Può essere eseguito? Se sì, a quali condizioni? Occorre adibire un’area apposita, e in tal caso posta all’interno o anche all’esterno della farmacia?
Questi, in sintesi, i quesiti formulati di recente da alcune farmacie e alle quali ci pare di dover rispondere perché avremo così occasione di fare chiarezza, o perlomeno tentare di farlo, su aspetti che parrebbero di interesse comune a parecchie farmacie.
L’art. 1, comma 2, lett. e-quater del d.lgs n. 153/2009 [come modificato dal d.l. n. 24/2022, convertito in l. n. 52/2022], risponde a gran parte delle domande espresse o implicite nei quesiti appena riassunti, richiamando tra i c.d. nuovi servizi che le farmacie possono assicurare nell’ambito del SSN [fermo ovviamente il rispetto dei Piani socio-sanitari regionali e, attenzione, ferma anche qui, come per tutti i nuovi servizi nessuno escluso, la previa adesione del titolare della farmacia] anche “l’effettuazione di test diagnostici (N.B. come appunto quello per lo streptococco) che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, da effettuare in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza. Le aree, i locali o le strutture esterne alla farmacia devono essere compresi nella circoscrizione farmaceutica prevista nella pianta organica di pertinenza della farmacia stessa”.
La disciplina attuativa del citato decreto è contenuta – come abbiamo avuto già occasione di osservare – nel Protocollo d’intesa approvato da Governo, Regioni e Province autonome e Organizzazioni rappresentative di categoria (Federfarma, Assofarm e Farmacieunite) il 28 luglio 2022, che definisce “le modalità per il coinvolgimento, su base volontaria, dei farmacisti … nell’esecuzione dei test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e-quater, del decreto legislativo n. 153 del 2009”, prevedendo all’art. 3 che:
- le farmacie che intendono somministrare i suddetti test diagnostici lo comunicano preventivamente alla ASL competente per territorio, tenuto conto delle modalità definite dalla Regione/Provincia autonoma di riferimento;
- la somministrazione di test diagnostici è eseguita, previa verifica dell’identità ed esibizione da parte dell’interessato della Tessera Sanitaria o del codice STP/ENI, da parte di farmacisti ovvero da parte di personale sanitario abilitato, all’uopo individuato dal titolare o direttore della farmacia, nel rispetto delle modalità riportate nella scheda tecnica del prodotto in uso;
- il farmacista o suo incaricato operatore sanitario, prima dell’esecuzione del test, fornisce informazioni adeguate all’utente, anche in forma orale, sulla tipologia di test da somministrare, su eventuali rischi e sul significato dell’esito positivo o negativo, consegnando referto o attestato di esito scritto all’assistito, anche in formato digitale;
- il personale incaricato della somministrazione dei test diagnostici utilizza adeguati dispositivi di protezione individuale;
- le attività di somministrazione dei test diagnostici sono eseguibili in area interna alla farmacia, purché separata dagli spazi destinati allo svolgimento delle attività di dispensazione del farmaco in modo tale da garantire la riservatezza degli utenti, nonché in apposite aree, locali o strutture esterne con le modalità previste [all’art. 4]. È comunque possibile somministrare il test diagnostico a farmacia chiusa;
- il titolare di farmacia o il direttore responsabile adottano adeguate misure di sicurezza a tutela della salute dei lavoratori e degli utenti, adempiendo agli obblighi previsti dalla legislazione vigente di settore.
Per quanto concerne, più nel dettaglio, i locali utilizzabili per lo svolgimento di tali test, l’art. 4 precisa che:
- i soggetti titolari di farmacia possono utilizzare aree, locali o strutture separate dai locali ove è ubicata la farmacia;
- l’esercizio dei servizi sanitari nelle aree, locali o strutture di cui al comma 1 è soggetto a controllo da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, verificando che i soli locali abbiano i requisiti di idoneità igienico-sanitaria già previsti per l’esercizio farmaceutico nelle farmacie di comunità, consentano il rispetto della riservatezza degli utenti, ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica. In caso di ampliamento dei locali per le attività previste dal presente protocollo la farmacia è tenuta, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione di cui all’Allegato 1 [il riferimento è al modulo che la farmacia intenzionata ad eseguire test diagnostici deve inviare alla ASL e all’Ordine dei Farmacisti territorialmente competenti, oltre che all’Associazione provinciale di appartenenza], a presentare domanda di attorizzazione all’autorità competente. Nelle more del rilascio dell’autorizzazione, l’attività può essere svolta in ragione della citata comunicazione.
Queste, in buona sostanza, sono dunque le ‘linee-guida’ da seguire per le farmacie interessate.
(cecilia v. sposato)
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