L’associazione vincitrice della quale faccio parte è composta da me ed altri due colleghi e dovremmo essere assegnatari tra breve di una farmacia.
Gli accordi verbali intercorsi tra noi prevedono che uno dei soci lasci a me e al terzo associato la conduzione della nuova sede, fermo restando che lui riesca a conservare il suo posto da collaboratore presso la farmacia nella quale è attualmente occupato.
Ho ben chiara la situazione ma ho sentito dire da più parti che c’è la possibilità di continuare la collaborazione con una farmacia ricorrendo a un contratto di consulenza da libero professionista, aprendo una partita iva e fatturando al titolare le ore lavorate come collaboratore.
Lei ritiene plausibile questa soluzione?

Non c’è invece nessuna possibilità – per chi assuma la veste di socio in una società titolare di farmacia – di svolgere attività professionali, sia quale collaboratore dipendente che in veste di co.co.co. o di titolare di partita iva, per un’“altra farmacia” (a meno che non si tratti, aggiungiamo sommessamente, di prestazioni puramente e inequivocabilmente occasionali).
Al momento, infatti, questo è un impedimento assoluto perché così è previsto sub b) dell’art. 8 della l. 362/91.
E’ ben vero che, a seguito dell’entrata in vigore del ddl. Concorrenza, la griglia delle compatibilità dovrebbe interamente essere ridisegnata, e le ragioni le abbiamo illustrate più volte.
Ma è evidente che una tale ipotetica riconfigurazione – se mai qualcuno si prenderà la briga di affrontare una vicenda estremamente complessa come questa – tarderà parecchio e quindi sicuramente non potrà nei fatti esservi di alcun aiuto non permettendovi in ogni caso di realizzare le Vs. intese che pertanto, a meno che non intendiate rinunciare all’assegnazione, dovrete tentare di raggiungere su ben altre basi e comunque non compatibili con il proponimento del terzo associato di continuare a svolgere una qualunque attività di collaborazione con una farmacia diversa da quella sociale.
Può darsi, attenzione, che la conclusione possa essere diversa laddove nel vostro caso la titolarità della farmacia sia riconosciuta a favore non della società formata tra i co‑vincitori, ma congiuntamente/disgiuntamente a nome e favore di questi ultimi, che notoriamente è la tesi adottata dall’Emilia e ora fatta propria anche dal Lazio.
È inutile rammentare la nostra ferma contrarietà a questa impostazione (che d’altra parte continuiamo a non credere possa essere condivisa dal Consiglio di Stato), ma certo è che – se finirà inopinatamente per prevalere la tesi della contitolarità o titolarità pro quota – anche il sistema delle incompatibilità potrebbe assumere sembianze diverse, perché gli impedimenti frapposti al socio dall’art. 8 della l. 362/91 non sono tout court estensibili al titolare individuale e quindi neppure ai “contitolari”.
Ma almeno questo è un tema che riteniamo e ci auguriamo evidentemente di non dover affrontare, perché sui tanti versanti dei concorsi straordinari la carne al fuoco delle questioni già insorte è ormai da tempo in quantità industriale.

 (gustavo bacigalupo)

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