Scandagliando il vs quotidiano online, piazzapitagora.it, abbiamo visto che avete sostenuto che, nonostante la Legge sulla Concorrenza abbia liberalizzato la partecipazione alla titolarità di farmacie, la società costituita tra gli eredi non diventa automaticamente titolare della farmacia ereditata.
Non tutti però, come anche voi avete scritto, la pensano così e questa incertezza ci dà qualche preoccupazione perché abbiamo appena ereditato la farmacia e siamo tre figli con programmi almeno in questi giorni diversi dall’idea di una titolarità.
Tra l’altro, uno di noi forse potrebbe trovarsi anche in situazione di incompatibilità.

Il nostro convincimento è tuttora esattamente quello che il quesito riferisce e francamente non siamo riusciti in questi anni a trovare un solo commento che possa orientarci diversamente.
La tesi contraria, lo ricordiamo ancora, parte dal presupposto che per partecipare a una società titolare di farmacia non è più richiesto, neppure agli eredi di un titolare in forma individuale, alcun requisito professionale; ne deriverebbe quindi che la società per la gestione dell’esercizio formatasi – secondo i principi civilistici – alla data del decesso tra tutti gli aventi causa [quando ovviamente a succedere al titolare premorto siano più di uno] ne assumerebbe a quella data stessa anche la titolarità.
Senonché, è vero che all’apertura della successione ciascuno degli eredi – a meno che non sia un minore di età ovvero esprima formalmente e tempestivamente la sua volontà di non partecipare all’esercizio collettivo dell’impresa di farmacia – diventa in quanto tale partecipe alla società insorta di diritto tra tutti loro come società di fatto [anche se in qualunque momento successivo regolarizzabile come società di persone o di capitali]; e però, questa non è (ancora) né può essere [ancora] una società cui possa di per sé ritenersi ascritta né ascrivibile la titolarità della farmacia.
È infatti necessario a tal fine il perfezionamento di una duplice condizione: da un lato, l’espressione/formalizzazione di una volontà negoziale di ogni erede e/o di tutti gli eredi congiuntamente e/o di loro eventuali aventi causa di partecipare a una società titolare di farmacia, quale ne sia la forma, e, dall’altro, la verifica – inevitabilmente ricorrendo per lo più alle classiche autodichiarazioni – circa l’insussistenza per ognuno di loro di cause che ne impediscano la partecipazione e pertanto di una delle ben note ipotesi di incompatibilità previste negli artt. 7 e 8 della l. 362/91.
Si tratta dunque, fino al compimento di tali due condizioni, di una società per la mera gestione provvisoria dell’esercizio caduto in successione e il limite di durata di tale provvisorietà – entro il quale perciò entrambe le condizioni dovranno essere perfezionate – è e resta naturalmente quello della scadenza del sesto mese successivo alla presentazione della dichiarazione di successione perché, tanto per chiarire meglio, i commi 9 e 10 dell’art. 7 della l. 362/91 [pur nel loro pessimo dettato letterale…] sono ancora oggi in vigore, pur se con gli imprescindibili adattamenti conseguenti alla Legge Concorrenza dei quali d’altra parte abbiamo discorso ampiamente in altre circostanze.
Certo, nessuno vieta agli eredi di formare una società regolare – alla quale quindi, ricorrendone gli altri presupposti, possa legittimamente essere poi assentita l’autorizzazione all’esercizio definitivo della farmacia – anche il… giorno stesso della morte del de cuius.
Ma anche in tale evenienza sarà ineludibile che questo loro intendimento sia esplicitato in termini non equivoci in un atto costitutivo/statuto, semplice e lapidario finché si vuole ma tale da non lasciare dubbi sulla loro precisa volontà di formare/regolarizzare una società [di persone o di capitali] che abbia per oggetto esclusivo la gestione della farmacia ricevuta per successione e che contenga perciò anche la dichiarazione di ogni socio circa l’insussistenza di cause ostative alla sua partecipazione.
Tra l’altro, per tornare un istante su un altro aspetto che incredibilmente sembra non trovare pace, sarà solo dal riconoscimento della titolarità a favore della società che il direttore responsabile della farmacia sociale dovrà essere un farmacista idoneo, socio o non socio.
Prima di allora, lo ribadiamo, potrà anche essere un “semplice” farmacista iscritto all’albo, erede o non erede e, anche qui, socio o non socio.

(gustavo bacigalupo)

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