Un articolo pubblicato su Farmacista33 il 19 ottobre u.s., che riporta abbastanza fedelmente il pensiero di chi scrive, ha suscitato – secondo le email che stiamo ricevendo – qualche interrogativo in ordine al problema laziale, ma in realtà ponendo anche una questione di carattere e interesse generale, che è la seguente: per procedere al secondo interpello (come per Lazio, Puglia e altre), o al terzo (Toscana e Piemonte), la Regione deve attenersi alla disposizione inserita in tutti i bandi che prevede vi siano riversate, in particolare, anche le sedi “non aperte entro 180 (centottanta) giorni dalla data di notifica dell’avvenuta assegnazione”, oppure può/deve avviarlo subito “dopo la scadenza del termine previsto per l’accettazione” e con riguardo alle sole “sedi non accettate”, come leggiamo nell’art. 11 del decreto Cresci Italia?

  • I testi

Così il comma 6 dell’art. 11 ora citato.
In ciascuna regione e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, la commissione esaminatrice, sulla base della valutazione dei titoli in possesso dei candidati, determina una graduatoria unica. A parità di punteggio, prevale il candidato più giovane. A seguito dell’approvazione della graduatoria, ad ogni vincitore sarà assegnata la prima sede da lui indicata in ordine di preferenza, che non risulti assegnata ad un candidato meglio collocato in graduatoria. Entro quindici giorni dall’assegnazione, i vincitori del concorso devono dichiarare se accettano o meno la sede assegnata. L’inutile decorso del termine concesso per la dichiarazione equivale ad una non accettazione. Dopo la scadenza del termine previsto per l’accettazione, le sedi non accettate sono offerte ad altrettanti candidati che seguono in graduatoria, secondo la procedura indicata nei periodi precedenti, fino all’esaurimento delle sedi messe a concorso o all’interpello di tutti i candidati in graduatoria. Successivamente, la graduatoria, valida per due anni dalla data della sua pubblicazione, deve essere utilizzata con il criterio dello scorrimento per la copertura delle sedi farmaceutiche eventualmente resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori di concorso, con le modalità indicate nei precedenti periodi del presente comma”.
Questo invece il testo dell’art. 11 del bando lucano che comunque, parola più parola meno, è egualmente presente dappertutto e sempre come art. 11.
Le sedi messe a concorso sono assegnate con le seguenti modalità:

  1. a) ad ogni vincitore è assegnata la prima sede da lui indicata in ordine di preferenza, che non risulti assegnata a un candidato meglio collocato in graduatoria;
  2. b) entro quindici giorni dall’assegnazione il vincitore del concorso deve dichiarare se accetta o meno la sede assegnata;
  3. c) l’inutile decorso del termine concesso per la dichiarazione equivale a una non accettazione;
  4. d) durante il periodo di validità della graduatoria, le sedi non accettate dopo la scadenza del termine di cui alla lett. b), quelle non aperte entro 180 (centottanta) giorni dalla data di notifica dell’avvenuta assegnazione della sede, nonché quelle resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori di concorso verranno assegnate scorrendo la graduatoria con le medesime modalità dei punti precedenti.

La giunta regionale provvede alla nomina dei vincitori assegnatari, il provvedimento è trasmesso al sindaco e alla Azienda Sanitaria competente per territorio, per gli adempimenti di competenza”.
Ci siamo già occupati del problema derivante da un’attenta comparazione tra le due diverse disposizioni, ma oggi è sicuramente diventato quanto mai attuale e merita quindi ulteriori notazioni.

  • Il secondo interpello nella legge

Stando al testo della seconda metà [che abbiamo sottolineato] del comma 6 dell’art. 11, come si vede, il secondo interpello – al pari dell’eventuale terzo, quarto, ecc. – deve riguardare certamente le sedi [inassegnate perché] “non accettate” (così definite dalla norma statale), ma anche, come ragionevolmente si deve dedurre, quelle diventate assegnabili ai secondi interpellati a seguito di mancate o carenti risposte al primo interpello.
Chi risponde cioè positivamente ed esaustivamente, non per questo accetterà senz’altro la sede assegnata perché – lo stiamo rilevando in tutti i concorsi – egli potrà far decorrere inutilmente il termine di quindici giorni, rendendo così tale sede subito “disponibile” per il secondo interpello, ma evidentemente comportando anche l’esclusione dell’interessato dalla graduatoria.
Ma anche nell’ipotesi in cui uno o più dei primi interpellati, concorrenti in forma singola o in forma associata, non rispondano all’interpello entro i prescritti cinque giorni dalla sua ricezione ovvero indichino un numero di sedi inferiore a quello della rispettiva posizione in graduatoria, oltre a restarne anche loro definitivamente esclusi, si renderanno automaticamente “disponibili” sempre per il secondo interpello un numero di sedi pari al numero di questi vincitori (anche implicitamente) rinunciatari.
Si tratta dunque di due diverse fattispecie che nel meccanismo legislativo implicano entrambe uno scorrimento delle sedi verso il basso, liberando cioè per i secondi interpellati un numero di sedi pari alla differenza tra il numero di quelle messe a concorso e il numero di quelle assegnate e accettate [attenzione: stiamo parlando di assegnazioni (ma in molti casi anche di accettazioni) soltanto provvisorie, perché poi seguono singoli provvedimenti regionali di assegnazione definitiva (spesso “determine”) a loro volta seguiti, come ad esempio in Emilia e nel Lazio, da accettazioni definitive dei relativi assegnatari].
Secondo pertanto il comma 6 dell’art. 11 del decreto Cresci Italia, tra le sedi offerte ai secondi interpellati non dovrebbero rientrare né quelle (ritenute anch’esse “disponibili”) “eventualmente resesi vacanti” per effetto dell’accettazione in forma individuale o associata – da parte di concorrenti che abbiano partecipato nella veste di titolari di farmacia rurale sussidiata o soprannumeraria – della sede assegnata a seguito del primo interpello, ma neppure “quelle non aperte entro 180 (centottanta) giorni dalla data di notifica dell’avvenuta assegnazione della sede” [come recita sub d) l’art. 11 del bando lucano ma sostanzialmente anche tutti gli altri bandi].
E questo perché all’assegnazione delle une e delle altre la Regione potrebbe/dovrebbe provvedere soltanto “successivamente”.
L’intento del legislatore statale sembra quindi quello di accelerare l’assegnazione delle sedi e perciò l’apertura delle farmacie, ed è a questo scopo che – tenendo naturalmente conto anche dell’efficacia solo biennale della graduatoria – scandisce tempi stretti per la chiamata del numero più alto possibile di concorrenti utilmente graduati, imponendo interpelli successivi non solo ravvicinatissimi tra loro ma riguardanti volta a volta esclusivamente le sedi resesi “disponibili” solo all’esito, per ogni tornata di interpelli, delle quattro fasi ben delineate nella legge (interpello, risposta all’interpello, assegnazione e accettazione), e di null’altro.

  • Il secondo interpello nei bandi di concorso

Tale rapida successione di interpelli dovrà continuare, sempre per il disposto di legge, “fino all’esaurimento delle sedi messe a concorso o all’interpello di tutti i candidati in graduatoria”, e solo allora, cioè “successivamente”, se ci sarà ancora spazio, potranno/dovranno essere offerte anche le sedi “eventualmente resesi vacanti a seguito ecc.”, mentre il comma 6 dell’art. 11 ignora ovviamente del tutto “quelle non aperte entro 180 (centottanta) giorni dalla data di notifica dell’avvenuta assegnazione della sede”, dato che nessuna disposizione statale ha mai contemplato una qualunque ipotesi di esclusione (dal concorso) o decadenza (dalla graduatoria) o revoca (dell’assegnazione) per mancata apertura entro un qualsiasi termine della farmacia relativa alla sede assegnata.
Come abbiamo visto, invece, i bandi optano per una misura significativamente diversa: lo scorrimento della graduatoria (verso l’alto), e quindi tutti gli interpelli successivi al primo, deve essere operato con l’offerta ai secondi (terzi, quarti, ecc.) interpellati dell’intero calderone di sedi che si ricava dal disposto (sopra riportato con sottolineatura) di cui sub d) dell’art. 11 dei bandi.
Ed è proprio da qui che i concorrenti ora in attesa di essere interpellati, temendo l’inutile compimento del biennio, possono trarre le ragioni delle loro preoccupazioni, rendendosi infatti ben conto che l’attesa dei 180 giorni – che è l’iter seguito da tutte le Regioni – può mettere in serio pericolo perfino l’espletamento dell’intera fase relativa al secondo interpello, e pregiudicare comunque in termini irreparabili ogni interpello successivo.

  • La dubbia legittimità delle disposizioni regionali

La criticità di massimo rilievo inerisce indubbiamente alla diversità dei due meccanismi, non potendo nessuno ignorare che un provvedimento amministrativo – come è il bando – deve essere conforme alla legge (perciò al dettato e/o alla ratio del precetto legislativo), pena la sua annullabilità dal giudice amministrativo.
Si può quindi – per scendere ora negli aspetti concreti di maggiore impatto di questa vicenda – considerare “conforme” al comma 6 dell’art. 11 del decreto Cresci Italia la previsione sub d) dell’art. 11 del bando e pertanto ritenere legittima la scelta, che comunque almeno finora è stata di tutte le Regioni, che decida (pur in aderenza alla disposizione del bando) di postergare l’avvio del secondo interpello anche all’avvenuto compimento dei 180 giorni?
È difficile rispondere affermativamente alla domanda, specie se si considera che – come ricordiamo da almeno quattro anni – questa dei 180 giorni è una clausola voluta in realtà dalla Regione Toscana, ma sul cui territorio (come anche su quello pugliese visto che qui la Puglia si è poi normativamente allineata alla consorella) è operante una specifica  disposizione regionale in tal senso, che rende dunque legittima la clausola soltanto però nel bando toscano (e in quello pugliese), mentre non è sicuro che possa rivelarsi tale anche quella omologa e dello stesso tenore che è stata inserita in tutti gli altri bandi.
Quindi, dovrebbero essere prima o poi sciolti dal giudice amministrativo sia il nodo della diversità dei due meccanismi che quello della legittimità della clausola dei 180 giorni, cosicché fino ad allora potrebbero gravare su qualche concorso e parecchi concorrenti (secondi o terzi interpellati) anche queste incertezze non da poco.

  • Le ulteriori complicazioni laziali

Le cose per giunta nel Lazio si complicano ancor più, perché, come sapete, qui la Regione concede nei fatti a tutti gli assegnatari definitivi 360 giorni invece di 180, azzerando in pratica qualsiasi possibilità di compiere il secondo interpello entro il biennio, anche se personalmente crediamo che in qualche “decreto Milleproroghe” il termine di due anni possa/debba almeno in extremis essere allungato a cinque o sei anni [diversamente, tra l’altro, il rischio di “sommosse” dei concorrenti diventerebbe molto serio…].
È peraltro di questi giorni la notifica agli assegnatari definitivi laziali di un ricorso al Tar proposto da alcuni dei concorrenti collocati successivamente al 271° posto della graduatoria, perché 271 sono stati i concorrenti primi interpellati, ma per il momento sono 200 le sedi assegnate restandone quindi per il momento “disponibili” 71.
Il ricorso mira alla sospensione delle “determine” laziali di assegnazione definitiva assumendo l’illegittimità dei 360 giorni visto che il bando ne prevede 180 [non ci sembra però che la censura sia fondata] e affermando l’interesse dei ricorrenti a non veder pregiudicata – per lo scavalcamento del biennio che deriverebbe nel caso in cui il Lazio attendesse la scadenza di tale maggior termine – la loro “interpellabilità”.
Inoltre, come riporta Farmacista33 nell’articolo ricordato all’inizio, qualche concorrente vorrebbe che le 71 sedi fossero offerte immediatamente nel secondo interpello, in linea cioè con la previsione della legge statale ma non con quella del bando.
Abbiamo però detto poco fa “per il momento”, perché è agevole prevedere che la recente (sciagurata) ordinanza del CdS contro la “duplice assegnazione” e qualche diversa “scelta di vita” di alcuni assegnatari suggeriranno a più di una compagine vincitrice di rinunciare all’assegnazione o anche, forse più verosimilmente, di far decorrere inutilmente l’intero periodo di 360 giorni.
Ne discenderebbe evidentemente – nel caso di un ritardato secondo interpello – un importante incremento tanto del numero che anche della “qualità” delle sedi offerte ai secondi interpellati [“può ridere di più chi ride ultimo”: ricordate?], altrimenti destinate ai terzi interpellati, e così via.

  • E allora?

E allora la domanda, nel Lazio come altrove, diventa questa: dato che – se la Regione adottasse il meccanismo della legge e procedesse a tamburo battente al secondo interpello – “disponibili” per i secondi interpellati sarebbero appunto, sempre secondo il disposto del comma 6 dell’art. 11 del decreto Cresci Italia, le sole sedi residuate dal primo che però potrebbero per ovvi motivi non rivelarsi particolarmente appetibili, per loro è  preferibile una tale soluzione oppure quella di un previo riempimento di quel calderone?
È chiaro che i 71 concorrenti laziali, se il biennio non verrà allungato, rischiano rebus sic stantibus di vedersi esclusi da qualsiasi interpello, e perciò possono comprensibilmente privilegiare il ben più celere meccanismo legislativo: di qui del resto il loro ricorso al Tar Lazio.
Ma nelle regioni dove invece la scadenza del biennio non è vicinissima, e la clausola dei 180 giorni è ferma al disposto del bando, i secondi “interpellandi” possono forse auspicare l’opzione del maxi-calderone che d’altronde, come detto, è quella sinora prescelta da tutte le Regioni.
Insomma, i concorsi straordinari riescono quasi miracolisticamente a non farsi mancar nulla, e purtroppo non sembra sia ancora finita.

(gustavo bacigalupo)

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