Qualcuno forse ricorderà lo stato dell’arte di questa vicenda.
Per il TAR Piemonte e il TAR Puglia una sede inclusa nel concorso straordinario, che in fase di revisione ordinaria (già avviata o per inerzia della p.a. non ancora avviata) si riveli in soprannumero per effetto di un intervenuto decremento demografico,  non può essere espunta e perciò sottratta ai futuri vincitori – anche laddove non sia stata ancora assegnata e sia quindi priva di titolare – perché i concorrenti vi hanno fatto legittimo affidamento e le loro aspettative non possono pertanto andare deluse con la soppressione della sede.
Inoltre, per i giudici piemontesi (T.A.R. Piemonte,  n. 1571/2015), una sede messa a concorso è assimilabile a una sede già occupata, e come tale insuscettibile di soppressione.
Per il TAR Sardegna, invece, ma anche per il CdS – espressosi peraltro su questo punto soltanto in sede cautelare (con le ord. n. 3943, e 3944 e 4032 del 2014, e con le ord. n. 599, 600 e 601 del 2016, ma non con l’ord. n. 802 del 2016 per S. Severo) – le cose stanno diversamente, e non tanto e non solo perché tutti i bandi di concorso straordinario contenevano/contengono una clausola di salvaguardia (del tipo “il numero delle sedi e l’indicazione delle zone elencate nel bando potranno subire variazioni per l’effetto di successivi provvedimenti amministrativi o giurisdizionali”), quanto per la recessività dell’interesse del concorrente rispetto alla preminente esigenza pubblicistica di un assetto ordinato, e giuridicamente corretto, del servizio farmaceutico territoriale, quindi di una tempestiva, costante, ed esaustiva verifica della conformità del numero, della collocazione e della configurazione delle sedi rispetto alla consistenza e alla distribuzione sul territorio della popolazione del comune.
Il CdS,  in particolare, in una di quelle ordinanze (che, tra l’altro, hanno indotto il TAR Puglia, nell’ultimo provvedimento della sezione di Lecce, a modificare il precedente orientamento e aderire a quello tratteggiato dal CdS)  aveva rilevato che “l’indizione del concorso straordinario per l’assegnazione della sesta sede farmaceutica nel Comune di Valenzano non appare, di per sé, idonea ad escludere la doverosità della soppressione della stessa, in adempimento dell’obbligo imposto dall’art.11 del decreto legge n.1 del 2012 (convertito dalla legge n.27 del 2012) ed in coerenza con i parametri ivi stabiliti”.
Senonché, ora il Supremo Consesso ha deciso, respingendolo, l’appello proposto contro la citata decisione del TAR Piemonte facendo in sostanza un passo indietro, se non due, rispetto alla linea adombrata nei provvedimenti interinali.
Parliamo della sentenza n. 4085 del 4 ottobre u.s., che ha rigettato l’impugnativa dell’originario ricorrente (e appellante), che era naturalmente un titolare di farmacia che invocava la soppressione della sede diventata in soprannumero, recependo proprio alcune delle indicazioni dei primi giudici.
Non risulta erronea – afferma il CdS – la linea argomentativa della appellata sentenza del TAR, secondo cui la procedura di assegnazione era oramai sostanzialmente definita al momento del ricorso (non residuando ulteriori spazi di apprezzamento discrezionale in capo al Comune quanto alla scelta delle sedi da parte dei vincitori) e secondo cui, sull’implicito presupposto che vi era già stata la definitiva approvazione della graduatoria concorsuale, dal punto di vista della tutela delle aspettative dei partecipanti al concorso risultati vincitori, la sede messa a concorso ed a loro spettante era assimilabile ad una sede già occupata (come si era testualmente espresso il Tar Piemonte: ndr), quanto alla impossibilità di poter legittimamente procedere alla sua soppressione per sopravvenienze demografiche, avendo la previsione della sede in esame “già condizionato ed orientato le scelte imprenditoriali dei concorrenti”, cosicché la sua soppressione non sarebbe stata possibile “senza la lesione dei diritti di questi ultimi”, e considerando anche che l’art. 1 del bando di concorso non prevedeva affatto gli andamenti demografici fra le possibili cause di soppressione di una delle sedi bandite (ma qui la decisione sbaglia perché era vero il contrario: ndr)”.
Del resto, aggiunge il Collegio, bisogna tener conto in questi casi anche dell’interesse “della comunità all’apertura di una nuova sede farmaceutica in un’area ancora non direttamente servita, rispetto al mero ripristino della legalità (sic!) ed all’aspettativa alla limitazione del confronto concorrenziale da parte dell’appellante, che resta comunque dotato di un proprio bacino d’utenza differenziato da quello della nuova farmacia ricorrente, potendo casomai dolersi del calo demografico solo il soggetto assegnatario (?) della nuova sede, ad esempio ai fini della non accettazione”.
È vero che in questa fattispecie la sede contestata era stata già assegnata a un concorrente (anche se l’appello era stato notificato prima dell’assegnazione) e quindi non si può essere certi che il CdS ribadisca queste notazioni anche nei casi in cui, ad esempio, la graduatoria del concorso – al momento dell’istanza di revisione della p.o. e di soppressione della sede diventata soprannumeraria – non sia stata ancora approvata.
Ma la sensazione è che ci troviamo dinanzi a un orientamento destinato a consolidarsi proprio nel senso indicato in questa decisione, con la quale tuttavia – per le ragioni già illustrate in un’altra occasione (v. Sediva News dell’11/02/2016) – non possiamo convenire pienamente.

(gustavo bacigalupo)

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