Nostra madre, titolare di farmacia, nonostante le insistenze di noi figli, non vuole costituire con nessuno di noi una società per non turbare – dice lei – gli equilibri tra noi. Ma ci chiediamo che cosa accadrebbe nel caso di una sua scomparsa senza che abbia disposto della sorte della farmacia.
All’apertura della successione [escludendo naturalmente il caso in cui l’avente causa sia soltanto uno, erede o legatario] ciascuno degli eredi/legatari partecipa, a decorrere dalla data del decesso, alla società insorta di diritto a quel momento tra tutti loro come società di fatto.
In questa non rientrano tuttavia – e anche qui a decorrere da quella stessa data, cioè, come si suol dire, ex tunc – gli eredi:
- che siano minori di età;
- o che esprimano formalmente e tempestivamente la volontà di non partecipare all’esercizio collettivo della farmacia;
- o che a seguito di una divisione dell’asse ereditario – anche a stralcio, riguardante quindi la sola farmacia – non siano risultati assegnatari dell’esercizio.
E però la società di fatto – anche nel caso in cui, magari in tempi brevi [come sarebbe ampiamente auspicabile per le ragioni già illustrate], intervenga una sua regolarizzazione – non è ancora una società cui possa di per sé ritenersi ascritta la titolarità della farmacia.
È infatti necessario a questo fine il perfezionamento di una duplice condizione:
- da un lato, l’espressione/formalizzazione di una volontà negoziale* di ogni erede e/o di tutti gli eredi congiuntamente [e/o di loro eventuali aventi causa] di partecipare a una società titolare di farmacia, quale ne sia la forma; e
- dall’altro, la verifica – inevitabilmente ricorrendo per lo più ad autodichiarazioni [anche per il c.d. certificato antimafia] – circa l’insussistenza per ognuno di loro di cause che ne impediscano la partecipazione e perciò di una delle ipotesi di incompatibilità previste negli artt. 7 e 8 della l. 362/91.
*N.B.: Ma questa loro volontà negoziale deve in ogni caso essere esplicitata in termini non equivoci in un atto costitutivo/statuto, semplice e lapidario finché si vuole ma tale da non lasciare dubbi sul loro preciso intendimento di formare/regolarizzare una società [di persone o di capitali] che abbia per oggetto esclusivo la gestione della farmacia ricevuta per successione e che contenga appunto anche la dichiarazione di ogni socio circa l’insussistenza di cause ostative alla sua partecipazione.
Si tratta allora, fino al compimento di tali due condizioni, di una società per la mera gestione provvisoria dell’esercizio caduto in successione e il termine di durata di tale “provvisorietà” è e resta naturalmente quello della scadenza del sesto mese successivo alla presentazione della dichiarazione di successione, seppur con il limite in ogni caso del compimento del diciottesimo mese dal decesso, come abbiamo avuto occasione di chiarire altre volte.
Prima che scada quel termine, pertanto, la trasformazione della società di gestione ereditaria [di fatto o regolare che sia] in una società titolare della farmacia già del de cuius postula il perfezionamento di entrambe le citate condizioni, dato che, per ribadirlo ancora, i commi 9 e 10 dell’art. 7 della l. 362/91 – nonostante il loro pessimo dettato letterale… – sono tuttora in vigore, pur se con gli imprescindibili adattamenti conseguenti alla Legge Concorrenza.
Diversamente, se cioè entro il detto termine non saranno state soddisfatte quelle due condizioni, e sempreché non si ricorra in extremis alla cessione dell’esercizio a terzi [anche seguendo la via, pienamente legittima, di cessioni di quote della società di gestione provvisoria], la compagine ereditaria rischia di incappare in un provvedimento di decadenza dalla titolarità [che, beninteso, per tutto il tempo della gestione provvisoria è e resta del de cuius].
È chiaro però che quest’ultima è un’ipotesi più che altro teorica dato che, almeno per quel che ci consta, non sono state più di tre o quattro le vicende che si sono concluse in un modo così cruento e si è trattato comunque di rischi mal calcolati dagli eredi che hanno infatti protratto le loro “divergenze di opinione” sulla sorte della farmacia caduta in successione oltre il limite temporale di cui si è detto.
Concludiamo queste brevi note tornando per un istante su un altro aspetto che sembra proprio non trovare pace: il direttore responsabile della farmacia caduta in successione potrà essere – per tutta la durata della gestione provvisoria – anche un semplice farmacista iscritto all’albo [erede o non erede], perché l’idoneità potrà/dovrà essere richiesta al direttore solo a far data dal riconoscimento della titolarità a favore della società regolarizzata, indipendentemente che questa sia formata dagli eredi o da alcuni di loro, oppure da soggetti estranei alla compagine degli eredi che medio tempore si siano resi cessionari delle loro quote.
(gustavo bacigalupo)
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