Vorrei accettare l’offerta di un’importante ditta di cosmetici che mi ha chiesto di esporre alcuni dei loro prodotti, per tre mesi continuativi, in un apposito e specifico spazio all’interno dell’area della farmacia riservata alla clientela.
Mi verrebbe naturalmente pagata in corrispettivo una somma di denaro non indifferente ma vorrei conoscere da voi, se possibile, a quali insidie potrei andare incontro, perché ricordo che questo è un argomento che voi avete trattato in termini completi e convincenti.

 È un tema evidentemente di sempre maggiore attualità, se guardiamo alle tante vicende del genere che segnalano le farmacie.
Del resto, la farmacia ormai da tempo sta vivendo la grande evoluzione che voi conoscete meglio di noi e quindi sapete bene che si tratta di una trasformazione che ha visto e vede la crescita quasi costante di certi settori [proprio come la cosmetica, che per di più gode di una vita piena per tutto l’anno…], in grado – più di altri – di intercettare significativamente la domanda del pubblico.
In particolare, per soffermarci su una specifica questione che offre il quesito, la c.d. “esposizione preferenziale” – come viene definita la pratica di marketing proposta dalle industrie e dai fornitori in casi come questo [e ci pare anche dalla ditta di cosmetici con cui Lei è in trattative] – consiste nel riservare all’esposizione di un determinato prodotto (o linea di prodotti) alcuni spazi o aree dei locali destinati alle vendite particolarmente in vista, come appunto le vetrine o le “isole”, allo scopo naturalmente di sollecitare la domanda dei clienti della farmacia.
D’altra parte, l’impegno di quest’ultima [remunerato da un compenso “non indifferente”…] a rendere tale servizio promozionale nei confronti di un proprio fornitore – il che, per lo più, avviene sulla base di intese diverse, pur se in qualche modo collaterali e/o integrative, dall’accordo-quadro che può ad esempio regolare i rapporti di fornitura sottostanti – si risolve in una vera e propria prestazione di servizi il cui corrispettivo concorre a formare i ricavi imponibili dell’esercizio sia ai fini delle imposte dirette che dell’Iva, e a fronte del quale deve essere emessa fattura,  secondo la regola generale in tema appunto di prestazioni di servizi, al momento del pagamento con l’applicazione dell’aliquota ordinaria del 22%.
Talora accordi del genere – che, per quel che diremo tra poco, è bene formare per iscritto – prevedono che il corrispettivo non venga liquidato in misura fissa, ma percentualmente sull’ammontare del venduto alla clientela, e/o sull’importo degli acquisti da parte della farmacia dei prodotti promossi [e, per lo più, con l’impegno della farmacia di realizzare un numero minimo di eventi/attività entro un determinato arco temporale]; pertanto il compenso verrà definitivamente liquidato, in linea di massima, quando si tireranno le somme dei risultati della campagna promozionale.
Onde evitare possibili contestazioni da parte dell’Erario di “sotto-fatturazioni”, anche in parte, dell’evento – che d’altronde possono ragionevolmente scaturire anche o soprattutto da controlli incrociati effettuati proprio sulla ditta fornitrice ed erogatrice del compenso – è necessario che le fatture emesse dalla farmacia alla ditta rechino una descrizione dettagliata dell’attività svolta con l’espresso riferimento a quell’accordo integrativo cui si è accennato, richiamandone anche sinteticamente gli elementi essenziali, come le condizioni per la determinazione del compenso, il calendario promozionale, il periodo della promozione, ecc..
Infine, laddove siano previsti pagamenti periodici, o comunque in più soluzioni, è bene specificare, sempre in fattura, se l’importo ivi indicato è a saldo, ovvero in acconto salvo conguaglio da definire, come accennato, sulla base dei risultati conclusivi.

(stefano civitareale – stefano olivieri)

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