo in caso [cioè: se e quando] di effettivo spostamento della farmacia comunale in quella stessa porzione o anche, probabilmente, in qualsiasi altra purché, ci sembra di dover aggiungere, a distanza dall’esercizio del ricorrente inferiore a quella attuale.
Di qui, l’inammissibilità dell’impugnativa.
Come vediamo, dunque, il mero mutamento dell’ambito territoriale di una sede, pur se “a detrimento” della circoscrizione confinante, non sarebbe di per sé sufficiente – per l’asserita mancanza dell’attualità di una lesione – a far sorgere un interesse pretensivo del titolare di quest’ultima alla contestazione della delibera modificativa, essendo a tal fine necessaria anche una modifica – in peius, ovviamente – del relativo “bacino di utenza” (sic!).
Senza questa ulteriore e diversa modifica, infatti, per il ricorrente il pregiudizio sarebbe soltanto astratto e puramente ipotetico, perciò inidoneo/insufficiente a sostenerne il gravame che potrebbe pertanto essere giustificato solo dall’effettivo spostamento dell’esercizio della sede contermine nella porzione territoriale aggiunta o anche, come appena accennato, in altra ubicazione comunque più vicina a quella dell’altra farmacia.
L’interesse cioè a contrastare la delibera giuntale impugnata nella fattispecie [questo un altro discutibile passaggio della sentenza milanese] non è generato dal mutamento, sol perché tale, dell’ambito territoriale assegnato/pertinente alla sede del ricorrente, ma può discendere per l’appunto soltanto da una riduzione del suo “bacino di utenza” che però nel caso qui deciso – proprio per la permanenza della farmacia comunale nella sua ubicazione precedente – non avrebbe potuto essere pregiudicato da una semplice “riperimetrazione” della sede adiacente.
Poco o nulla, perciò, ha rilievo per il Tar che la “riperimetrazione”  [indipendentemente, perché non è questo il punto, che essa a propria volta sia stata resa necessaria dalla collocazione “in zona” di una sede neoistituita] si sia nella specie risolta nell’amputazione di un’area territoriale fino a quel momento ascritta alla sede del ricorrente [e con il provvedimento impugnato accorpata a quella confinante], dato che ai fini di una maggiore o minore possibilità di accesso degli utenti a una farmacia piuttosto che a un’altra, “e quindi per l’attrattività del singolo esercizio farmaceutico” [così testualmente la sentenza], rileva per gli utenti “unicamente l’ubicazione effettiva della sede farmaceutica”.
Ecco allora spiegato, perché merita ribadirlo ancora una volta per la sua straordinaria “originalità”, l’assunto centrale della decisione del Tar, che è il seguente: una lesione dell’interesse del titolare della sede modificata in peius – tale da sorreggere una sua impugnativa – può scaturire per i giudici lombardi solo dal concreto spostamento della farmacia afferente la sede confinante “in una zona più vicina a quella ove è situata la farmacia della ricorrente, così effettivamente determinando un’interferenza con l’attuale bacino d’utenza dell’esercizio della ricorrente”, diversamente risultando il ricorso inammissibile, come detto, per “difetto di attualità dell’interesse a ricorrere”.
E’ una tesi che con tutta evidenza trascura appieno e quantomai disinvoltamente il particolare – per nulla secondario – che in realtà la sottrazione di una più o meno ampia porzione territoriale ascritta alla propria sede configura di per sé un pregiudizio altroché attuale per il suo titolare, che infatti si vede preclusa qualsiasi iniziativa, professionale e/o imprenditoriale, che possa suggerirgli di trasferire la farmacia esattamente in quella porzione, magari caratterizzata da locali ampi, disponibili e a buon mercato.
Del resto, a quale sorte egli andrebbe incontro se – dopo essere stato costretto all’“inerzia” da questa interpretazione dinanzi a un provvedimento modificativo in peius dei suoi confini – tentasse successivamente di spostare la farmacia nella porzione “sottrattagli”? Non potrebbe naturalmente essere diversa da quella del rigetto dell’istanza di trasferimento e sarebbe in principio un provvedimento in tal caso legittimo.
Allora, dobbiamo forse pensare che questo ipotetico provvedimento debba essere impugnato unitamente a quello di modifica della sede? O che al titolare della sede modificata in peius non resti altro che attendere un ipotetico tentativo dell’altra farmacia di avvicinarsi al suo esercizio e solo allora attaccare l’atto presupposto unitamente a quello presupponente, cioè, rispettivamente, la modifica della sede e lo spostamento, ferma ovviamente l’impossibilità nel frattempo [ma in realtà in qualsiasi tempo…] di “occupare” l’area sottrattagli?
Crediamo di dover rispondere negativamente a entrambi gli interrogativi ma è chiaro che sarebbe troppo lungo soffermarsi ulteriormente sugli aspetti sostanziali e processuali di vicende del genere, anche se può comunque essere forse sufficiente rimarcare che in ipotesi del genere il titolare “scippato”, che già si è visto interdire da questa tesi del Tar lombardo l’impugnativa della modifica in peius, rischia molto seriamente di vedersi negare l’ingresso al Tar anche nel caso, tutt’altro che ipotetico, si vedesse respingere dal comune la domanda di trasferimento della farmacia in quella zona.
Qualsiasi eventuale iniziativa rischierebbe, insomma, di sfociare in una [ulteriore] pronuncia di inammissibilità per mancata tempestiva impugnazione dell’originario provvedimento di modifica del perimetro della propria sede, e lo “sfortunato” titolare rimarrebbe, evidentemente ed ingiustificatamente, privo di tutela.
Certo è, in conclusione, che si tratta di un orientamento che – nella denegata ipotesi in cui raccogliesse proseliti – finirebbe per generare gravissimi vuoti di tutela.

(gustavo bacigalupo – cecilia sposato)

 

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