Il 3 luglio scorso è entrata in vigore la legge di conversione 30 giugno 2016 n. 119 del d.l. n. 59 del 3 maggio 2016, che ha introdotto la figura del c.d. “patto marciano”: è un accordo per cui il debitore cede al creditore, che lo ha precedentemente finanziato, una sua unità immobiliare, sottoponendo tuttavia l’atto di cessione alla condizione sospensiva del mancato pagamento protratto per oltre nove mesi dalla scadenza:
– di almeno tre rate (se il finanziamento prevede il rimborso tramite rateazione mensile);
– di anche una sola rata (se previsto il rimborso con rate di scadenza superiori alla mensile);
– del rimborso previsto (quando non viene stabilita la restituzione rateale).
Il trasferimento immobiliare avrà pertanto efficacia soltanto se si realizza una delle condizioni sopraindicate.
Nell’ipotesi in cui, invece, il debitore adempia alla sua obbligazione, l’immobile tornerà nella sua sfera patrimoniale.
In ogni caso, il creditore che acquisti la proprietà dell’immobile sarà tenuto a versare al debitore la differenza tra l’ammontare del proprio credito e il valore del bene oggetto di garanzia.
Il “patto marciano” contemplato dalla nuova legge è dunque diverso dal “patto commissorio”, invece vietato dall’art. 1963 cod. civ..
La disposizione civilista ora citata stabilisce infatti che è nullo il patto ai sensi del quale le parti convengono il passaggio di proprietà dell’immobile dal debitore al creditore in caso di mancato pagamento del debito; effettivamente, la somiglianza tra i due accordi è sensibile ma ai nostri fini più che le similitudini dobbiamo sottolinearne le differenze.
Il “patto marciano” (da redigere con atto notarile), diversamente dal “patto commissorio”, prevede che in caso di variazione del valore dell’immobile (ad esempio, in aumento) il creditore debba corrispondere al debitore la differenza tra il valore del bene e l’importo del debito con le dovute spese di trasferimento; questo è un elemento importante dato che il “patto commissorio” non prevede tale eventualità e di qui la sua radicale e insanabile nullità.
Inoltre, si può intuire come quanto appena detto comporti dei vantaggi sia per il creditore che per il debitore: il primo, entrando subito in possesso del bene (sempre in caso, lo ribadiamo, di inadempimento del debitore), evita tutte le lungaggini e le incertezze dei processi esecutivi, mentre il debitore si può liberare dell’obbligazione ed eventualmente incassare una somma di denaro nell’ipotesi appunto di variazioni in aumento del valore dell’immobile.
Allo scopo comunque di evitare eventuali abusi di questo nuovo strumento, la legge prevede anche che:
– il creditore debba essere una banca (o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico ai sensi dell’art. 106 del d.lgs 385/1993);
– il debitore sia un imprenditore;
– il patto non abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore (o del coniuge o dei suoi parenti o affini entro il terzo grado);
– il contratto sia iscritto nei registri immobiliari al momento della stipula;
– il patto venga cancellato in caso di regolare rimborso del prestito da parte del debitore.
Vedremo nella pratica quanto questa soluzione possa essere nel concreto accettata dalle banche, perché francamente c’è da dubitarne.
(matteo lucidi)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!