Siamo tre soci di una snc titolare di una farmacia vinta al concorso, ma, come altri colleghi che si trovano nella stessa nostra situazione, siamo in crisi nei rapporti tra noi per tante ragioni connesse alla gestione dell’esercizio e alla ripartizione dei compiti di lavoro.
Il penultimo articolo del ns. statuto prevede che ogni controversia sia risolta da un arbitro nominato da noi soci o se non siamo d’accordo dal presidente del tribunale.
A questo punto, quindi, vorrei sapere come iniziare la trafila.

 

Possiamo immaginare – dato che per tanti anni la prassi degli atti costitutivi/statuti è stata spesso in questa direzione – che nella clausola che Lei cita sia anche previsto che l’iniziativa per la nomina dell’arbitro da parte del presidente del Tribunale possa essere assunta dal classico “socio più diligente”.

Deve tuttavia trattarsi, nel vs. caso, di uno statuto tratto [senza magari apporre nessuna modifica…] dall’atto costitutivo/statuto di una società ‑ di persone o di capitali, non fa differenza – costituita negli anni ’90, quindi più o meno a ridosso della l. 362/91.

Certo è, infatti, che dall’entrata in vigore [1/1/2004] della riforma societaria, una precisa disposizione di legge – ed esattamente l’art. 34 del d.lgs. n. 5 del 17/1/2003 – rende nulle le norme statutarie come verosimilmente è quella contenuta nel vs. statuto, così disponendo: “La clausola (compromissoria) deve prevedere il numero e le  modalita’  di  nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullita’, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla societa’.”

E, attenzione, è una nullità rilevabile d’ufficio [come pertanto verrebbe rilevata d’ufficio nell’ipotetico caso che voi adiste il presidente del Tribunale competente, conformandovi dunque alla disposizione statutaria], con la conseguenza che non produrrebbe effetti e renderebbe la controversia tra voi di competenza esclusiva del giudice ordinario, come del resto afferma unanimemente ormai da tempo anche la Cassazione.

Nella vs. vicenda, quindi, perdurando l’incomponibilità della crisi dei rapporti tra voi, chi ha interesse potrà agire soltanto per la via giudiziaria ordinaria, quel che evidentemente avrebbe evitato un testo statutario più accorto.

(aldo montini)

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