Con la sentenza n. 10126/2019 (Cass. Civ.Sez. V) la Corte di Cassazione ha ribadisce l’orientamento giurisprudenziale per il quale non è possibile punire il contribuente con l’applicazione di sanzioni nel caso in cui la norma tributaria non sia chiara, generi diverse interpretazioni, sia priva di prassi amministrativa ovvero questa si affermi “fuori tempo massimo” rispetto ai termini previsti per i relativi adempimenti.
Per inciso la Corte ha esaminato un ricorso presentato dall’ENEL nell’ambito di una controversia sull’ICI e l’oggettiva incertezza normativa scaturiva dall’indeterminatezza sull’individuazione dei beni da assoggettare ad ICI anche dopo l’entrata in vigore delle norme di riferimento, considerando per di più che l’(allora) Agenzia del Territorio aveva risolto i dubbi interpretativi solo successivamente, anzi addirittura dopo alcuni anni, all’entrata in vigore delle disposizioni.
Ma che cosa si intende esattamente per incertezza normativa che produca l’effetto di rendere inapplicabili le sanzioni tributarie?
Bisogna intendersi bene perché essa non ha niente a che vedere con la difficoltà – sia pure notevole – di interpretare talune norme giuridiche e in particolare naturalmente quelle appartenenti all’ordinamento tributario.
E a questo proposito riteniamo di non dover aggiungere altro alle stesse parole degli Ermellini, che si sono espressi testualmente come segue: “L’incertezza normativa oggettiva che – ai sensi degli artt. 8 d.lgs. n. 546 del 1992; 6, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n, 472; 10, comma 3, legge 2 luglio 2000, n. 212 – costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione [in altri termini: l’incertezza per essere tale deve investire l’interpretazione del giudice (!) -n.d.a.]” e consiste a ben guardare nell’impossibilità “[…] esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito, quindi in senso oggettivo”.
E quindi, in definitiva, l’incertezza normativa “in quanto esiste in sé, opera nei confronti di tutti” e inoltre “non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria”.
Insomma, uno stato di irrimediabile incomprensione – oggettivamente intesa – della reale portata normativa della disposizione e non certo una mera difficoltà a pervenire ad una interpretazione positiva e men che meno, s’intende, l’ignoranza pura e semplice delle norme stesse.
(stefano civitareale)
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