Una recente decisione della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Calabria è intervenuta sul tema dell’onere della prova in caso di accertamento integrativo, che – è necessario precisarlo – si configura quando l’amministrazione finanziaria, dopo aver notificato a un contribuente un avviso di accertamento in materia di imposte dirette e/o iva, provvede a notificargli un altro e diverso accertamento, appunto integrativo di quello originario, per aver individuato [a seguito evidentemente di successive attività istruttorie] ulteriori violazioni delle norme fiscali riguardanti la stessa annualità oggetto dell’accertamento originario.
Questa attività istruttoria dell’Agenzia delle Entrate è disciplinata dall’art. 43, comma 3, DPR 600/1973 [imposte dirette] – e dall’art. 57, comma 4, DPR 633/1972 [iva].
Art. 43, comma 3, DPR 600/1973: “Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle entrate. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte”.
Art. 57, comma 4, DPR 633/1972: “Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi
elementi da parte dell’Agenzia delle entrate. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto”.
Quindi, in sostanza, sia in caso di imposte dirette che in caso di IVA, nel momento in cui l’AdE – dopo aver emesso un primo avviso di accertamento – viene a conoscenza di nuovi dati e/o elementi, può legittimamente procedere all’emissione di successivi avvisi volti per l’appunto a integrare e/o comunque modificare quanto contenuto nel primo avviso.
Tornando alla sentenza citata all’inizio, i giudici tributari calabresi di secondo grado hanno chiarito che un atto di accertamento integrativo postula che gli elementi assunti a fondamento di quest’ultimo siano effettivamente nuovi rispetto a quelli presi a base del primo avviso, e però – eccoci al punto – il carattere della novità è sostanzialmente presunto nell’azione dell’AdE, cosicché dovrà essere il contribuente a dimostrare che l’accertamento non presenti il carattere della novità.
Ricordiamo da ultimo che questo orientamento era stato già affermato dalla Cassazione in una sentenza del 2020.
(matteo lucidi)
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