Mio padre è deceduto da poco e vorrei qualche ragguaglio sulle modalità di “sblocco” dei conti correnti bancari di cui era intestatario.

Con il decesso di una persona i suoi beni patrimoniali (tra i quali le giacenze bancarie) vengono trasferiti ai chiamati che accettano l’eredità.
Alla morte del cliente l’istituto di credito provvede al “congelamento” di tutti i rapporti in essere non consentendo più alcuna operazione. Inoltre, proprio in conseguenza del decesso del titolare del conto, si estinguono anche tutti i poteri di firma che questi aveva eventualmente concesso a terzi quando era in vita, e quindi da quel momento chiunque fosse stato delegato ad operare sul conto corrente non potrà più effettuare alcuna operazione.
Sarà dunque necessario presentare alla banca una copia della dichiarazione di successione, sempre che non sussistano le condizioni di esonero da quest’obbligo (poiché in tal caso gli istituti di credito richiedono usualmente una dichiarazione in tal senso da parte di un coerede in duplice copia, essendo poi tenuti a trasmetterne una all’Agenzia delle Entrate), unitamente  ad una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che identifichi gli eredi.
La legittimazione degli eredi a disporre delle somme depositate nel c/c del de cuius si atteggia comunque diversamente secondo l’intestazione del conto.
Se, infatti, il conto corrente era intestato unicamente al deceduto, gli eredi, una volta accettata anche tacitamente l’eredità, possono disporne liberamente.
Se vi sono più eredi – tutti contitolari del conto – ciascuno potrebbe prelevare la propria quota indipendentemente dal consenso degli altri; tuttavia il principio si scontra nella realtà con la prassi degli istituti bancari che, al fine di evitare ogni responsabilità, sono per lo più orientati a sbloccare il conto soltanto in presenza e con l’accordo di tutti gli eredi.
Merita una particolare menzione il caso del conto corrente intestato soltanto al de cuius quando questi era tuttavia coniugato in regime di comunione legale dei beni.
L’art. 177 c.c. dispone al riguardo che cadono in comunione sia i frutti dei beni personali, sia i proventi dell’attività separata dei coniugi non consumati al momento dello scioglimento della comunione (e il decesso di uno dei coniugi è naturalmente una delle vicende che comporta di diritto lo scioglimento); pertanto il coniuge superstite, ove in regime di comunione legale con il de cuius, potrà beneficiare del 50% del conto corrente del defunto e questo a prescindere dagli altri eredi.
La banca dovrebbe quindi consentire che il coniuge superstite disponga della metà delle giacenze del conto senza concorrere con gli altri eredi, che potranno invece iure successionis individuare la rispettiva quota solo sul residuo.
Il caso del conto corrente cointestato congiuntamente col defunto e con una o più persone presenta invece maggiori criticità: in tale ipotesi cadrà in successione solo la quota che spetta(va) al defunto.
Ma se prevedeva firma congiunta, il conto dovrebbe restare bloccato sino alla certa identificazione degli eredi legittimi che agiranno sul conto congiuntamente agli altri co-intestatari; nel caso di firme disgiunte, invece, non essendo necessaria una pluralità di firme per poter operare sul conto, il cointestatario potrà legittimamente, oltre che gestire la propria quota, anche operare su quella astrattamente riferibile al defunto.
Anche qui, però, bisogna fare sempre i conti con la banca, che potrebbe non essere d’accordo e mantenere il blocco sul c/c per evitare, in particolare, il pericolo (del resto tutt’altro che infrequente) di vedersi coinvolta in liti interne tra gli eredi e gli altri intestatari, e ciò anche a dispetto della giurisprudenza in materia secondo la quale, a fronte di un rapporto cointestato a firma disgiunta, potenzialmente sarebbero legittimati ad operare per l’intero tanto il cointestatario superstite quanto gli stessi eredi.
E’ insomma opportuno, in definitiva, effettuare al più presto una ricognizione delle modalità di intestazione e tenuta dei conti correnti bancari caduti in successione e, soprattutto, degli orientamenti gestionali a tale proposito adottati da ciascuna banca presso la quale i rapporti sono detenuti.

(stefano civitareale)

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