Il “commercio elettronico indiretto” – che, come noto, è la vendita online di beni – ha registrato un importante incremento in questo periodo di restrizioni e chiusure, incidendo naturalmente sugli scambi in generale e influenzando in termini precisi l’atteggiamento del consumatore che infatti ora può rivolgersi, come in realtà si rivolge, a un’ampia platea di venditori.
Inoltre, a nulla rileva che questi ultimi risiedano in Italia o in un altro Paese UE, e questo reca con sé implicazioni, risvolti ecc. sul piano fiscale da tenere necessariamente in considerazione.
In particolare, le farmacie [come del resto qualsiasi altro operatore del commercio online] che vendono a consumatori finali di un qualsiasi Paese UE non applicano, in deroga, l’Iva dello Stato in cui consegnano i beni, e però questo è possibile solo entro un limite di vendite annuali – riferito al singolo Paese – che varia dai 35.000 euro a 100.000 euro secondo lo Stato di destinazione dei prodotti venduti.
Di conseguenza, solo in caso di superamento del limite specifico del Paese UE di cui si tratti, la farmacia deve ivi “identificarsi” direttamente e versare in loco l’Iva dovuta in base alle aliquote in vigore appunto nel Paese stesso.
Ad esempio, se una farmacia vende 36.000 euro di prodotti in Francia e 25.000 euro in Spagna – due Paesi entrambi con soglia di vendite di 35.000 euro – dovrà aprire una partita Iva solo in Francia e versare perciò all’Erario francese l’imposta derivante dalle cessioni effettuate.
Senonchè, a decorrere dal 1° luglio 2021 questi limiti – c.d. “soglie di protezione” – sono stati eliminati, perché:
- la soglia annua è oggi unica e complessiva e ammonta a 10.000 euro, importo che comprende quindi le vendite totali effettuate in tutti i Paesi UE: sono state conseguentemente soppresse le precedenti soglie previste per i singoli Paesi, e al di sotto del nuovo limite unico e complessivo di 10.000 euro si continua ad applicare l’Iva dello Stato dove opera l’azienda cedente;
- inoltre, dal giorno in cui, nel corso di un anno, si superi tale soglia, si applicherà l’Iva del Paese di destinazione della merce e perciò le farmacie avranno una duplice possibilità: potranno identificarsi aprendo una partita Iva in ciascun Paese ove effettuano le cessioni, oppure – e questa sembra la soluzione più agevole – potranno utilizzare il sistema dello sportello unico Oss [One stop shop – che sostituirà l’attuale “MOSS”], mediante il quale versare alla nostra Agenzia delle Entrate anche l’Iva di ogni altro Paese UE.
Per chiarire, in conclusione, se una farmacia vende prodotti per 3.000 euro in Spagna e 6.000 euro in Francia non dovrà aprire nessuna nuova partita Iva, mentre nel caso di vendita per 3.000 euro in Spagna e 8.000 euro in Francia, superando così la soglia unica e complessiva dei detti 10.000 euro, dovrà aprire una partita Iva sia in Francia che in Spagna o magari, più semplicemente, potrà utilizzare appunto l’Oss.
Qualche complicazione in più, come vediamo, ma niente di drammatico.
(francesco raco)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!