La farmacia è sempre più vista dalla clientela – lo sapete bene – anche come un punto di erogazione di servizi diversi dalla mera dispensazione del farmaco, che spaziano o possono spaziare dalla messa a disposizione di figure professionali [il podologo, il biologo ecc..] ad analisi legate alla salute e alla prevenzione, all’effettuazione di tamponi e vaccini, alla consulenza di medicina integrativa [floriterapia ad esempio] e alla “cura estetica” del corpo.
Proprio su quest’ultimo mini settore – i servizi estetici in farmacia – è necessario soffermarsi un momento con particolare riguardo alle fatture di acquisto dei materiali di consumo e in genere dei prodotti utilizzati per queste specifiche finalità.
Sono acquisti, è chiaro, che si differenziano in termini oggettivi da quelli di merce destinata propriamente alla rivendita, e sia sotto il profilo contabile come sotto quello strettamente fiscale.
Le spese che la farmacia sostiene per approvvigionarsi di questi beni, perciò, non possono costituire base di calcolo ai fini della ventilazione iva, né rientrare [come del resto sembra intuibile] nella determinazione del costo del venduto.
Conseguentemente essi non “partecipano” alla determinazione del margine operativo lordo della farmacia.
È facile comprendere, pertanto, che le fatture di acquisto di questi prodotti vanno tempestivamente individuate in modo da permetterne la registrazione contabile nell’apposito “conto di costo” relativo appunto ai materiali di consumo, né più e né meno di una penna, di una cucitrice, ecc.
(cesare pizza)
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