[…in cui la clientela possa depositare anche le ricette mediche, “rosse” o “bianche” che siano]
Vorrei sottoporvi una questione su cui sto riflettendo da qualche tempo: è possibile, per accelerare i tempi di prenotazione/acquisto dei farmaci vendibili solo dietro ricetta SSN, collocare appena fuori dalla farmacia una cassetta all’interno della quale consentire ai clienti di depositare le ricette? Il cliente potrebbe poi, in un secondo momento, passare a ritirare i farmaci già pronti per la dispensazione [dato che le fustelle vengono attaccate solo quando il prodotto viene ritirato] e contestualmente corrispondere il prezzo o semplicemente l’eventuale ticket.
Il ns. Ordine non sarebbe pienamente d’accordo perché ritiene che in questo caso sarebbero violate le norme sulla privacy ma anche il diritto dell’assistito di libera scelta della farmacia.
Condividete queste obiezioni o comunque vedete qualche ostacolo serio per un’operazione, che noi invece riteniamo banale e lecita, come questa?
Intanto, ci pare di poter dire che una cassetta, “postale” o simile, anche se installata immediatamente a ridosso dell’ingresso della farmacia, oltre che “accelerare i tempi di prenotazione/acquisto dei farmaci ecc.”, come Lei ha voluto precisare, in realtà favorirebbe – in prima battuta ma soprattutto – l’acquisizione da parte della farmacia di ricette sia rosse che bianche, quindi assicurerebbe maggiori ricavi all’esercizio.
Questo però non vuol dire che si tratti di una “soluzione” sotto alcuni aspetti illegittima e/o contraria ai principi deontologici, e quindi interdetta alle farmacie. E vediamo perché.
In primo luogo, se c’è un profilo che può destare una qualche perplessità in questa “soluzione” non sembra in ogni caso possa individuarsene il fondamento – e sorprende che il vs. Ordine abbia potuto esprimere un avviso contrario – in una ipotetica violazione dell’art. 15 della l. 2/4/68 n. 475 [sul diritto di libera scelta della farmacia da parte di “ogni cittadino, anche se assistito in regime mutualistico”] o del conseguente art. 14 del vs. Codice deontologico [che vieta espressamente “al farmacista (di) porre in essere iniziative o comportamenti che limitino o impediscano il diritto di libera scelta della farmacia da parte dei cittadini”].
Infatti, l’installazione di una cassetta dove introdurre (anche) ricette mediche destinate al successivo “percorso” [che Lei ha ben delineato nel quesito] non dovrebbe poter costituire di per sé alcun ostacolo all’esercizio da parte del cittadino del “diritto di libera scelta della farmacia”, sembrando piuttosto un servizio ulteriore resogli dalla farmacia per averlo agevolato, dapprima, nella consegna/deposito della ricetta anche [ragionevolmente] nelle ore di chiusura al pubblico dell’esercizio e, successivamente, nel risparmio di tempo che [ragionevolmente] caratterizzerà la fase del ritiro dei farmaci e il disbrigo di eventuali atti burocratici che possono accompagnare in particolare la spedizione delle ricette “rosse”.
Tutto questo, s’intende, dando per scontato il pieno rispetto anche qui delle prescrizioni dell’art. 122 TU.San. e che quindi la ricetta, liberamente pervenuta nella farmacia pur se mediante la sua introduzione nella cassetta, sia interamente spedita in farmacia e da un farmacista [non ci soffermiamo sulla fase di consegna dei farmaci all’assistito o suo incaricato perché il quesito sgombra il terreno anche per questo aspetto da qualsiasi perplessità, e in ogni caso, come noto, la consegna al domicilio dell’assistito può ritenersi consentita in parecchie circostanze].
Insomma, quello della cassetta può rivelarsi un modo come un altro per agevolare/attrarre la clientela, né più e né meno, ad esempio, di una campagna di sconti sul parafarmaco, senza per questo poter evocare principi che – come quello della libera scelta della farmacia – appaiono inconferenti in una vicenda così ben circoscritta come questa.
Non si può invece escludere del tutto che qualcuno – un titolare di farmacia della zona, l’associazione sindacale, lo stesso Ordine dei farmacisti… – possa ravvisare in questo “accorgimento” [che nella sostanza permette la consegna/ricevimento delle ricette non “in presenza”] una forma/modalità – non importa se leggera, grave o gravissima – di accaparramento, anche in violazione pertanto di una delle disposizioni fondamentali del vs. Codice ed esattamente dell’art. 18 per il quale “Il farmacista non deve promuovere, organizzare o aderire a iniziative di accaparramento di prescrizioni mediche comunque e dovunque poste in essere”.
In realtà, ben diversamente, qui ci pare si sia ben lontani da una qualsiasi “iniziativa di accaparramento di prescrizione mediche ecc.”, perché la cassetta di per sé non può rappresentare uno strumento di veicolazione nella farmacia di prescrizioni mediche e inoltre – questo è sicuro – non è seriamente configurabile un qualunque vero accaparramento se i destinatari dei farmaci prescritti in quelle ricette non abbiano anche indirettamente autorizzato tale loro veicolazione, quel che naturalmente non può certo dedursi dal semplice e liberissimo utilizzo della cassetta per far pervenire alla farmacia di fiducia qualche prescrizione medica.
Da ultimo, due aspetti su cui è necessario soffermarsi almeno brevemente.
Il primo riguarda l’accessibilità della cassetta da parte della clientela (anche) nelle ore di chiusura al pubblico della farmacia: va da sé che un qualche pregiudizio può nei fatti derivarne alle farmacie della zona che siano in esercizio in quelle stesse ore, ma non riusciamo a trarne elementi che possano condurre a conclusioni tali da evocare addirittura momenti di concorrenza sleale, una vicenda peraltro delicatissima di cui d’altronde si occupano non per nulla sia il codice civile che il vs. Codice Deontologico e comunque è una questione molto insidiosa da approfondire e certamente non può essere questa la sede per avviare una disamina del genere.
Possiamo però aggiungere, se non altro per completezza, che sotto un qualche profilo la cassetta – proprio per la sua accessibilità nelle ore di chiusura della farmacia – potrebbe richiedere una preventiva comunicazione all’Asl e all’Ordine, come è prescritto [e si tratta di un principio fondamentale e perciò inderogabile di una legge dello Stato: comma 165, l. 124/2017] per qualsiasi farmacia che intenda “prestare servizio in orari e in periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori”.
Ma anche questa non può evidentemente essere un’analisi che possiamo affrontare in questa circostanza.
L’altro aspetto, invece, è più agevole da trattare come avverte giustamente anche il quesito, e riguarda l’infinito problema della privacy, sul quale l’Ordine che Lei ha interpellato ha sollevato – questa volta condivisibilmente –qualche perplessità.
Dunque, non c’è dubbio che la cassetta, in quanto tale, non può essere considerata come una valida modalità di gestione e tutela dei dati personali e sensibili contenuti nelle ricette, e pertanto non può certo garantirne la sicurezza e conservazione: quantomeno, cioè, una sottrazione da parte di qualche “mano lesta” delle prescrizioni di medicinali, a tacer d’altro, verrebbe senza dubbio agevolata rispetto alla loro conservazione all’interno della farmacia, e ancor più durante gli orari di chiusura dell’esercizio.
Diverso potrebbe essere il discorso nel caso in cui la cassetta veicolasse via via tutto quel che vi viene introdotto [comprese ovviamente le ricette] – e al momento stesso dell’introduzione – in un riposto interno della farmacia, magari blindato o giù di lì, in modo che non restino neppure un istante depositati all’interno della cassetta.
È chiaro, comunque, che misure di protezione dei documenti – anche ai fini privacy – se ne possono immaginare quante ne vogliamo.
Dovendo concludere, perché è doveroso farlo, l’idea della cassetta può ritenersi realisticamente perseguibile, avendo però cura di valutarne preventivamente – ma adeguatamente – tutti i più e i meno e, se del caso, adottare le giuste misure per ridurre ai minimi termini un’ipotetica conflittualità con le altre farmacie.
Lei del resto precisa che a questa “soluzione” sta “riflettendo da qualche tempo”: forse queste nostre note allungheranno ulteriormente i tempi delle Sue riflessioni, ma chissà che non possa valerne la pena anche perché non è un’operazione propriamente “banale e lecita” come Lei afferma.
(gustavo bacigalupo – cecilia sposato)
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