Due Comuni della nostra provincia hanno modificato l’area di altrettante sedi assegnate a seguito di concorso straordinario per la dimostrata indisponibilità di locali al loro interno: ma questo è avvenuto senza procedere alla revisione della pianta organica e uno dei due senza neppure richiedere né al nostro Ordine, né all’Asur il parere prescritto dalla legge.
Ci è stato riferito che queste potrebbero essere modifiche consentite anche al di fuori della revisione biennale, ma alcuni titolari di farmacia, che si ritengono danneggiati, non la pensano allo stesso modo e ci hanno chiesto di intervenire.
Crediamo, secondo quello che avete sostenuto in qualche vostro articolo, che voi riteniate legittimo questo comportamento, ma vorremmo una conferma e se possibile conoscere anche le ragioni che possono giustificare questa tesi.
La modifica di una o più sedi [continuiamo a chiamarle sedi per semplicità, anche se da qualche anno la giurisprudenza ha adottato altre terminologie con significati diversi da quelli della “vecchia” sede, e particolarmente quella di ambito di pertinenza, per segnare il distacco della “nuova” sede da quella previgente al Crescitalia, come del resto abbiamo illustrato in molte occasioni] può essere disposta dal Comune – e per esso, salve specifiche normative che dispongano diversamente, dalla Giunta – indipendentemente da un procedimento e quindi anche da un provvedimento di revisione biennale della “pianta organica”.
Sono vicende che, specie da quattro o cinque anni, si sono rivelate e si rivelano abbastanza frequenti, essendosi rese/rendendosi necessarie [generalmente] per l’impossibilità o estrema difficoltà – in particolare per gli assegnatari nei concorsi straordinari di alcune delle sedi istituite nelle revisioni del 2012 [magari localizzate in… terre di nessuno] – di porre in esercizio le relative farmacie in dipendenza soprattutto della irreperibilità di locali idonei nel loro ambito di pertinenza.
In qualche circostanza, inoltre, questi provvedimenti sono stati/sono suggeriti da una [ritenuta] migliore pianificazione del servizio sul territorio rispetto alle originarie scelte localizzative [ritenute] inadeguate agli effettivi bisogni, anche sopravvenuti, dell’assistenza farmaceutica locale, oppure dalla necessità di meglio precisare l’ambito di pertinenza di una sede neo istituita configurata con confini non indicati puntualmente ma in termini semplificati [una o più vie/piazze, ad esempio, ma nulla più].
Ed è “fisiologico”, evidentemente, che il titolare di una sede “incisa” per effetto di tali interventi comunali possa non gradirli, e infatti sono stati e sono non di rado oggetto di impugnative anche se con risultati modesti perché l’orientamento del giudice amministrativo tende sempre più a considerarli non sindacabili, se non in casi di macroscopica loro irrazionalità o di palese violazione di norme procedimentali [trascuriamo deliberatamente, perché ci porterebbe fuori tema e avendone in ogni caso già parlato ripetutamente, qualsiasi problema di par condicio – che pure si è tentato di porre, ma anche qui vanamente – con riguardo alla posizione dei concorrenti interpellati precedentemente o partecipanti allo stesso interpello da cui è derivata l’assegnazione della sede successivamente modificata].
Il vero tuttavia è che la revisione [negli anni pari] della pianta organica non è più quell’istituto che era disciplinato nel sistema previgente al Crescitalia, e anzi in principio nel nostro ordinamento di settore una “revisione della pianta organica” oggi non c’è più.
Qualcuno forse ricorderà che la stessa sopravvivenza al Crescitalia della pianta organica [per lo meno di “quella” pianta organica che ha rappresentato un istituto cardine nel settore per quasi cento anni] fu messa in forte dubbio dalla “famosa” interpretazione ministeriale del 16.3.2012.
E’ una nota che a quel tempo, per quel che vi veniva affermato, ricevette ben pochi consensi, non tanto e non solo per quel che assumeva con riguardo alla pianta organica [un aspetto che, per la verità, abbiamo personalmente dichiarato di condividere] ma ancor più perché per la prima volta abbiamo visto affermare che la sede farmaceutica avesse perduto con il Crescitalia la sua precedente connotazione, e in definitiva anche il suo precedente ruolo nel sistema, per assumere la veste e la funzione di area territoriale non più precisamente delimitata e però anche sommariamente delimitabile, come si è appena ricordato.
Questa tesi – ecco l’indiscutibile merito, se così si può dire, degli uffici ministeriali – ha finito poi per essere nella sostanza fatta propria, e ormai in termini univoci e consolidati, anche dal Consiglio di Stato al punto che, allo stato, ambedue i criteri di configurazione di una sede farmaceutica – di nuova come di vecchia istituzione – possono ritenersi legittimi, anche se quello della sede precisamente delineata pare destinato nel tempo a soccombere per lasciar via libera soltanto all’altro, sembrando ormai un processo irreversibile.
Ma il Consiglio di Stato ha in fondo subito condiviso la nota ministeriale anche con riguardo al venir meno di “quella” pianta organica, se teniamo conto che nella prima e fondamentale sua decisione [CdS 3/4/13 n. 858] sulla riforma dell’art. 11 del Crescitalia il Supremo Consesso è stato costretto su questo punto quasi a “barcamenarsi [perché in realtà era ed è difficile individuare una soluzione anche descrittivamente migliore….] concludendo, con un’affermazione riferita e replicata praticamente in tutte le successive pronunce, che “…benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato “pianta organica”, resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome”.
D’altra parte, il vecchio art. 2 della l. 475/68 – che constava di cinque commi – così disponeva:
c.1 “Ogni comune deve avere una pianta organica ecc.…”
c.2 “La pianta organica dei singoli comuni è stabilita ecc.…”
c.3 “La pianta organica è pubblicata ecc.…”
c.4 “La pianta organica è sottoposta a revisione ogni due anni, in base alle rilevazioni della popolazione residente del comune, pubblicata dall’Istat”
c.5 “La revisione deve essere effettuata entro il mese di dicembre di ogni anno pari ecc.…”.
In integrale sostituzione del precedente, invece, così oggi dispone in soli due commi [nel testo riscritto sub c) del comma 1 dell’art. 11 del Crescitalia] il nuovo art. 2:
c.1 “Ogni comune deve avere un numero di farmacie in rapporto ecc.…”
c.2 “Il numero di farmacie spettanti a ciascun comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall’Istat”.
Come è dunque facile cogliere, accantonando ogni questione anche di ordine semantico su quello che era ed è oggi la “pianta organica”, di una sua “revisione ogni due anni”, contemplata nel vecchio art. 2, non c’è la minima traccia nel nuovo, in cui non si fa più alcun cenno – e non certo per negligenza del legislatore o per caso – a una “pianta organica” e soprattutto, come abbiamo appena letto, oggetto di una “revisione” [che “deve essere effettuata entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base ecc.”] è ora solo il “il Numero di farmacie spettanti a ciascun comune”.
Pertanto, “ogni anno pari” il Comune deve verificare solo se il numero delle sedi/farmacie continua a corrispondere al quorum 1:3300 applicato al numero degli abitanti rilevati dall’Istat al 31 dicembre dell’anno precedente e di conseguenza, in presenza di incrementi di popolazione, istituire nuove sedi/farmacie ovvero, nell’ipotesi inversa, sopprimere sedi già istituite, quando però, beninteso, siano prive di un titolare o anche semplicemente dei loro assegnatari a seguito di concorso.
Ben diversamente, una migliore configurazione/localizzazione di una sede di nuova come di vecchia istituzione – tale, secondo le diverse ipotesi cui si è accennato, da modificare il suo originario ambito di pertinenza, anche soltanto annettendogli ulteriori vie o piazze, così da permettere, e il più rapidamente possibile, l’attivazione della farmacia di riferimento [“E’ del tutto evidente che il rispetto di tale disposizione normativa (l’art. 11 del Crescitalia, naturalmente) presuppone la concreta esistenza ed apertura di tutte le sedi necessarie, e non la sola previsione “sulla carta”, per un tempo indeterminato, di una di esse”: così CdS n. 207 del 9/01/20] – è un provvedimento che la Giunta può/deve assumere prescindendo da qualunque procedimento di revisione biennale e quindi indipendentemente che si versi in un anno pari o in un anno dispari.
In definitiva, i Comuni possono – più correttamente devono, quando lo richiedano gli interessi pubblici inerenti alle esigenze dell’assistenza farmaceutica locale –modificare in qualsiasi momento [esercitando/riesercitando i poteri di pianificazione/programmazione/organizzazione del servizio farmaceutico attribuiti loro in via esclusiva dalla riforma del 2012], la configurazione di una o più sedi già istituite.
Si tratta dunque di interventi praticabili anche due o tre o dieci volte in un anno, come ne ha dato più volte limpido esempio anche Roma Capitale e anzi – se guardiamo a un’altra decisione del CdS [n. 327 del 18/01/2018] – in questi casi, quando cioè non si tratti di istituire o sopprimere sedi con il criterio demografico ma di disporre interventi soltanto sull’ambito di pertinenza di uno o più di esse, non sarebbe neppure obbligatorio [per rispondere a un altro vostro interrogativo] richiedere il parere dell’ASL e/o dell’Ordine, perché “l’apporto consultivo dei suddetti organi si rende necessario allorché il Comune “identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie”: è quindi evidente che l’obbligo di acquisizione dei pareri è strettamente connesso e funzionale all’esercizio del potere di istituzione di nuove sedi farmaceutiche, essendo strumentale a verificare che il suo esercizio risponda all’esigenza di “assicurare un’equa distribuzione sul territorio” e “una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico”.
Non risulta, invece, dal dettato normativo che il parere degli enti suindicati sia richiesto anche nell’ipotesi di modificazione dei limiti di zona assegnati a ciascuna farmacia, qualora si renda necessario adattarli al mutato contesto socio-economico, urbanistico e demografico, nel perseguimento del fine di garantire la maggiore capillarità del servizio farmaceutico”.
Forse non è del tutto condivisibile [d’altronde non constano altri precedenti dello stesso segno…], però questo assunto sembra corroborare il nostro convincimento circa la piena indipendenza dalla prescritta revisione biennale del (solo) “numero di farmacie spettanti a ciascun comune” di qualsiasi provvedimento che si limiti a ridisegnare/modificare/precisare l’ambito di pertinenza di una o più sedi.
Non c’è, è vero, una sentenza del CdS che lo abbia detto espressamente, ma parecchie sue decisioni indubbiamente lo presuppongono.
(gustavo bacigalupo)
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