Come abbiamo avuto occasione di illustrare più volte, la modalità sempre più gettonata per il trasferimento di una farmacia a una o più persone [o società di persone o di capitali] è il previo ricorso, nell’ambito di operatività di un opportuno accordo quadro, alla costituzione con le parti cessionarie – con il conferimento dell’esercizio da parte del suo titolare in forma individuale – di una società [anche qui, di persone come di capitali], per poi, quando quest’ultima sarà stata a propria volta riconosciuta titolare della farmacia, operare la cessione delle partecipazioni.

Le ragioni che suggeriscono questo percorso sono presto spiegate: la normativa fiscale ha da tempo agevolato sia la formazione delle società [prevedendo la possibilità di affrancare fiscalmente il valore di avviamento mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva per poi dedurre quel valore in quote di ammortamento] che la cessione di quote, essendo stati ripetutamente aperti/riaperti, con altrettante leggi finanziarie/di stabilità/di bilancio, i termini per la rivalutazione delle partecipazioni sociali e per il connesso versamento di un’imposta sostitutiva [ad oggi al 14%].

Come tutte le operazioni economiche, anche quella della compravendita di quote di una società [che naturalmente possono circolare, come in effetti circolano ormai con grandissima frequenza, indipendentemente da quel disegno accennato poco fa preordinato al raggiungimento dell’obiettivo finale della cessione della farmacia] ha o può avere però le sue insidie, sia dal punto di vista del cedente che del cessionario/acquirente.

Ma prima di farne cenno da entrambi i versanti bisogna ricordare che l’acquirente di una quota sociale subentra al tempo stesso anche in tutte le posizioni attive e passive della società al momento della cessione, che appunto per questo finiscono dunque per determinarne il corrispettivo finale, formato infatti dalla somma algebrica tra il valore di avviamento pattuito tra le parti e la differenza (anch’essa) algebrica tra le attività e le passività dello stato patrimoniale al momento del subingresso del cessionario nel possesso della partecipazione.

Ad esempio: fatto 100 il valore di avviamento, se la differenza algebrica della situazione patrimoniale è +10 il prezzo sarà 110; diversamente, se è -10, il prezzo diventerà 90.

L’acquirente – e passiamo così alla rapida analisi della questione riassunta nel titolo di queste note – dovrà aver cura evidentemente di operare un’attenta due diligence*, pattuendo anche [contrattualmente, s’intende] una verifica di quelle stesse voci di bilancio, con cadenza ad esempio trimestrale, e con la possibile conseguente insorgenza di un credito o debito del cessionario per effetto dell’emersione di eventuali sopravvenienze attive o passive.

*Si tratta soprattutto – trascurando il significato letterale della fin troppo abusata espressione in lingua inglese – della ricognizione di tutte le voci dell’attivo e del passivo [ma non solo] della situazione patrimoniale della società a una certa data [quella del signing e/o del closing, vocabolario tanto caro, in particolare, alle holding – anche di capitale non anglosassone – che sempre più numerose si rivelano protese all’acquisizione di farmacie…].

L’acquirente, peraltro, può essere esposto anche a richieste di creditori della società per obbligazioni insorte prima della cessione – ma non emergenti dalle scritture contabili perché magari non annotate per mero errore o negligenza o addirittura per dolo – in quanto il creditore si rivolgerà sempre alla società, indipendentemente dalla formazione della compagine sociale.

In questa evenienza, il cessionario dovrà rivolgersi al cedente che si è reso responsabile dell’omissione per richiedere il relativo rimborso, esponendosi per ciò stesso a possibili dinieghi con la necessità di adire l’autorità giudiziaria per la tutela dei propri interessi.

Da parte sua, il cedente – che ha visto ridurre il prezzo di cessione della quota dell’ammontare delle passività – potrebbe essere esposto all’eventualità che la società non adempia alle obbligazioni di pagamento corrispondenti a quelle stesse passività, con conseguenze diverse secondo che ci si trovi di fronte a una società di capitali [srl o spa] ovvero a una società di persone [snc o sas].

Nel primo caso – società di capitali – il creditore potrà rivolgersi soltanto [se escludiamo ipotesi particolarissime] alla società come tale per la riscossione del proprio credito, mentre nel secondo – società di persone – egli, una volta esperite alcune azioni esecutive nei confronti della società, può rivolgersi alle persone fisiche di tutti i soci della snc o dei soci accomandatari della sas.

Costoro, infatti, ne rispondono solidalmente e illimitatamente ma sempreché si tratti di obbligazioni sorte nel periodo in cui il cedente era socio della società [quel che di per sé può quindi indurre il cedente a cautelarsi in uno dei modi, comunque non numerosi, consentiti dal nostro ordinamento], essendo invece esclusa qualunque responsabilità per le obbligazioni assunte successivamente alla cessione.

È chiaro, infine, che con queste brevi notazioni – redatte certo senza alcuna pretesa di esaustività o simile – abbiamo più che altro tentato di rendere quanto più intellegibile una vicenda che invece nel mondo reale può talora rivelarsi intricata e complessa [e per l’appunto insidiosa…], e dunque nel concreto le soluzioni vanno fatalmente declinate in funzione delle esigenze emerse o emergenti nelle singole fattispecie negoziali.

(stefano lucidi – gustavo bacigalupo)

 

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