Mi sto separando da mia moglie dopo 10 anni di matrimonio. Non abbiamo figli e mia moglie, ormai quarantenne e non laureata, non ha mai lavorato, dato che la farmacia, anche se rurale sussidiata, dava un reddito sufficiente a soddisfare le esigenze di entrambi e comunque lei nella farmacia non ha in realtà mai lavorato.
Sono consapevole che dovrò versarle un assegno periodico a titolo di mantenimento, ma vorrei conoscere i criteri con cui si determina l’importo, visto che sono anni che nei giornali si leggono notizie contrastanti su questo argomento, dove si fa cenno al tenore di vita e a sentenze che dicono invece il contrario.

Il coniuge economicamente più debole ha diritto di ottenere, in sede di separazione e purché questa non sia a lui addebitabile, un assegno di mantenimento [art. 156 cod. civ.] a prescindere dall’esistenza o meno di figli a carico.
I parametri cui il giudice si deve attenere nel valutarne l’ammontare sono – come il quesito sottintende – molteplici e proveremo ad esporli qui di seguito in rapida sintesi.

  • La condizione economica del coniuge tenuto al mantenimento

Nel valutare la situazione economica del coniuge c.d. onerato, cioè di quello tenuto al versamento, il giudice deve tener conto della possibilità o meno che egli possa poi nel concreto farvi fronte, e dunque l’andamento anche “congiunturale” della Sua farmacia rurale sussidiata potrà avere un peso perfino decisivo sotto questo profilo.
Qui la giurisprudenza, peraltro, è pacifica nell’assumere a parametro di riferimento il reddito netto – e non quello lordo – dell’onerato.

  • Le possibilità lavorative del coniuge c.d. più debole

Fondamentale è che il coniuge richiedente sia in grado – almeno astrattamente – di inserirsi/reinserirsi nel mondo del lavoro: si tratta di un presupposto che va valutato caso per caso dal giudice, non essendo la mancanza di un impiego requisito di per sé sufficiente a configurare un “diritto” al mantenimento.

  • Le spese

Nei parametri di cui tener conto rientrano anche tutte le spese necessarie che gravavano sui coniugi prima della separazione [pensiamo a mutui, bollette di utenze, ecc…]

  • Patrimonio e redditi

Il giudice è però tenuto a considerare – si badi bene – anche il valore del reddito [comprese anche eventuali entrate “in nero”] del patrimonio di entrambi i coniugi, così da poter valutare al meglio le effettive necessità di quello più debole e perciò anche l’ammontare dell’assegno di mantenimento.

  • La casa familiare

In assenza di figli, il giudice non può comunque disporre l’assegnazione della casa familiare in favore del coniuge richiedente, se non dopo aver preso in debita considerazione anche le sue effettive condizioni economiche.
Certo è, in ogni caso, che la mancanza di un’abitazione potrà anch’essa incidere sull’entità dell’assegno.

  • La durata del matrimonio

Tradizionalmente la durata del matrimonio non è rilevante ai fini della debenza dell’assegno, ma può naturalmente aver influenza sul suo importo, anche se – quando la durata del rapporto coniugale risulti estremamente ridotta [ma non sembra il Suo caso] – secondo la Suprema Corte può addirittura ritenersi mancante l’effettivo vincolo materiale e spirituale, così da giustificare anche l’esclusione in radice del diritto a un assegno di mantenimento da parte di un coniuge nei confronti dell’altro.

  • Il tenore di vita

E’ il tema, come anche il quesito sottolinea, più delicato.
Il citato art. 156 cod. civ. sancisce al riguardo che “il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri, aggiungendo che “l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.
Se ne dedurrebbe [come si è affermato anche in giurisprudenza] il c.d. “principio di adeguatezza” al tenore di vita precedente alla separazione, l’aspetto cioé che anche Lei evidenzia.
Ma proprio su questo punto la Cassazione non sempre è stata dello stesso avviso perché a lungo aveva ricollegato l’entità dell’assegno proprio al tenore di vita, nel senso che il suo ammontare avrebbe dovuto permettere al coniuge più debole di chiedere di mantenere anche successivamente il tenore di vita anteriore alla separazione.
Recentemente, tuttavia, le Sezioni Unite hanno in sostanza modificato [per la verità in un paio di circostanze successive e con decisioni non pienamente tra loro sovrapponibili] tale orientamento, chiarendo che la funzione dell’assegno di mantenimento non si concretizza tanto con il ripristino tout court del tenore di vita goduto durante il matrimonio, quanto piuttosto mettendo il coniuge richiedente nelle condizioni di raggiungere un livello reddituale adeguato [anche] al contributo da lui fornito nella “realizzazione” della vita familiare.
Ferme tutte queste pur sintetiche notazioni, è chiaro però che l’età, la mancanza di un impiego, l’assenza di un titolo di studio e/o della necessaria esperienza lavorativa [di Sua moglie…] possono rivelarsi fattori in grado verosimilmente di influire sull’importo dell’assegno che il giudice, se non troverete un’intesa, potrà disporre a Suo carico.

(cesare pizza)

La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!