Nel corso degli ultimi 20 anni ho fatto partecipare mio marito alla farmacia instaurando con lui vari rapporti economici nei quali in sostanza lui si è trovato a ricevere la metà degli utili aziendali, anche se il mio commercialista mi aveva sempre avvertito che questo eccedeva molto i suoi diritti.
Ma tre anni fa ho addirittura costituito una snc con lui che quindi è diventato proprietario più o meno della metà della farmacia.
Sono sicura, da quel che mi hanno riferito, che in pratica ho beneficiato mio marito di donazioni indirette e soprattutto è stata una donazione indiretta la nascita della società tra noi.
Purtroppo, però, da qualche anno ho dovuto constatare che lui mi ha tradito e mi sta tradendo con una persona tra l’altro a me molto vicina e che fino a poco tempo fa lavorava perfino anche lei in farmacia.
Non sono certa di quel che vorrei fare ma almeno qualche timore vorrei incuterlo a mio marito, magari minacciando la revoca in particolare dell’atto di società, se possibile, ma se non sbaglio qualche giorno fa c’è stata una sentenza del Consiglio di Stato proprio su questo argomento.

La donazione, come più volte ricordato, è il contratto con il quale una persona arricchisce l’altra, disponendo a suo favore di un proprio diritto o assumendo verso di lei un’obbligazione, ma sempre per puro spirito di liberalità, che è il c.d. animus donandi.

Questa è naturalmente la donazione diretta, perché quella c.d. indiretta si realizza ricorrendo a un negozio giuridico diverso [un atto unilaterale o un contratto] che pertanto – proprio perché la sua causa non è la liberalità, ma quella di un altro negozio, pur se anche qui c’è nel donante la consapevolezza di arricchire il donatario – non richiede a pena di nullità la forma dell’atto pubblico.

Quindi può produrre gli effetti di una donazione anche se indiretta  perfino una scrittura privata su carta libera: pensiamo alla remissione di un debito, a un contratto a favore di terzi, all’acquisto di un bene mobile o immobile con proprio denaro ma intestandolo a un altro soggetto, e così via…

Ora, come forse è noto, “la donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza dei figli”, recita l’art. 800 del codice civile, precisando nell’articolo successivo che “la domanda di revocazione per ingratitudine non può essere proposta che quando il donatario ha commesso uno dei fatti previsti dai numeri 1, 2 e 3 dell’articolo 463, ovvero si è reso colpevole d’ingiuria grave verso il donante o ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti ai sensi degli articoli 433, 435 e 436.

L’ingiuria grave che, come abbiamo appena visto, legittima ai sensi dell’art. 801 c.c., la revoca della donazione per ingratitudine del donatario, consiste – come l’ha delineata negli anni la giurisprudenza – in un qualsiasi atto o comportamento che leda in modo rilevante il patrimonio morale del donante palesando al tempo stesso, e per ciò solo, un sentimento di avversione da parte del donatario.

Nelle vicende come la Sua [che abbiamo riassunto in modo evidentemente da evitarne la riconoscibilità…] l’adulterio di per sé non costituisce sempre e comunque un’ingiuria grave ma può diventarlo quando ‑ come potrebbe essere anche il Suo caso – la condotta del “donatario” sia caratterizzata, o, meglio, aggravata, dall’ambito strettamente familiare in cui è stato perpetrato il tradimento, anche se quel “a me molto vicina” potrebbe forse lasciar intendere trattarsi semplicemente(?) di una persona amica e non magari di una sorella, cugina, ecc.

Se però a questo aggiungiamo che la relazione extraconiugale è stata intrattenuta in un contesto lavorativo fatalmente molto ristretto come quello di una farmacia, ecco forse materializzarsi tutti i presupposti/condizioni per definire la condotta di Suo marito come ingiuriosa, anzi, gravemente ingiuriosa.

E allora, se così è, quid iuris? Quali, cioè, le possibili conseguenze sul piano giuridico e quindi, in particolare, quali rimedi per Lei – come indubbia donante – contro l’indubbio donatario?

Le risposte, naturalmente senza alcuna pretesa di esaustività, stanno di certo nei tratti essenziali già delineati di questa vicenda, ai quali tuttavia è necessario qui aggiungere – per fornirLe indicazioni per Lei forse ancora più incisive – una possibile configurabilità come donazione indiretta [che poi è quel che Lei sembra volere di più…] anche della costituzione della snc con Suo marito, postulando ovviamente che Lei abbia conferito, come del resto accade molto spesso, l’intero compendio aziendale della farmacia e Suo marito si sia visto arricchire la sfera patrimoniale con l’attribuzione di una quota rilevante della società [forse la metà del capitale], costituita infatti in assenza verosimilmente di un importo effettivamente corrispondente al valore reale della quota stessa.

Da ultimo, c’è la sentenza n. 19816 del 20 giugno 2022 della Cassazione [non del Consiglio di Stato come Lei riferisce] da cui probabilmente ha tratto lo spunto anche la Sua mail.

La Suprema Corte era stata chiamata a decidere circa la legittimità di una domanda di revocazione per ingratitudine proprio di una donazione indiretta, affermando – come d’altronde abbiamo già sottolineato poco fa – che il mero tradimento non configura di per sé un’ingiuria grave, essendo invece necessario tenere in debita considerazione caso per caso le modalità del tradimento; e dunque, il fatto che [per quanto La riguarda] questo si fosse sviluppato in ambiti e ambienti così ristretti, vale fortemente a connotare in termini di gravità l’offesa al Suo onore evidenziando anche, senza voler ad ogni costo esagerare, noncuranza e assenza di rispetto da parte di un coniuge nei confronti dell’altro.

Questi, nella sostanza, anche gli assunti della Suprema Corte che quindi potrebbero evidentemente esserLe d’aiuto, perché qualche strumento di… pressione sicuramente Le va ascritto.

(aldo montini)

 

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