Una recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado [quella che era chiamata fino a qualche tempo fa Commissione Tributaria Provinciale] di Reggio Emilia ha per oggetto una vicenda che merita qualche riga di analisi.
Nel caso di specie una sas ha ricevuto un avviso di accertamento notificato al suo legale rappresentante [ndr. il socio accomandatario], ma impugnato nel merito dal socio accomandante.


N.B. – Giova rammentare anche qui che la compagine di una sas, società in accomandita semplice, è composta da uno o più soci accomandatari e da uno o più soci accomandanti.
I primi, oltre ad essere i rappresentanti legali e amministratori della società, rispondono verso eventuali creditori sociali con il proprio patrimonio, ma con il beneficio d’escussione: a propria volta questo impone al creditore, prima di “agire” sul patrimonio di un socio accomandatario, di escutere la società e, solo subordinatamente all’esito anche parzialmente infruttuoso dell’azione, di escutere anche il socio accomandatario.

Il socio accomandante, invece, è un mero socio di capitale che risponde a terzi  nei limiti della sua partecipazione alla società.


Di qui la domanda: può un socio accomandante impugnare un avviso di accertamento, o un qualunque altro atto dell’Amministrazione finanziaria indirizzato alla società?
Per i giudici tributari emiliani di primo grado la risposta è affermativa, perché – anche se l’accomandante non è legittimato ad agire contro l’Agenzia – può comunque contestare l’avviso di accertamento destinato alla sas in quanto tale, impugnando però evidentemente quello emesso personalmente a suo carico.
Il Collegio, in particolare, ha affermato che – in base al combinato disposto dell’art. 5 TUIR e dell’art. 2313 cod. civ. – i redditi della sas [quel che del resto vale anche per i redditi della snc…]  sono imputati per trasparenza ai soci nei limiti della quota di partecipazione di ciascuno, indipendentemente che i redditi siano stati o meno da loro percepiti.
L’accertamento, in ogni caso, si riferisce al reddito di impresa complessivo essendo tra loro “connessi” – a questi fini – il reddito della società e quello personale del socio [accomandatario o accomandante che sia], tenuto conto che il socio dichiara un “reddito di partecipazione” corrispondente [di solito] alla percentuale della sua partecipazione al capitale sociale, cosicchè devono ritenersi “connessi” tra loro anche l’accertamento notificato alla società e l’accertamento notificato al socio.
Questi, in definitiva, gli assunti – che ci paiono condivisibili – della Corte reggiana, anche se ci troviamo di fronte ovviamente a una mera pronuncia di primo grado e dunque sarà opportuno/necessario attenderne l’eventuale suo passaggio in giudicato, o l’esito dell’ipotetica sua impugnativa alla Corte di secondo grado, o, meglio ancora, una pronuncia della Sezione Tributaria della Suprema Corte.

(matteo lucidi)

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