I dentifrici scontano – anche in farmacia – l’aliquota Iva ordinaria del 22% non potendo essere inclusi tra i beni, la cui cessione è soggetta all’aliquota ridotta del 10%, contemplati nel numero 114) della Tabella A, parte III, allegata al D.P.R- 633/1972 e cioè tra i “medicinali pronti per l’uso umano o veterinario, compresi i prodotti omeopatici; sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale”.
Il chiarimento è giunto in una recentissima risposta (n. 335 del 10/9/2020) dell’Agenzia delle Entrate a un interpello proposto da una società di commercio all’ingrosso di questi prodotti.
La risposta è piuttosto complessa [i più interessati possono “scaricarla” dal sito web dell’Agenzia delle Entrate] ma sostanzialmente si può riassumere come segue.
Tutto parte dalla norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, comma 3, della Legge di Bilancio 2019, per cui rientrano nell’ambito del richiamato numero 114) “i dispositivi medici a base di sostanze, normalmente utilizzate per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, classificabili nella voce 3004 della nomenclatura combinata (…)”.
L’Agenzia molto opportunamente chiarisce che la norma appena richiamata ha inteso risolvere il problema dell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta per quei prodotti che, pur classificati – ai fini doganali – tra i prodotti farmaceutici e medicamenti, non vengono commercializzati come tali, bensì come dispositivi medici.
E infatti, considerato che la classificazione merceologica di un prodotto rientra nella competenza esclusiva dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, si è dovuto provvedere a “raccordare” la classificazione doganale con il numero 114) della Tabella, specificando per l’appunto che, quale che sia la modalità di commercializzazione (medicinale in senso proprio o dispositivo medico) dei beni ricompresi sub 114), l’aliquota ridotta viene applicata solo se la loro composizione di base sia riconducibile alle sostanze classificabili nella voce doganale 3004: [“Medicamenti (esclusi i prodotti della voce 3002, 3005, e 3006) costituiti da prodotti anche miscelati, preparati per scopi terapeutici o profilattici, presentati sotto forma di dosi (compresi i prodotti destinati alla somministrazione per assorbimento percutaneo) o condizionati per la vendita al minuto”].
Ma i prodotti in questione – cioè i dentifrici – non sono classificabili in base alla loro composizione nella voce doganale 3004 ma in quella diversa 3306: [“Preparazioni per l’igiene della bocca o dei denti, comprese le polveri e le creme per facilitare l’adesione delle dentiere; fili utilizzati per pulire gli spazi fra i denti (fili interdentali), in imballaggi singoli per la vendita al minuto”] e, più precisamente, nella sottovoce “3306 10” – “dentifrici”.
Proprio per questo i dentifrici restano esclusi dall’applicazione dell’aliquota ridotta anche se – come osservava l’azienda che ha formulato l’interpello – presentano proprietà profilattiche e terapeutiche derivanti dalle diverse sostanze in essi contenute; né, per altro verso, i dentifrici, possono essere ricondotti tra le “sostanze farmaceutiche ed articoli di medicazione di cui le farmacie devono obbligatoriamente essere dotate secondo la farmacopea ufficiale“ [così la seconda parte del citato n. 114)], visto che in quest’ultima essi non risultano ricompresi.
(stefano civitareale)
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