[da parte di un dirigente d’azienda e di una snc anch’essa titolare di farmacia]

Siamo una snc titolare di due farmacie e siamo in trattative per acquistarne una terza che è però di una sas i cui soci sono disponibili solo a cedere le quote e non la farmacia.
Inoltre, queste trattative le stiamo conducendo unitamente a un alto dirigente di una grande società di intermediazione immobiliare che vuole investire nell’acquisto della metà del capitale di questa sas e comunque si tratta della persona che fin dall’inizio ha condotto le trattative con i soci che intendono vendere tutte le loro quote e perciò è un’operazione che possiamo fare soltanto con lui.
Abbiamo appena letto quello che Lei ha scritto sul problema della compatibilità e sulla sentenza del Tar Lazio: vorremmo quindi un suo cortese parere sulla possibile acquisizione della sas per la metà dal dirigente d’azienda e per l’altra metà da parte della nostra snc, e anche sull’opportunità che noi tentiamo prima di acquistare direttamente la farmacia piuttosto che le quote della sas.

Partendo da quest’ultima eventualità, parrebbe abbastanza macchinoso [anche se certamente non impossibile] realizzarla appieno, perché – anche volendo prescindere dall’indisponibilità dei soci della sas a operare la cessione della farmacia come tale – si rivelerebbe comunque complicato formalizzare, e soprattutto rendere effettivamente funzionali, intese anche giuridicamente esaustive con quel dirigente.
Egli dovrebbe infatti acquisire una frazione del “capitale” di una snc titolare di tre farmacie, avendo però diritto a partecipare ai risultati economici [in senso lato, evidentemente] soltanto del terzo esercizio: è un obiettivo che, ripetiamo, si può anche raggiungere ma c’è parecchio lavoro da fare e inoltre in una soluzione così articolata potrebbe lasciarsi preferire una srl, non illudendosi però neppure in tal caso di andare incontro a una passeggiata di salute.
È bene perciò soffermarsi qualche istante di più sull’ipotesi di lavoro  nel concreto più facilmente percorribile, quella cioè di una sas – peraltro da trasformare a sua volta in una [diversa] snc o anch’essa in una società di capitali – che venga appunto ad appartenere per la metà alla vs. snc odierna e per l’altra metà a quel dirigente d’azienda.
Dobbiamo quindi occuparci più che altro delle inevitabili questioni di compatibilità/incompatibilità.
Quanto al dirigente, la sentenza del Tar Lazio [n. 5557 del 2/5/2019] può sicuramente aiutare: non svolgendo una qualsiasi attività “nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco”, né ovviamente la “professione medica”, il suo rapporto di lavoro subordinato, visto che non è un farmacista iscritto all’Albo, non gli precluderebbe [secondo i giudici romani, e tali loro conclusioni – in attesa di tempi migliori, ma soprattutto di idee più chiare e condivisibili della giurisprudenza amministrativa – è opportuno tenerle ben strette…] la partecipazione a una società di persone o di capitali titolare di farmacia, e questo varrebbe allo stesso modo anche nel caso in cui egli attualmente operasse per l’azienda di intermediazione immobiliare nel quadro di un rapporto di lavoro autonomo o di “parasubordinazione”.
Discorso diverso merita invece la posizione della vs. snc.
È vero che il parere della Commissione Speciale presenta passaggi poco limpidi [e alcuni, anche dopo ripetute letture, del tutto incomprensibili], tant’è che – come stiamo vedendo – anche su aspetti molto importanti si offre a interpretazioni diverse.
E tuttavia, almeno sullo specifico punto dell’applicabilità anche alle società titolari di farmacia dell’incompatibilità “con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia” [prevista sub b) del comma 1 dell’art. 8 della l. 362/91], le notazioni del CdS non sembrano prestarsi a equivoci, incertezze o difficoltà interpretative, dato che “…prendendo in considerazione l’ipotesi della partecipazione sociale alla società di farmacia da parte di altra società di farmacia, la Commissione speciale non ravvisa ostacoli alla applicabilità anche ad essa, nei termini anzidetti, della forma di incompatibilità in esame (art. 8, c. 1, lett. b)”.
Su tale posizione abbiamo già espresso il nostro dissenso criticandone innanzitutto l’approccio puramente letterale, perché per il CdS la “lettera della norma” – riferendosi semplicemente alla “partecipazione alle società di farmacia” – non porrebbe “alcuna forma di distinzione” tra un socio che sia ipoteticamente un mero investitore e un socio che partecipi con finalità diverse, e neppure tra un titolare di farmacia persona fisica e un titolare di farmacia società di persone o di capitali.
Ancor meno convincono le ragioni addotte dal CdS [“l’esclusione della partecipazione di mero capitale dalla ipotesi di incompatibilità potrebbe fungere da ulteriore incentivo all’incremento dell’attività di mero finanziamento] a sostegno di questo suo assunto, tenuto conto che dopo l’entrata in vigore della l. 124/17 non può avere un serio fondamento l’idea di “preservare dal capitale” un settore che, come la dispensazione al dettaglio del farmaco, è stato appena consegnato con tanto di fiocco-regalo proprio al… capitale!
Fatto sta che la Commissione ha scelto, come abbiamo visto ripetutamente, la soluzione più facile – con cui pertanto si rischia di dover in qualche modo fare i conti – dell’applicabilità di tutti i casi di incompatibilità a tutti i soci, farmacisti e non farmacisti, persone fisiche o società.
Certo, quale ne sia la ragione, il Tar Lazio ha appena operato – quanto all’incompatibilità “con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato” – il distinguo che si è visto tra soci farmacisti e soci non farmacisti e quindi non si può escludere che vada sostanzialmente allo stesso modo [cioè con il giudice amministrativo e/o quello costituzionale o comunitario che la pensi/pensino diversamente dalla Commissione Speciale] anche per quella “con la posizione di titolare, gestore provvisorio, ecc.”.
Per un approdo del genere, però, potrebbe occorrere anche molto tempo, mentre in questo momento Regioni/Comuni/Asl potrebbero anche contrastare e infine impedire – ma non v’è certezza neppure qui perché nella realtà gli uffici pubblici non la vedono tutti, almeno operativamente, come il CdS – la partecipazione di una società titolare di farmacia a un’altra società titolare di farmacia, magari richiamando semplicemente proprio gli assunti conclusivi della Commissione.
La vs. snc, allora, dovrebbe forse individuare prudenzialmente un’altra via che le consenta di mettere a frutto l’investimento che state progettando: ad esempio, potrebbe essere quella – previe opportune modifiche/integrazioni dell’oggetto sociale che naturalmente abbiano massima cura di non porsi in conflitto con l’“esclusività” imposta dalla legge della “gestione di una farmacia” – della costituzione di una srl uninominale di partecipazione o, meglio, di investimento, cosicché possa essere quest’ultima a partecipare come socio investitore alla sas [trasformata da par suo, come detto, in snc o srl].
È chiaro che si tratta di un iter che in astratto può rivelarsi egualmente utilizzabile per [tentare di] aggirare legittimamente anche altri ostacoli derivanti dalla stessa fonte, ma indubbiamente sono vicende da maneggiare comunque con grande attenzione, perché i pericoli possono non provenire soltanto dal divieto di “abuso del diritto”…

(gustavo bacigalupo)

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