Sono titolare di farmacia e due mesi fa ho stipulato un contratto con un’azienda per la fornitura di una serie di integratori alimentari. Nonostante abbia corrisposto il pagamento pattuito, ad oggi non mi è stato inviato alcun prodotto. Vorrei adire le vie legali, ma non so quali soluzioni ricercare dal Tribunale.
Secondo la disposizione di ordine generale di cui all’art. 1218 cod. civ. “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
Come abbiamo appena visto, quindi, il codice tutela il debitore inadempiente solo nell’eventualità in cui la mancata prestazione derivi da impossibilità sopravvenuta che però non sia a lui stesso imputabile.
Inoltre, vale la pena precisarlo, c’è inadempienza contrattuale quando – indifferentemente – la prestazione pattuita non venga eseguita nei termini e/o nel luogo e/o secondo le modalità pattuite.
Il Suo caso sembra perciò integrare un’ipotesi “classica” di inadempimento a meno che, ripetiamo, non si siano verificati fattori [invocati o invocabili dalla controparte] che certifichino l’oggettiva impossibilità per il fornitore di far fronte agli impegni contrattuali spedendo nel luogo stabilito, ad esempio, la merce ordinata/acquistata.
Ricordando che l’onere della prova circa l’oggettiva impossibilità di eseguire la prestazione grava sul debitore, le norme civilistiche tutelano il creditore accordandogli due strumenti specifici: l’azione di esatto adempimento e l’azione di risoluzione del contratto, entrambi previsti nell’art 1453 cod. civ.
Ne parliamo brevemente qui di seguito.
- L’azione di esatto adempimento
Questo è il rimedio che può prediligere, ad esempio, il creditore che sia ancora interessato a tenere in piedi il rapporto contrattuale o comunque a ottenere nel concreto la prestazione rimasta inadempiuta, perché gli permette di ottenere la condanna della controparte a eseguirla esattamente.
Naturalmente, vale la pena ribadirlo, l’azione può essere promossa solo se vi sia stato – anche solo in parte – l’inadempimento della controparte e che questo sia ad essa imputabile.
- L’azione di risoluzione del contratto
Per questa seconda azione opterà invece ragionevolmente il creditore che non abbia più interesse all’adempimento della controparte e quindi alla piena esecuzione del contratto [e magari anche a mantenere in essere i rapporti con quel fornitore…].
Qui, però, non solo è necessaria – come nell’altra ipotesi – la riferibilità dell’inadempimento al debitore, ma occorre anche che l’inadempimento sia importante perché – precisa l’art. 1455 – “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”, come potrebbe essere nel Suo caso laddove la mancata fornitura di integratori riguardasse un numero esiguo di confezioni o di linee rispetto alle quantità e alle qualità dell’ordine.
Agendo per la risoluzione del contratto, la parte adempiente mira evidentemente a sciogliere il vincolo negoziale e ottenere la ripetizione di quanto versato anticipatamente quale corrispettivo della controprestazione.
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Ricordiamo, da ultimo, che – mentre è sempre possibile richiedere la risoluzione del contratto, pur quando il giudizio sia stato promosso per l’esatto adempimento – una volta invece che sia stata scelta la via della risoluzione contrattuale, al creditore è precluso l’esercizio dell’altra misura giudiziaria.
A prescindere tuttavia dalla scelta del rimedio, a favore della parte adempiente è fatto “salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”, come precisa ulteriormente il comma 1 dell’art. 1453, che è a sua volta espressione del richiamato principio fondamentale che detta – in tema di responsabilità del debitore inadempiente – il già citato art. 1218 cod. civ.
Per la valutazione del danno si terrà conto sia del mancato guadagno che dell’effettivo danno subito in conseguenza dell’omessa esatta prestazione, i famosi “lucro cessante” e “danno emergente”.
(cecilia v. sposato)
(cesare pizza)
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