Se la farmacia acquista una bicicletta elettrica per le consegne, è completamente detraibile?

L’argomento – già trattato peraltro nella Sediva News del 02/02/2012 – sta suscitando ultimamente un diffuso interesse, sia per una crescente sensibilità verso i problemi dell’ecologia, sia perché indubbiamente mezzi del genere, soprattutto nelle piccole città di provincia, si rivelano comodi ed economici.
Dunque, se per bicicletta elettrica intendiamo la bicicletta c.d. “a pedalata assistita”, che il Codice della strada (art. 50 del D. Lgs. 30/04/1992 n. 285) definisce come quelle “dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua di 0,25 KW la cui alimentazione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare”, la risposta sulla detraibilità del costo è affermativa.
Infatti, con tali caratteristiche il mezzo resta, in tutto e per tutto, una bicicletta (o, se si preferisce, un velocipede, per usare un termine tecnico) e non diventa quindi un ciclomotore, che invece è definito dall’art. 52 come il veicolo “a motore a due o tre ruote aventi le seguenti caratteristiche: a) motore di cilindrata non superiore a 50 cc, se termico; b) capacità di sviluppare su strada orizzontale una velocità fino a 45 Km/h” (a tale categoria appartengono, per intenderci, anche quelli elettrici, sia pure come “veicoli atipici” assimilati).
Questa precisazione è importante perché “alla vista” i due veicoli possono effettivamente sembrare molto simili, ma vi è una differenza sostanziale ai fini fiscali, dato che per le biciclette – anche “a pedalata assistita” – non operano le limitazioni alla deducibilità/detraibilità previste dagli artt. 164 T.U.I.R. e 19-bis1 del D.P.R. 633/72, rispettivamente per le imposte dirette e per l’iva, che si applicano invece, come sappiamo, alle autovetture, alle motociclette e ai ciclomotori, ivi compresi quelli elettrici assimilati (in tal senso vedi anche la circ. Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Centr. Affari giuridici e contenzioso tributario n. 48/E del 1998, Par 1).
Ne consegue che per gli oneri relativi a tali mezzi si applica il criterio generale dell’inerenza (art. 109 T.U.I.R per le imposte dirette e art. 19 D.P.R. 633/72 per l’Iva) per il quale notoriamente le spese sono deducibili ai fini delle imposte dirette, e detraibili ai fini iva, se e nella misura in cui si riferiscono ad attività da cui derivano o possono derivare ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito, ovvero effettuate nell’esercizio dell’impresa.
La corretta applicazione di tale principio postula quindi una verifica “realistica” in ordine all’effettiva afferenza del bene all’attività che, se non può essere negata in senso assoluto per veicoli del genere, deve però essere “temperata” a causa della natura strettamente personale del bene, per la quale sarebbe difficile o forse impossibile provarne – in caso di eventuali verifiche – l’utilizzo integrale per l’attività.
Ecco quindi che se la deducibilità delle spese riguardanti questi veicoli non soffre, contrariamente a quello che accade per autovetture, motociclette e ciclomotori, di alcun limite di costo, è pur vero che proprio la corretta applicazione del principio generale dell’inerenza impone una deducibilità limitata – quantificandone l’uso privato in una “salomonica” percentuale del 50% – delle relative spese considerando l’uso promiscuo (privato e aziendale) a cui inevitabilmente il mezzo andrebbe incontro.

(stefano civitareale)

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