È possibile svolgere attività di carattere informativo e/o di consulenza in farmacia durante l’orario di apertura? Saremmo interessati in particolare allo svolgimento di corsi preparto, sul massaggio neonatale e così via, aperto agli interessati, previa però corresponsione di un contributo. Quale sarebbe, a tale ultimo proposito, la modalità migliore di gestione del rapporto farmacia/cliente e farmacia/professionista, riferendoci in particolare all’ostetrica?
Il D.Lgs n. 153/2009, come noto, disciplina – unitamente ai successivi decreti attuativi – i c.d. nuovi servizi erogati dalle farmacie, tra i quali la normativa individua anche quelli c.d. di primo livello.
Grazie a questi servizi le farmacie partecipano, anche, alla realizzazione di programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione rivolti alla popolazione in generale, utilizzando modalità di informazione adeguate al tema trattato, ai professionisti coinvolti e, ovviamente, ai locali della farmacia utilizzati per questi eventi.
Più nel dettaglio, lo svolgimento di corsi, attività informative e/o di consulenza prenatali o neonatali, possono essere svolte – ci pare ormai fuori discussione – anche all’interno della farmacia, pur se evidentemente questo richiede la disponibilità di uno spazio, adeguato anche al numero di partecipanti al corso, opportunamente separato rispetto all’area normalmente adibita alla vendita di farmaci e altri prodotti.
Il corrispettivo pagato dal cliente dovrà essere normalmente “scontrinato” dalla farmacia e assoggettato a IVA 22%, nell’aliquota cioè prevista appunto per i servizi, mentre il compenso per l’ostetrica dovrà essere regolarmente fatturato da quest’ultima alla farmacia stessa.
Quanto alla legittimità della presenza in farmacia proprio dell’ostetrica, abbiamo già precisato in varie occasioni il nostro punto di vista sull’ormai [quasi] piena libertà per la farmacia di favorire anche all’interno dell’esercizio [ma, almeno per il momento, non in un locale esterno…] lo svolgimento di altre e diverse professioni sanitarie.
E’ il c.d. “cumulo oggettivo”, che va notoriamente distinto da quello soggettivo [che invece l’art. 102 del TU.San. continua inesorabilmente a vietare quando il “bi-laureato” sia un farmacista…], ricordando che la gran parte delle professioni sanitarie hanno ricevuto dalla Lorenzin – e dai suoi decreti attuativi – l’inquadramento ordinistico con tutto quel che ne consegue.
Naturalmente, se è proprio necessario precisarlo, resta tuttora interdetto – salvi i casi episodici e particolari sui quali ci siamo già intrattenuti [e parliamo soprattutto di campagne di prevenzione o simili] – il compimento all’interno di una farmacia di attività professionale da parte di professionisti sanitari “prescrittori” di farmaci, quindi di medici-chirurghi, odontoiatri e veterinari.
(cecilia sposato – gustavo bacigalupo)
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