Secondo gli accordi con la Regione Lazio ho approntato un gazebo, in funzione per sei ore giornaliere, nella zona antistante la farmacia per eseguire test rapidi Covid-19 che facciamo effettuare da un infermiere con il quale, dato che non ha la partita iva, abbiamo convenuto un compenso forfetario di 125 euro al giorno indipendentemente dal numero di tamponi effettuati.
Come ritenete sia più corretto o preferibile inquadrare il rapporto tra la farmacia e l’infermiere?
Ormai da qualche mese anche le farmacie sono state investite della possibilità di effettuare tamponi antigenici rapidi e test sierologici per Covid‑19 a carico del cittadino e quindi le Regioni si stanno via via tutte attivando per organizzare e/o disciplinare [anche con accordi con le rappresentanze sindacali delle farmacie] le modalità di esecuzione del servizio sul proprio territorio.
In particolare, guardando soprattutto all’accordo laziale che – come abbiamo già ricordato – sta sostanzialmente ispirando anche le altre Regioni, il servizio può essere svolto [evidentemente previ appuntamenti]:
- all’interno della farmacia in spazi separati da quelli dedicati alla vendita e accessibili mediante percorsi esclusivamente destinati all’ingresso e all’uscita dei pazienti che intendono effettuare il test e/o il tampone;
- all’interno della farmacia ma durante l’orario di chiusura dell’esercizio, quando i locali farmacia non permettano il rispetto delle prescrizioni indicate sub 1;
- in una struttura [gazebo, camper, etc.] installata all’esterno della farmacia, e anche su suolo pubblico, ma in aree adiacenti all’esercizio [ma non tutte le Regioni parlano di adiacenza o prossimità o contiguità o simile e questo potrebbe creare qualche malessere tra le farmacie vicine…], con modalità di esecuzione che garantiscano gli indispensabili parametri di sicurezza per l’utenza, per il personale sanitario dedicato all’esecuzione dei test e naturalmente per quello della farmacia.
È chiaro quindi che, quali che siano le modalità optate tra quelle appena elencate, la farmacia avrà necessità di coprire l’intera finestra temporale prescelta per l’esecuzione dei test/tamponi che potrà essere di alcune ore giornaliere [come nel Suo caso] o corrispondere all’intero orario di apertura della farmacia, escludendo ragionevolmente quello di eventuale apertura per turno notturno.
Ora, tenuto conto che l’attività infermieristica ha di per sé il requisito della professionalità e anche dell’abitualità, le prestazioni dell’infermiere, o di due o più infermieri, possono essere generalmente espletate nel quadro di:
– uno o più rapporti di lavoro dipendente;
– uno o più rapporti di lavoro autonomo con partita iva;
– un contratto con una cooperativa di infermieri;
– uno o più rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
– uno o più rapporti di lavoro autonomo occasionale.
- Lavoro dipendente
Non ci pare che questa sia una tipologia lavorativa molto gettonata, anche per i maggiori oneri che la farmacia dovrebbe sostenere e per le criticità che nel concreto possono presentare i rapporti di lavoro subordinato pur quando siano a tempo determinato.
Del resto, le insidie che talvolta ineriscono a questi rapporti sono ben conosciute.
- Lavoro autonomo con partita iva
Con questa opzione, con cui ci si avvale di un professionista autonomo, la farmacia ha modo di poter gestire l’erogazione della prestazione con una certa elasticità.
Infatti, sia la farmacia che ritenga di effettuare tamponi soltanto in alcune e/o limitate fasce orarie – solo i giorni dispari o sei ore giornaliere, come nel caso proposto dal quesito – e sia quella che opti invece per un servizio erogato per l’intera giornata [e magari, come accennato, per tutte le giornate di apertura dell’esercizio] possono evidentemente convenire con l’infermiere una sua presenza corrispondente alla modalità prescelta dalla farmacia: i costi diretti e di gestione potranno essere in questi casi abbastanza contenuti anche per l’esclusione di ogni adempimento a carico della farmacia connesso agli aspetti previdenziali del rapporto.
Di contro, però, può aumentare il grado di incertezza dovuto alla potenziale indisponibilità dell’infermiere in alcuni giorni o fasce orarie o perfino durante l’orario o la giornata di lavoro concordati.
Di qui l’opportunità di conferire per iscritto l’incarico professionale anche per convenire con l’infermiere, oltre naturalmente al compenso [a giornata, ad ora, a tampone/test, ecc.], anche i periodi di sua disponibilità/indisponibilità e sia pure nella piena autonomia delle prestazioni da lui svolte, quel che d’altronde caratterizza per lo più i rapporti libero-professionali.
Quanto al versante previdenziale, l’infermiere sarà tenuto al versamento – integralmente a suo carico – dell’intero ammontare dei contributi dovuti alla Gestione Principale Enpapi.
L’infermiere, infine, si limiterà a rilasciare alla farmacia una fattura (elettronica) in esenzione da iva e addebitandole – anche se questa è soltanto una facoltà dell’infermiere e non un obbligo – il contributo integrativo del 4% alla citata Gestione Enpapi.
- Contratto con cooperativa
Questa soluzione consiste, come noto, in un accordo formalizzato con una cooperativa di lavoro che “fornirà” alla farmacia l’infermiere [o gli infermieri] con modalità anche “aperte” e/o “a chiamata”: le intese con la cooperativa dovrebbero quindi garantire di massima la messa a disposizione di un infermiere anche in caso, poniamo, di indisponibilità di quello abitualmente “fornito”.
È una modalità cui potrebbero ricorrere indifferentemente le farmacie che hanno optato per un lungo orario giornaliero del servizio, come pure quelle che hanno preferito ore o giornate di lavoro in numero ridotto, dato che con le cooperative di infermieri si tende a contrattualizzare appunto una copertura variabile in funzione delle esigenze della farmacia.
Gli oneri complessivi sostenuti dalla farmacia tendono tuttavia in questo caso ad essere più elevati.
- Collaborazione coordinata e continuativa
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ammissibile laddove l’infermiere non sia provvisto di partita iva [ed è proprio questo il Suo caso], ha precise caratteristiche – su tutte l’autonomia tecnico-professionale tipica dell’attività specifica dell’infermiere – che vanno accuratamente rispettate anche per evitare una diversa qualificazione del rapporto, e in particolare quello subordinato a tempo indeterminato come prevede d’altra parte il Jobs Act di “renziana” memoria.
Le modalità di esecuzione delle prestazioni non possono in ogni caso essere organizzate soltanto dal committente-farmacia [se non, evidentemente, per quel che riguarda i tempi e il luogo di svolgimento del servizio], ma d’intesa con l’infermiere.
Dal punto di vista previdenziale l’infermiere ha l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Enpapi, mentre sotto l’aspetto fiscale i compensi vengono considerati redditi assimilati a quello di lavoro dipendente.
Da parte sua, il committente-farmacia sarà tenuto a versare la ritenuta Irpef e relative addizionali, nonché i contributi pari complessivamente al 33,72% di quanto liquidato all’infermiere [la quota a carico di quest’ultimo, aggiungiamo, è dell’11,72% e quella a carico della farmacia del residuo 22%]: la farmacia trattiene in “busta paga” l’11,72% del compenso all’atto della sua liquidazione ed è tenuta ai connessi obblighi dichiarativi.
E però, s’intende, il compenso erogato rappresenta un costo totalmente deducibile nel bilancio dell’esercizio.
Come si vede, il rapporto di co.co.co. è certamente più oneroso per la farmacia sia dal punto di vista economico [perché oltre al compenso c’è anche quel 22% dei contributi da sostenere], che con riguardo agli adempimenti previdenziali di versamento/dichiarazione.
- Lavoro autonomo occasionale
Quest’ultima tipologia è caratterizzata, appunto, dall’occasionalità della prestazione, quel che spiega anche – diversamente dal lavoro autonomo, di cui si è parlato poco fa – l’assenza di partita iva da parte dell’infermiere.
Potrebbe, ad esempio, trattarsi di un dipendente che in via del tutto sporadica – ad esempio per una necessità improvvisa della farmacia connessa al venir meno della prestazione di un altro infermiere/professionista/co.co.co/dipendente – presti la propria attività al di fuori della struttura presso cui è impiegato abitualmente e stabilmente.
Anche in questo caso sorge l’obbligo di versamento dei contributi previdenziali alla Gestione Separata Enpapi, che non è condizionato da alcun limite reddituale [quindi è un obbligo che insorge anche per redditi inferiori ai 5.000 euro, che invece nella Gestione separata Inps non darebbero luogo ad assoggettamento a contribuzione], e dunque la farmacia sarà tenuta a versare sia la classica ritenuta d’acconto irpef del 20%, che anche i contributi alla Gestione – con la stessa percentuale del 33,72% prevista per la co.co.co., e perciò con il 22% a effettivo carico della farmacia e l’11,72% a carico, previa trattenuta, del prestatore di lavoro occasionale – entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione del pagamento della prestazione mediante Mod. F24.
Andrà, inoltre, consegnata all’infermiere la Certificazione Unica dei compensi erogati nell’anno.
Sembra in ogni caso opportuno in questa tipologia lavorativa formalizzare – quantomeno – la liquidazione del compenso, anche qui interamente deducibile per la farmacia, con una o più ricevute [il corrispettivo può infatti essere pagato anche in più soluzioni] sottoscritte dall’infermiere e redatte seguendo più o meno questo fac-simile:
Questa opzione, al pari della co.co.co., ha un costo maggiore rispetto a quello medio di una prestazione infermieristica di lavoro autonomo, e inoltre gli adempimenti sono anche qui rilevanti e impegnativi anche sotto il profilo previdenziale.
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In conclusione, come forse Lei avrà già rilevato, l’opzione che sembrerebbe in questo caso meglio esercitabile è probabilmente quella di un rapporto di co.co.co. [sussistendone naturalmente i requisiti sopra indicati], volendo per le ragioni già accennate trascurare il rapporto di lavoro dipendente, che pure nel Suo caso specifico, se a tempo determinato, si attaglierebbe abbastanza bene…
La co.co.co. garantisce comunque quella continuità e stabilità del rapporto che dovrebbe rispondere alle Sue esigenze, avendo Lei pianificato questa attività – come rileviamo dal quesito – per sei ore al giorno, e quindi per una frazione consistente dell’orario giornaliero di apertura della farmacia.
Infine, al termine della “campagna” – quando cioè le prestazioni infermieristiche per il Covid verosimilmente e sperabilmente [anche se si profilano per le farmacie, come sappiamo, vaccinazioni a più livelli che potranno richiedere anch’esse la collaborazione dell’infermiere…] non saranno più richieste come servizi ulteriori resi dalla farmacia – cesserà di conseguenza il rapporto di co.co.co. senza che abbiano a insorgere ulteriori impegni a Suo carico.
(stefano lucidi – stefano civitareale)
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