Un locale a livello stradale, sullo stesso lato della farmacia da cui dista 40 o 50 metri, era stato acquistato tempo fa da un mio familiare per consentire alla nostra farmacia di utilizzarlo come secondo magazzino.
Stiamo però riflettendo sull’opportunità di farlo invece dare in locazione a dei medici, sia di medicina generale che specialisti: tenendo conto che ci troviamo in una provincia laziale, che però non è Roma, quali formalità distinguono il semplice studio medico da un vero e proprio ambulatorio o poliambulatorio?
Il tema merita una disamina adeguata ma sempre compatibilmente con le esigenze di questa Rubrica.
Ecco dunque, in buona sintesi, le caratteristiche che possono ragionevolmente [e anche sul piano normativo] distinguere, in particolare, uno studio medico da un ambulatorio.
- Lo studio medico professionale
Che sia singolo o associato, lo studio medico professionale è il luogo in cui [generalmente] un medico – titolare o contitolare dello studio – svolge la sua attività in regime di piena autonomia rispetto a quella esercitata, ad esempio, da altro professionista dello stesso studio.
Lo studio, infatti, non ha rilevanza giuridica autonoma rispetto alla figura professionale del suo titolare, come è vero che la cessazione dell’attività da parte di quest’ultimo determina anche la cessazione dello studio stesso.
L’elemento della professione intellettuale [art. 2229 cod.civ.] è quindi prevalente sull’organizzazione dello studio, anche quando ci si avvalga, ove consentito, di sostituti o ausiliari [art. 2232 cod.civ.].
Art. 2229 cod. civ.: La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi.
L’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati [alle associazioni professionali], sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente [2642].
Contro il rifiuto dell’iscrizione o la cancellazione dagli albi o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che importano la perdita o la sospensione del diritto all’esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.
Art. 2232 cod. civ.: Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.
Lo studio medico, è chiaro, non è tuttavia un locale che – “tecnicamente” – possa ritenersi aperto al pubblico: non è infatti accessibile alla generalità indistinta degli utenti ma solo ai pazienti del professionista che con quest’ultimo hanno un rapporto di natura squisitamente fiduciaria, e infatti non di rado lo studio medico è collocato all’interno dell’abitazione del professionista.
- L’ambulatorio/il poliambulatorio
L’ambulatorio e/o il poliambulatorio sono invece caratterizzati dalla pluridisciplinarità, cioè dall’espletamento contemporaneo di attività professionali sanitarie da parte di professionisti operanti in più discipline specialistiche; l’elemento però che definisce particolarmente l’uno e/o l’altro è quello della struttura organizzativa, cioè l’insieme delle risorse umane e materiali utilizzate per l’esercizio dell’attività rispetto alle singole prestazioni professionali.
In tal senso l’ambulatorio assume valenza giuridica oggettiva rispetto al professionista o ai professionisti che vi prestano la loro attività, i quali pertanto possono “andare e venire” senza che per questo venga meno l’ambulatorio in quanto tale.
Sia l’ambulatorio che il poliambulatorio si configurano invero quali imprese ai sensi dell’art. 2082 e segg. del codice civile con la netta separazione tra la responsabilità di tipo imprenditoriale [che fa capo al titolare o ai contitolari del provvedimento di autorizzazione], la responsabilità di tipo tecnico-organizzativo [riconducibile invece al direttore sanitario] e la responsabilità di ordine professionale – che inerisce sicuramente al singolo professionista che svolge la prestazione.
- Le differenze tra le due figure
Oltre naturalmente che per la pluridisciplinarità cui si è già accennato, l’ambulatorio si distingue dallo studio medico anche per la complessità delle prestazioni sanitarie e delle procedure diagnostiche e terapeutiche esercitate [anche con riferimento alla sicurezza del paziente]; questo è il riflesso, a ben guardare, della maggiore complessità organizzativa dell’ambulatorio rispetto allo studio medico, dato che le dette prestazioni e/o procedure richiedono una dotazione strumentale tale da assimilare lo studio professionale che ne sia dotato a un vero e proprio ambulatorio.
Quindi, il comma 2 dell’art. 8-ter del decreto legislativo n. 502/1992 dispone espressamente che “L’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi”, assimilando – quanto al regime di autorizzazione, come si vede – gli studi medici “attrezzati” agli ambulatori.
E, quanto agli aspetti normativi, la differenza di maggior rilievo attiene appunto al diverso regime amministrativo cui le due strutture sono assoggettate, dato che – se per gli studi medici è sufficiente generalmente una semplice comunicazione all’autorità di vigilanza – invece per gli ambulatori è necessaria una specifica autorizzazione all’esercizio, come del resto dovrebbe ormai essere chiaro.
I principali riferimenti normativi sono rintracciabili nell’art. 193 del T.U.L.S. [ovviamente ancora in vigore], nell’art. 43 della l. n. 833/78 e nell’art. 8-ter del dlgs n. 502/1992, ma anche – se non soprattutto – nelle varie leggi regionali in materia, e siamo così a una rapida verifica de
- La disciplina regionale del Lazio
Vista infatti l’ubicazione della struttura che l’autore del quesito intende concedere in locazione a uno o più medici, queste ultime notazioni vanno dedicate evidentemente alla disciplina regionale laziale in materia.
In particolare, nel Lazio è in vigore il D.G.R. 9 settembre 2015 n. 447, che – ai fini della verifica se si tratti effettivamente di un mero studio medico [non importa se singolo o associato] e, come tale, non soggetto a un provvedimento di autorizzazione all’esercizio al suo interno dell’attività medica – si dovrà accertare:
- a) che vi vengano effettuate prestazioni considerate a minore invasività e comunque non prestazioni diagnostiche [diagnostica per immagini e/o analisi cliniche] e/o di chirurgia ambulatoriale e/o di recupero e riabilitazione funzionale;
- b) che le apparecchiature elettromedicali qui di seguito indicate – naturalmente, se presenti – vengano utilizzate esclusivamente per l’esercizio dell’attività complementare a quella specialistica e senza refertazione a beneficio di terzi e che dunque il loro utilizzo sia soltanto occasionale e/o saltuario:
– apparecchiature radiologiche o con sorgenti radioattive;
– laser [classi 3A, 3B e 4, ai sensi della norma CEI EN 60825-1];
Coerente con questa impostazione, restando sempre nella legislazione laziale, è la definizione che la citata D.G.R. fornisce di Studio Polimedico, che viene infatti testualmente ritenuto lo studio nel quale più professionisti espletano la propria attività professionale nella medesima unità immobiliare, anche in discipline specialistiche diverse, in maniera totalmente autonoma e indipendente dagli altri.
In questi casi, pertanto, l’erogazione delle prestazioni del singolo medico – prescindendo, perché a questi fini irrilevante, dalla possibilità o meno che i professionisti contitolari dello Studio Polimedico condividano la sala d’attesa e/o quella destinata all’accettazione dei pazienti [o anche, s’intende, i servizi igienici] – non deve comportare la gestione e il coordinamento unitario delle prestazioni, delle attività sanitarie e professionali e dell’apparato amministrativo.
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Beninteso, sia dalla normativa nazionale come da quelle regionali si colgono altre caratteristiche che diversificano tra loro le varie discipline di settore, specie per quel che riguarda i requisiti strutturali edilizi ed impiantistici e quelli che interessano il versante dell’igiene e della sicurezza; ma in ogni caso – non c’è dubbio – sono certamente più rigorosi e stringenti i requisiti richiesti per il rilascio di autorizzazioni all’esercizio di strutture ambulatoriali.
(stefano civitareale- aldo montini)
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