Ne stiamo parlando da parecchi giorni, ma l’importanza del tema e soprattutto i termini stretti a disposizione per scegliere di “passare” dalla contabilità semplificata alla contabilità ordinaria ci suggeriscono di tornare ancora una volta sull’argomento.
Rischiamo ovviamente di ripeterci fino alla noia, ma – come molti “semplificati” hanno già compreso – tutto induce a “passare” o a “tornare” alla contabilità ordinaria.
Intanto, ricordiamo ancora una volta che le farmacie con un fatturato fino a 700.000 euro l’anno al netto dell’iva possono – è vero – tenere o continuare a tenere la contabilità semplificata (mediante cioè l’utilizzo di registri, uno delle vendite e uno degli acquisti).
Senonché, anche per i “semplificati” – come per gli “ordinari” – il reddito è stato sinora determinato secondo il c.d. principio di competenza, considerando cioè le vendite realizzate nell’anno di riferimento, a prescindere se riscosse o meno, al netto delle spese per acquisto di prodotti e per le spese di gestione pure riferite allo stesso periodo d’imposta e anche se non effettivamente sostenute.
Fino cioè al corrente anno 2016, se, ad esempio, la farmacia “semplificata” ha venduto nell’anno per 500.000 euro (anche non riscossi) e acquistato merce (e/o sostenuto costi) per 400.000 euro (anche non pagati), il reddito imponibile ammonta a 100.000 euro, perché i movimenti finanziari fino a quest’anno non hanno avuto nessun rilievo ai fini della determinazione dell’utile imponibile.
Nella Legge di Bilancio 2017, invece, la contabilità semplificata va dal prossimo anno per cassa, quindi il reddito imponibile si ottiene dal 2017 sottraendo dalle somme effettivamente riscosse quelle effettivamente pagate.
Questo vuol dire che se, tornando a quell’esempio, la stessa farmacia riscuote nel 2017 dal SSN e dall’utenza pagante complessivi 500.000 euro e paga le fatture per merce (e altre spese) con una dilazione di 90 giorni, perciò per un importo, diciamo, di 350.000 euro, il reddito – determinato appunto secondo il principio di cassa – diventa improvvisamente di 150.000 euro, pertanto superiore, rispetto alla prima ipotesi, di 50.000 euro.
È facile allora concludere, come abbiamo osservato ripetutamente, che la contabilità semplificata (almeno) per le farmacie non può certo presentarsi come la migliore soluzione, perché ormai le Asl pagano quasi correntemente i farmaci dispensati agli assistiti dal SSN, mentre continuano ad essere consistenti le dilazioni nei pagamenti ai fornitori.
Bisogna perciò passare – almeno in linea generale – alla contabilità ordinaria per permettere il “ritorno” al principio di competenza, che mette in evidenza, come appena detto, ricavi e costi riferiti (cioè di competenza) all’anno d’imposta, a prescindere se riscossi o non riscossi, ovvero pagati o non pagati.
Ci sono comunque degli adempimenti da osservare e, in particolare, quello della redazione di una situazione patrimoniale della farmacia al 1/1/2017, mettendovi in evidenza i crediti e i debiti a tale data, per poi aver cura nel corso dell’esercizio annuale di contabilizzare anche tutti i movimenti finanziari inerenti all’attività.
Inoltre, attenzione, la contabilità ordinaria – differentemente dalla contabilità semplificata – può beneficiare dell’IRI, Imposta sul reddito d’impresa, che può permettere di risparmiare fino a 12 punti percentuali di imposte pagate, essendo l’aliquota dell’IRI pari al 24%, come ampiamente illustrato nella Sediva News del 28/11/2016.
E’ dunque urgente parlarne al più presto.
(franco lucidi)
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