Il nostro Ordine sta sollecitando i comuni a procedere alle revisioni delle piante organiche ma nella sua circolare non ha fatto nessun riferimento alla Regione.
Se fosse soltanto il comune a dover provvedere, possiamo rivolgere un’istanza al Consiglio per ampliare la sede che dovrebbe esserci ora assegnata nel secondo interpello del concorso straordinario, dato che nell’attuale zona non ci sono locali realmente disponibili? O dobbiamo rivolgerci alla Regione?

Il quesito ci ricorda di non aver avuto ancora occasione di soffermarci anche se brevemente sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 4525 del 27/10/2016 [qui allegata nel suo testo integrale], che è invece di notevole importanza e non solo “storica”.
A differenza infatti di quattro o cinque decisioni precedenti, in questa circostanza il Supremo Consesso – sgombrando una volta per tutte il terreno da qualsiasi residua incertezza – ha avuto agio (o, se si preferisce, ha trovato la forza e la voglia, dettate forse anche da un certo cambio generazionale all’interno della Sezione che pure ha perduto fatalmente qualcosa in termini di esperienza nel settore…) per passare finalmente in rassegna la sentenza della Corte Costituzionale n. 255 del 31/10/2013.
Come più di qualcuno probabilmente ricorderà, la Corte aveva ipotizzato – costruendo una tesi che almeno a noi parve sin dall’inizio priva di fondamento – un improbabile quanto macchinoso “doppio livello di governo” nel procedimento di revisione della p.o., attribuendo cioè alle Regioni sia la titolarità del procedimento, e quindi il potere di avviarlo, e sia la competenza all’adozione del provvedimento finale di revisione, riservando ai Comuni la mera localizzazione delle sedi di nuova istituzione.
La nostra posizione critica su questa tesi è stata illustrata ampiamente e più volte: chi ha interesse ad approfondire la vicenda potrà rileggere le Sediva News dell’8/11/2013 (“Una decisione della Consulta e una legge toscana: due provvedimenti diversamente discutibili”), del 27/6/2014 (“La “straripante” circolare del Lazio sulla prima revisione ordinaria delle p.o.”) e del 23/12/2015 (“La prima revisione ordinaria delle p.o. dopo il dl. Cresci Italia: scelte sbagliate della Regione Puglia”).
Ora, come accennato, il Consiglio di Stato aveva mostrato a più riprese di pensarla molto diversamente, affermando – senza autorizzare residui equivoci o perplessità interpretative – che ogni attribuzione in tema di revisione della p.o. [sia ordinaria che straordinaria, anche se qualche autore pensa tuttora di dover “salvare” la posizione della Corte almeno per una delle due fasi] è stata trasferita dall’art. 11 del decreto Cresci Italia ai Comuni e che poteri sostitutivi in caso di inerzia comunale sono stati conferiti alle Regioni una tantum cioè nelle sole revisioni straordinarie del 2012.
Ma in quelle occasioni – pur essendo per lo più già allora ben nota al CdS la costruzione della Consulta – il Collegio ne aveva sempre omesso una vera analisi, che invece giunge abbastanza puntuale e in termini univocamente critici in questa sentenza n. 4525/2016, che tuttavia non sembra dare mai l’impressione – e se ne possono evidentemente comprendere le ragioni – di voler calcare la mano più di tanto (“Ciò che in particolare non convince è il preliminare tentativo di tracciare un discrimine tra la nozione di localizzazione della farmacia e quella di sua istituzione”; e poi “Accertata l’inutilità di un momento decisionale ulteriore ed autonomo rispetto alla localizzazione, appare ecc.”: sono queste le due notazioni di maggior rilievo e, come si vede, pur non potendo lasciare dubbi sul loro significato, sembrano fin troppo rispettose degli assunti dei giudici costituzionali).
Dunque, alla luce di questo perfezionamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato, la sentenza della Corte resta ora definitivamente circoscritta – quanto all’efficacia –a Trento e Bolzano nelle quali pertanto le revisioni ordinarie della p.o. dovranno continuare a conformarsi ai principi enunciati dalla Consulta sulle rispettive norme provinciali e svolgersi secondo il “doppio binario” tracciato da quest’ultima.
Ma nelle altre 19 regioni, a statuto ordinario o speciale, sono di esclusiva competenza comunale, senza più alcun margine di incertezza, sia l’intero relativo procedimento che naturalmente il provvedimento finale, e questo deve valere quindi, in particolare, anche in Lombardia e in Puglia dove sinora i giudici amministrativi di primo grado avevano espressamente fatto proprie le considerazioni della Corte.
Senonché, mentre la Regione lombarda non ci pare abbia mai rivendicato formalmente funzioni superstiti in sede di revisione ordinaria [ma è stato il Tar milanese a pensarla così, tant’è che la decisione del CdS che stiamo commentando annulla proprio una pronuncia dei giudici lombardi su una misteriosa e stravagante vicenda riguardante il comune di Vidigulfo], quella pugliese, costantemente sostenuta dal Tar sia di Bari che di Lecce, si è invece sempre ritenuta – anche dopo il Cresci Italia – competente per l’avvio e la conclusione del procedimento di revisione anche ordinaria per “riservare” ai Comuni un’attribuzione circoscritta alla localizzazione delle sedi di nuova istituzione (ma andando talora anche oltre il “doppio binario” ed espropriando in qualche circostanza i Comuni perfino nella fase loro “riservata”).
Quale sarà allora la sorte dei provvedimenti di revisione già adottati dalla Giunta Regionale? Se impugnati tempestivamente, il loro destino sembra segnato, e anzi  è possibile che la posizione assunta ora dal CdS spinga anche il Tar Puglia nella stessa direzione.
È pure opportuno ribadire quel che abbiamo osservato anche recentemente: l’attribuzione in via esclusiva ai Comuni delle revisioni delle p.o. si risolve con tutta evidenza in un nuovo principio fondamentale introdotto dal legislatore statale, che come tale rende perciò caducate (di diritto) tutte le disposizioni regionali precedenti al decreto Cresci Italia (come quelle contenute nella l.r. Lombardia 33/2009) che si rivelino con esso contrastanti, e illegittime costituzionalmente quelle eventualmente emanate dal legislatore regionale successivamente al provvedimento di riforma, anche se per queste sarà comunque necessaria una pronuncia della Corte a seguito di un ricorso governativo o di un’ordinanza di rimessione di un organo giurisdizionale.
Oggi possiamo insomma contare se non altro su una certezza in più: l’intero procedimento di revisione pertiene esclusivamente al Comune, che deve però acquisire all’interno del procedimento i pareri (obbligatori ma non vincolanti) dell’Ordine e dell’Asl competenti, secondo un iter che, ad esempio, è ben delineato nell’art. 4 della l.r. Emilia Romagna n. 2 del 3/3/2016, una legge che, pur contenendo qualche sortita discutibile, dispone secondo noi brillantemente anche in tema di istituzione di dispensari permanenti sottraendola ai vincoli ormai insopportabili imposti dall’art. 6 della l. 362/91.
Il che vuol dire, rispondendo all’interrogativo centrale che pone il quesito, che è il Comune ad avviare ogni due anni [una cadenza peraltro che nessuno rispetta…] la revisione ordinaria della p.o., prospettando all’Ordine e all’Asl i criteri di localizzazione delle sedi neoistituende (ma anche eventuali semplici modifiche a quelle già istituite), con l’invito a formulare il loro parere al riguardo, anche se per la verità spesso i Comuni prediligono l’acquisizione preventiva dei due pareri per riservarsi poi di attenervisi o discostarvisi.
In ogni caso, però, quando il Comune scelga di localizzare sul territorio le nuove sedi (e/o modificare i confini delle altre) optando per soluzioni diverse da quelle indicate dall’una e/o l’altra delle due amministrazioni consultive, deve tendere il più possibile a motivare adeguatamente il provvedimento conclusivo di revisione, che – sempre secondo l’ormai consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato – è di competenza della Giunta e non del Consiglio, come invece Lei sembra credere.
In conclusione, come abbiamo visto, la Regione (e la circolare dell’Ordine che Lei ci ha sottoposto sembra ben fatta oltre che pienamente ortodossa) è del tutto estranea al procedimento, a meno che non  si pongano le condizioni – e non importa chi sia a evidenziarle – per l’istituzione di farmacie soprannumerarie nei porti, aeroporti, ecc., e/o il Comune non ritenga di istituire sedi per decentramento, anche se in quest’ultimo caso il problema delle attribuzioni non ci pare sia stato ancora esattamente delineato in giurisprudenza.
Ed essendo anche l’istruttoria interamente di competenza del Comune, voi potrete inoltrare proprio alla Giunta l’istanza di modifica della sede che sta per esservi assegnata, adducendo naturalmente [e corroborandole con esaustive e convincenti perizie giurate] le ragioni che la sostengono.
Comunque, proprio perché è la Giunta a dover decidere, il percorso potrebbe per voi rilevarsi forse meno complicato di quel che potrebbe sembrare, trattandosi d’altra parte di una vicenda che si sta presentando, com’era agevole prevedere già tre o quattro anni fa, con una certa frequenza.

(gustavo bacigalupo)

CDS 16.10.27 n. 4525 sent. (ALLEGATO)

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