Per i SOP e OTC che vendiamo sia online che nella farmacia, che obbligo abbiamo per quanto riguarda l’uguaglianza del prezzo? Il nostro Ordine dei farmacisti, in caso di prezzi diversi, vuole avviare procedimenti disciplinari
Dal “combinato disposto” dell’art. 5, comma 3, del Bersani 2006, dell’art. 32, comma 4, del Salvaitalia 2011 e dell’art. 11, comma 8, del Crescitalia 2012 (N.B. per comodità le tre disposizioni vengono qui allegate) discende un principio ben noto: le farmacie – e per sop e otc anche le parafarmacie – possono praticare “sconti” sui prezzi di tutti i farmaci venduti pagati direttamente dalla clientela dandone ad essa “adeguata informazione”.
Ma, viene precisato ulteriormente, lo sconto/prezzo – come sapete, è corretto parlare di “sconti” solo per medicinali di fascia A e di fascia C, per gli altri farmaci essendo ovviamente più appropriato “prezzi” – deve essere esposto in modo leggibile e chiaro al consumatore e inoltre “praticato a tutti gli acquirenti”, quindi in perfetto regime di par condicio tra loro.
Ora le modalità oggi previste e regolate dalla legge – e pertanto consentite – di cessione al pubblico di sop e otc sono la dispensazione al “banco” e il commercio elettronico (c.d. online), quest’ultimo disciplinato con rigore e dettagli dall’art. 112 quater del D.Lgs. 2192006, aggiunto dal D.Lgs. 17/2014, che lo definisce come “fornitura a distanza al pubblico… mediante i servizi della società dell’informazione”, mettendo però al tempo stesso fuori legge per tutti i farmaci qualsiasi utilizzo del c.d. marketplace [Amazon, e-Bay, ecc. per intenderci].
Abbiamo tuttavia già osservato in altre occasioni che, se per un sop o un otc una farmacia [o una parafarmacia] le adotta entrambe, una differenziazione tra i prezzi al consumatore può rivelarsi giustificata.
In questa evenienza, infatti, non essendo evidentemente configurabile – tra i clienti che acquistano un farmaco al “banco” e quelli che l’acquistano online – una par condicio con riguardo alle modalità di vendita/acquisto, dovrebbe cadere [venendo meno tale suo implicito presupposto] l’esigenza di par condicio tra loro anche con riguardo al prezzo praticato, sottesa nelle citate disposizioni di principio del Bersani e del Salvaitalia.
Proprio cioè la diversità delle due forme di distribuzione ci pare possa ragionevolmente spiegare e quindi legittimare – per quel medicinale – una diversità anche tra il prezzo applicato nell’una e quello applicato nell’altra modalità di vendita/acquisto, sdoppiandosi in questi casi l’offerta del farmaco in due offerte diverse che dovrebbero dunque poter essere diversificate anche quanto al prezzo praticato.
Queste stesse notazioni varrebbero, s’intende, anche nell’ipotesi – auspicabilmente lontana parecchi… anni luce – di estensione della facoltà per farmacie e parafarmacie di vendita di sop e otc anche mediante distributore automatico.
Del resto, apponendo quelle condizioni [adeguatezza e chiarezza dell’informazione ai consumatori, par condicio sui prezzi loro praticati] il legislatore ha inteso proteggere la clientela di farmacie [e parafarmacie] da comportamenti arbitrariamente discriminatori e per ciò stesso anche incentivanti l’acquisto/consumo di medicinali [che è di tutta evidenza l’effettivo interesse di rilievo pubblico che la norma vuole tutelare], ma sono condizioni che postulano una piena identità di situazioni per i consumatori che non è neppure proponibile tra chi acquista via web (o mediante una macchina) e chi acquista al “banco”.
Senza contare che la legittimazione del commercio elettronico di medicinali, come abbiamo visto, è successiva di alcuni anni al Bersani e al Salvaitalia, e però nel D.Lgs. 17/2014 non c’è minima traccia di una qualunque volontà del legislatore di equiparare – per gli aspetti che stiamo esaminando – la cessione online a quella al “banco”.
Secondo noi, in definitiva, nell’e-commerce i “listini” di sop e otc possono essere diversi da quelli della loro vendita al banco.
Sappiamo che le farmacie non la pensano tutte così [a differenza, a quanto pare, dell’autore del quesito…], ma certo è che il loro dissenso da tale interpretazione è se non altro l’indizio di una voglia di rendere meno selvaggia possibile la concorrenza tra loro, un desiderio apprezzabilissimo e soprattutto l’espressione di un’esigenza pienamente condivisibile.
E gli Ordini dei Farmacisti, sui quali “incombe” – anche se gli Ordini talvolta se ne dimenticano troppo disinvoltamente – il disposto del comma 4 dell’art. 40 del (nuovo) Codice deontologico [“E’ sanzionabile qualsiasi violazione di norme di leggi o regolamenti che disciplinano l’esercizio della professione di farmacista e il servizio farmaceutico ecc.”]?
Come vediamo, almeno l’Ordine cui si riferisce il quesito non sembra condividere la nostra idea e in questa eventualità potrà/dovrà avviare un procedimento disciplinare con il rispetto anche del macchinoso, pure se in parte necessario, “Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie” disposto dall’art. 4 della Legge Lorenzin.
E tuttavia – pur volendo prescindere dalla sempre minor diffusione che registra il commercio elettronico dei farmaci e trascurare gli abusi cui nell’e-commerce [magari con sponda su altri Paesi…] è dato talora assistere – a noi sembra che sotto il profilo deontologico le energie per questa specifica vicenda, che per la “salute” e lo stesso “buon governo” della categoria è più importante di quanto forse si possa credere, andrebbero impiegate particolarmente nel perseguire le varie forme di fidelizzazione [carta fedeltà, tessera argento, carta Sediva, ecc.] della clientela nella vendita al “banco” di sop e otc [ma qualche volta purtroppo anche di “etici”], che sono tutte sicuramente illecite e quel che è peggio di dimensioni crescenti.
(gustavo bacigalupo)
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