[…dei co-assegnatari di sede in un concorso straordinario]

Ho un dubbio forse banale che sicuramente potrete aiutarmi a ‘sciogliere’: due anni fa sono risultato assegnatario di una sede in un comune importante insieme a due colleghi, ma date le difficoltà da noi incontrate nel reperire locali idonei abbiamo ottenuto dalla Regione due successive proroghe, fino a quando siamo riusciti finalmente ad allestire la farmacia e ricevere l’autorizzazione comunale che però di fatto ci è stata rilasciata soltanto 1 anno fa.
Vorrei quindi sapere se questi benedetti tre anni che devono trascorrere prima di poter cedere la farmacia conseguita per concorso, o anche le quote della società formata tra noi, devono decorrere dalla data di assegnazione della sede o da quella di autorizzazione all’apertura.

Sono tuttora abbastanza numerose le farmacie che in questo momento si trovano ancora all’interno del triennio e quindi può certo valere la pena tornare sull’argomento, aggiornando in sostanza quello che abbiamo già osservato in qualche precedente Sediva News.
Ora, uno dei nodi da sciogliere è stato per lungo tempo proprio quello indicato nel titolo, dell’individuazione cioè del dies a quo, dunque della data da cui possono/devono giuridicamente iniziare a decorrere i tre anni: ma la data – ecco il punto – non può essere diversa da quella che reca il provvedimento di autorizzazione all’esercizio della farmacia, qualunque sia l’autorità amministrativa che l’abbia emanato [Regione, Asl, Comune], e, soprattutto, indipendentemente che l’autorizzazione sia stata rilasciata pro-quota/pro-indiviso, quindi personalmente, a tutti i [cioè a ciascuno dei] componenti l’associazione vincitrice e co-assegnatari della sede, oppure direttamente a nome e favore della società tra loro costituita.
Nella prima ipotesi, e soltanto nella prima ipotesi [che d’altronde è quella che verosimilmente vi riguarda], è tuttavia imprescindibile che i “contitolari” – ove intendano al compimento del triennio cedere la farmacia o anche semplicemente le loro quote sociali – conferiscano/attribuiscano previamente le rispettive quote di titolarità alla società, perché solo riunendo in capo ad essa titolarità e gestione la società potrà cedere a terzi la farmacia e/o i soci la quota sociale da ciascuno posseduta.
Ma, come abbiamo avuto occasione di riferire, questa concentrazione di titolarità e gestione a nome della società non si è rivelata nei fatti particolarmente laboriosa [se escludiamo qualche iniziale incertezza…], perché le amministrazioni competenti al rilascio del provvedimento di autorizzazione si stanno limitando a richiedere a ciascun titolare pro-quota [o, talvolta, collettivamente e congiuntamente a tutti loro] una semplice comunicazione/dichiarazione/domanda di attribuzione alla società come tale delle rispettive quote del diritto di esercizio.
Anzi, ancor più recentemente, alcune amministrazioni – e ci riferiamo soprattutto a quelle regionali [pensiamo, ad esempio, alla Regione Abruzzo] – ascrivono anche formalmente la titolarità della farmacia  alla società direttamente al compimento del triennio, richiedendo al più ai contitolari pro quota di sottoscrivere, singolarmente o congiuntamente, un apposito modulo.
Percorrendo quindi queste strade, come è facile comprendere, non si rende necessario – ed è quel che conta – nessun formale atto di conferimento [o ancor meno di cessione] dal “contitolare” alla società e questo può evidentemente semplificare la vicenda anche dal punto di vista fiscale.
Si tratta però di un tema in cui nel concreto sopravvive qualche dubbio in ordine ad aspetti diversi, come quello, ad esempio, della debenza o meno della tassa di concessione regionale [dove questa, s’intende, sia ancora dovuta] o all’applicabilità per gli (ex) titolari pro-quota della preclusione decennale, una questione quest’ultima che purtroppo potrebbe sempre essere “incattivita”, nella direzione sbagliata, dal Consiglio di Stato che del resto non sarebbe nuovo a salti funambolici del genere.
Per quanto ci riguarda, comunque, risponderemmo negativamente a entrambi gli interrogativi.
Piuttosto, nel quesito si parla di “cedere una farmacia”, un’ipotesi evidentemente percorribile, come abbiamo visto, sia con la cessione della farmacia nella sua interezza, sia [ed è la modalità, per le ragioni illustrate a suo tempo, largamente più gettonata e non solo per i vantaggi che offre sul piano fiscale] con la cessione più o meno contestuale da parte di tutti i soci delle loro quote; ma in realtà – sempre decorso il triennio – ciascun socio, ove l’atto costitutivo/statuto lo consenta, potrà cedere liberamente anche la sola sua quota sociale, posto che, beninteso, il “mercato” sia disponibile ad acquisire solo parzialmente la partecipazione a una società titolare di farmacia e che naturalmente lo consenta l’atto costitutivo/statuto.
Va da sé, comunque, che tra una fattispecie e l’altra possono essere configurabili parecchie diversità e richiedere dunque soluzioni parimenti diverse e per di più costringere a fare i conti anche con i principi, talora per la verità un po’ oscuri, dettati dall’Adunanza Plenaria per necessità “nomofilattiche” e, prima ancora, dalla Commissione Speciale del CdS che ha fornito il suo elaboratissimo parere su alcuni passaggi essenziali della l. 124/2017.

(gustavo bacigalupo)

 

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