Nel caso in cui il titolare di una farmacia decide di donarla al figlio, dopo quanto tempo quest’ultimo può venderla?

L’art. 12, primo comma, della l. 475/1968 consente il trasferimento della titolarità della farmacia decorsi – come noto – tre anni dalla conseguita titolarità.
E nulla cambia in principio se la farmacia sia stata acquisita per donazione, come è vero del resto che neppure le disposizioni di settore prevedono la benché minima disposizione di segno contrario.
Senonché, qui è necessario coordinare le norme specifiche con la disciplina civilistica in materia di successioni (e donazioni).
In particolare, fino a quando non siano decorsi dieci anni dal decesso del donante, e quindi fino a quando non siano prescritti i termini per l’impugnazione della successione, i legittimari (che sono i c.d. eredi necessari, e si tratta del coniuge e dei discendenti in linea retta, ma in loro assenza – ricorrendone perciò i presupposti – possono esserlo anche gli ascendenti e/o i collaterali), se pretermessi dal testatore o comunque lesi nella loro quota di legittima, possono esperire l’azione di riduzione che, ai sensi degli artt. 553 e ss. del codice civile, ne permette il reintegro nella qualità di erede o il conseguimento della giusta quota spettante.
Tale azione si configura come un diritto irrinunciabile durante la vita del donante mentre, successivamente al decesso di quest’ultimo, diventa anch’essa rinunciabile (per di più a forma libera) e anzi, come chiarito dalla Corte di Cassazione nella sent. n. 1373 del 20/01/2009, l’azione può essere oggetto di rinuncia anche tacitamente, purché inequivocabilmente, occorrendo a tal fine un comportamento c.d. concludente dell’interessato che sia incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione.
Ma anche in presenza di una rinuncia (espressa o tacita, e però sempre successiva al decesso del donante) dei legittimari, permangono in astratto impedimenti alla cessione da parte del donatario del bene ottenuto per donazione, perché, attenzione, resta in ogni caso il rischio (ovviamente ineliminabile) che, prima della scadenza del termine di prescrizione decennale per l’esperimento dell’azione di riduzione, possa sopraggiungere un “nuovo” legittimario fino a quel momento ignoto (tipo un figlio nato in… Brasile che si “fa vivo” in prossimità magari della scadenza del decennio).
D’altra parte, è doveroso aggiungere per completezza che l’azione di riduzione non può essere paralizzata neppure dall’eccezione di usucapione ventennale perché, richiamando anche qui l’insegnamento della Suprema Corte (sent. 10333 del 19/10/1993), il diritto del legittimario è caducabile soltanto, come dicevamo, per effetto della prescrizione decennale ex art. 480 c.c.
Come Lei avrà rilevato, dunque, può rivelarsi nei fatti molto complicato cedere a un qualsiasi terzo un bene ricevuto per donazione (come nel Suo caso la farmacia), e non soltanto – com’è ovvio – quando il donante è ancora in vita, ma anche prima del decorso di dieci anni dall’apertura della successione.
È vero che il donatario può fornire al terzo garanzie adeguate, ma concretamente le trattative diventano (o possono diventare) lunghe e macchinose, senza contare che il terzo potrebbe far “pesare” tutte queste incertezze sul prezzo di acquisto, rendendo in definitiva eccessivamente onerosa per il cedente l’intera operazione.

(alessia perrotta)

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