Che la rivoluzione informatica avviata dal Fisco italiano da qualche anno abbia di mira soprattutto il recupero dell’evasione non crediamo sia cosa sfuggita a qualcuno, e pensiamo in particolare a quella forma di evasione c.d. “da riscossione” per la quale – una volta regolarmente dichiarato il dovuto – si ritardi il versamento delle imposte a scopo di “autofinanziamento”.

Questi comportamenti saranno sempre più perseguiti e scoraggiati proprio grazie ai nuovi strumenti informatici.

Prendiamo ad esempio le LIPE (Le comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche Iva) che devono essere trasmesse telematicamente all’Agenzia delle entrate con periodicità trimestrale: in questo modo, l’Agenzia delle entrate riesce ad “intercettare” con estrema facilità gli omessi versamenti incrociando gli importi a debito indicati nel modello inviato con il flusso del pagamento telematico in F24.

Se si omette di inviare la LIPE, quindi, si riceve a stretto giro a mezzo PEC una comunicazione di anomalia che “invita” a regolarizzare il mancato versamento mediante ravvedimento operoso; se questo non accade, viene recapitato – sempre a mezzo PEC – un avviso bonario con la possibilità di effettuare il versamento della somma dovuta (anche ratealmente) con l’irrogazione di una sanzione del 10%.

In passato, con il “cartaceo” l’avviso bonario veniva ricevuto con un differimento minimo di 7-8 mesi rispetto alla data di presentazione della dichiarazione Iva: di conseguenza, l’”anomalia” non veniva rilevata dal Fisco prima di quasi due anni dal termine naturale di scadenza del versamento eluso.

Attualmente, invece, con la telematica parliamo di 2-3 mesi dall’invio della LIPE e dunque non più di 7-8 mesi dal termine naturale di scadenza del versamento eluso.

A questo punto qualcuno potrebbe pensare che sia sufficiente non inviare la LIPE, rischiando in definitiva una sanzione modesta trattandosi dopotutto di una violazione formale (l’omissione di una comunicazione) e tornando così in pratica a beneficiare almeno in parte della “dilazione” del pagamento dell’IVA.

Ma non ha fatto i conti con la “fantasia” del nostro Fisco.

La Cir. A/E n. 19/E del 2019 – in cui sono state esposte le linee guida per l’attività di contrasto e lotta all’evasione per l’anno in corso – ha infatti già “avvisato” che nel corso del secondo semestre di quest’anno sarà effettuato un ulteriore e più “massiccio” invio delle comunicazioni di “anomalia”, cioè delle c.d. lettere di compliance.

Incrociando i dati degli invii di FE e di LIPE presenti negli archivi informatici sarà dunque possibile individuare i contribuenti che – relativamente ai primi due trimestri dell’anno – hanno emesso le prime senza trasmettere le seconde.

E presumendo che il mancato invio dei dati delle liquidazioni in presenza di FE sia diretta nel concreto a ostacolare l’attività di controllo (mediante appunto il descritto incrocio dei dati), la lettera di “compliance” arriverà ancora più rapida, seguita “a ruota” dall’avviso bonario in caso di mancata risposta.

Perciò, queste “strategie” del genere hanno ormai ben poche speranze di successo.

Non dimentichiamo, d’altronde, che nell’era dei corrispettivi “cartacei” una delle forme di evasione più praticate consisteva nell’annotare sul registro il totale dei corrispettivi di una determinata giornata per un importo inferiore a quello risultante dallo scontrino di chiusura giornaliera, tant’è che questo tipo di riscontro per singolo giorno non era tra le priorità dei verificatori che infatti controllavano o la corretta certificazione di una singola operazione o il registro dei corrispettivi nel suo complesso.

Inutile dire che, con l’invio telematico con cui comunichiamo al Fisco il dato dell’importo battuto “alla fonte” (quasi) in tempo reale, questa “cosa” non è più realisticamente possibile.

(franco lucidi)

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