È un tema che abbiamo affrontato altre volte ma che – stando anche ai quesiti che pervengono – merita ulteriori notazioni, specie con riguardo alle differenze – in caso di premorienza di un socio – tra snc o sas, da un lato, e società di capitali [srl in particolare], dall’altro.
Un quadro sintetico potrà comunque forse rivelarsi sufficienti a cogliere perlomeno gli aspetti più significativi di questa vicenda
- Società di persone
Nelle società di persone ha un ruolo decisivo, e anzi ne costituisce l’in sé, il c.d. intuitus personae [cioè, io costituisco una snc con Tizio e non con Caio perché può non essere indifferente esercitare collettivamente un’impresa, che sia o meno una farmacia, con un soggetto invece che con un altro]: di qui, ad esempio, l’incedibilità a terzi – almeno in principio perché il contratto sociale può prevedere diversamente – della partecipazione a una snc o a una sas.
Ecco allora anche spiegato il disposto dell’art. 2284 cod. civ. [dettato per le snc], secondo cui, “salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano”.
In una snc o in una sas – in caso di morte di un socio in vigenza del contratto sociale e quindi durante la vita della società – possono pertanto darsi tre diversi scenari:
- la liquidazione della quota [cioè del suo valore] agli eredi;
- lo scioglimento della società;
- la continuazione di quest’ultima con gli eredi del socio premorto, sempreché costoro vi acconsentano.
Ora, come d’altronde ampiamente illustrato a suo tempo, quel che cade in successione non è la quota sociale in quanto tale posseduta dal de cuius, ma un credito pecuniario corrispondente al valore della quota stessa al momento del decesso [da ultimo, e recentemente, v. Cassazione ord. n. 6082/2023].
E però, specifiche disposizioni dell’atto costitutivo/statuto possono contemplare – lasciando generalmente liberi gli eredi di sottrarvisi – il loro subentro in applicazione di una espressa clausola statutaria di continuazione [su cui v. Sediva News del 17 febbraio 2022 “Le c.d. clausole di continuazione della società dopo la morte di un socio”], quel che d’altra parte nelle società titolari di farmacia si rivela più frequente soprattutto per il disposto del comma 9 dell’art. 7 della l. 362/91.
Per ulteriori notazioni, comunque, possiamo rinviare in particolare alla Sediva News del 28.01.2021: “I soci superstiti e gli eredi del socio deceduto”.
- Società di capitali
Qui, invece, in principio è liberamente trasmissibile a terzi la quota sociale [artt. 2355 e 2460 cod. civ.], sia per atto inter vivos che mortis causa.
Perciò, alla morte di un socio – salve norme statutarie in deroga – le quote sono trasferite automaticamente agli eredi, per legge o per testamento.
Differentemente dalle società di persone, pertanto, l’erede del socio di una società di capitali subentra nella quota del de cuius, diventando quindi socio fin dal momento del decesso.
Anche qui però l’autonomia privata può giocare un ruolo importante e allora il trasferimento automatico della quota non è l’unica opzione esercitabile.
È possibile prevedere nello statuto, in particolare, clausole che limitino per l’appunto la libera circolazione delle quote mortis causa, ad esempio escludendo espressamente il subentro degli eredi [o legatari] nella quota del socio premorto e prevedendo la loro liquidazione, come è anche legittima una clausola, per così dire, intermedia, che contempli la facoltà degli eredi di scegliere tra il subentro uti socii nella quota del socio premorto e la liquidazione del suo valore.
Ecco inoltre, come ulteriori eventualità che lo statuto può prevedere:
- clausole di gradimento: il trasferimento delle quote agli eredi è naturalmente subordinato al gradimento degli organi sociali;
- clausole di prelazione: in caso di cessione della quota a terzi da parte degli eredi, i soci superstiti possono esercitare il diritto di prelazione;
- le clausole di trasmissibilità a favore di soggetti predeterminati o determinabili.
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Come forse si è potuto cogliere anche da questa breve rassegna, in realtà anche nello statuto di una srl, pur se società di capitali, la sorte della partecipazione/quota in caso di decesso di un socio può essere disciplinata in termini tendenzialmente quasi sovrapponibili a quelli che regolano la premorienza del socio di una società di persone.
A dettare legge è ancora una volta l’autonomia privata, che dovrà aver cura di individuare le norme che regolano il funzionamento di una società – che sia di persone o di capitali, non fa differenza – tentando di renderle il più possibile conformi e adeguate alle loro scelte economiche, professionali, familiari o, se si preferisce, di vita in generale.
(cesare pizza)
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