Mi pare ne abbiate parlato recentemente:il mio problema  è che talvolta per alcuni incassi l’importo dello scontrino non coincide con quello del POS,  perché il cliente paga una parte in contanti.  E’ corretto?

Non è una vicenda di per sé illecita ma si presta piuttosto frequentemente – almeno a giudicare proprio dal numero dei nostri interventi sull’argomento – ad alimentare qualche sospetto di evasione.
Quando, infatti, lo scontrino certifica un importo inferiore a quello indicato nella ricevuta rilasciata a seguito dell’operazione di pagamento elettronico, questa non corrispondenza può essere interpretata come presunzione di parziale mancata certificazione dei corrispettivi (incassi “in nero”,  in pratica).
Senonché, in primo luogo, nessuna norma prescrive che in caso di utilizzo della moneta elettronica il pagamento debba necessariamente riguardare l’intero corrispettivo certificato, essendo possibile evidentemente che, a fronte dell’emissione di un solo scontrino, il pagamento sia effettuato parte in contanti e parte tramite POS, o che, viceversa, un unico pagamento tramite POS sia certificato da più scontrini.
Inoltre, venendo al punto, come del resto recentemente sta riconoscendo anche la giurisprudenza, la non perfetta coincidenza dei due documenti – checché ne possa pensare il Fisco – non può valere di per sé a costituire una presunzione di evasione, se non corroborata da ulteriori indizi.
È inutile però aggiungere che, finché sulla questione non si sarà posto un punto fermo (verosimilmente   anche qui con l’intervento dei giudici di legittimità),  sarebbe opportuno, per quanto possibile, emettere via via gli scontrini fiscali in perfetta corrispondenza con i singoli pagamenti effettuati con carta bancomat.
Un suggerimento persino banale ma almeno da tener presente.

(stefano civitareale)

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