E’ tempo di dichiarazioni fiscali ed è quindi opportuno – anche per soddisfare le numerose richieste in questo senso – fornire un sintetico quadro di cosa cambia o può cambiare nel pagamento delle imposte personali per coloro che affrontano, magari per la prima volta, da separati e/o divorziati gli obblighi dichiarativi.
Per brevità indicheremo come “ex-coniuge” sia quello separato che quello divorziato, specificando, ove necessario, le opportune differenze.
Assegni di mantenimento
Per l’ex-coniuge obbligato le somme corrisposte a titolo di assegno di mantenimento – per l’importo determinato dalla sentenza – costituiscono un onere deducibile per i soli versamenti periodici. Le somme versate in un’unica soluzione non sono deducibili a meno che non costituiscano arretrati, cioè un’integrazione degli assegni periodici corrisposti in anni precedenti.
E’ deducibile anche il c.d. contributo casa, cioè quanto corrisposto per il pagamento del canone di locazione e delle spese condominiali dell’alloggio del ex-coniuge. In assenza di disposizione espressa del giudice, se nell’immobile in locazione convivono sia l’ex-coniuge che i figli, la deduzione ammessa è pari al 50%.
Sono infine deducibili anche le somme versate a titolo di adeguamento Istat, a condizione che questo sia specificatamente indicato nella sentenza di separazione e/o divorzio e/o annullamento del matrimonio.
Per l’ex-coniuge che lo percepisce, poi, l’assegno costituirà per il relativo importo reddito assimilato al lavoro dipendente da indicare in dichiarazione.
Rimborsi da 730 congiunto.
Per gli ex-coniugi viene meno, naturalmente, anche la possibilità di presentare un 730 congiunto.
Il rimborso percepito a fronte di un credito Irpef risultante da una precedente dichiarazione congiunta verrà attribuito pro-quota a ciascun ex-coniuge e a tal fine la separazione legale o il divorzio dovrà essere comunicato all’Agenzia delle Entrate.
I familiari a carico
E vediamo cosa cambia per i familiari a carico.
I figli possono essere considerati a carico dei genitori soltanto se producono un reddito complessivo lordo annuo non superiore a 2.840,51 euro, anche se non conviventi. Il che, beninteso, vale anche dopo la separazione o il divorzio dei genitori.
La detrazione spetta normalmente al 50% a ogni genitore, ma – in caso di separazione legale, o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio – bisogna distinguere se vi sia o meno accordo tra gli ex-coniugi.
Nel primo caso (accordo) la detrazione spetta: a) nella misura del 50% a ciascuno dei genitori ovvero b) nella misura del 100% al genitore che abbia il reddito complessivo di ammontare più elevato.
Nel secondo caso (disaccordo), invece, la detrazione compete a) nella misura del 100% al genitore affidatario in modo esclusivo, ovvero b) nell’ipotesi di affidamento congiunto o condiviso, nella misura del 50% a ognuno dei genitori affidatari.
Tuttavia, quando il genitore affidatario o (in caso di affidamento congiunto) uno dei genitori affidatari abbia un reddito tale da non consentirgli di usufruire in tutto o in parte della detrazione, questa viene attribuita per intero all’altro genitore, a prescindere dal reddito complessivo di quest’ultimo; in questo caso, il genitore che ha beneficiato dell’intera detrazione dovrà riversare all’altro un importo pari all’intera detrazione o, in caso di affidamento congiunto, al 50% della detrazione stessa, sempre fatto salvo un diverso accordo.
Si tenga presente che anche il coniuge effettivamente e legalmente separato (ma non quello divorziato) può essere considerato come “altro familiare a carico”.
Le spese sostenute per i figli
Per gli oneri sostenuti in favore dei figli (spese mediche, di istruzione, assicurazioni, ecc.) gli sconti fiscali competono, di regola, al genitore di cui essi risultano a carico. Ma vale pur sempre la regola dell’effettivo sostenimento della spesa che consente ai genitori – in sede di dichiarazione dei redditi – di ripartire queste spese in percentuale diversa tra loro secondo, appunto, l’effettiva percentuale di sostenimento.
La casa familiare
Generalmente, la casa familiare viene assegnata a uno solo dei coniugi, indipendentemente dall’effettiva quota di proprietà personale. Se l’immobile cointestato viene assegnato ad un solo coniuge – ma anche nel caso in cui sia interamente intestato ad un coniuge e venga assegnato all’altro coniuge – entrambi possono continuare a dichiararlo come principale usufruendo della relativa deduzione dal reddito purché, per il coniuge che abbia trasferito l’unità abitativa, questa continui ad essere l’abitazione principale dei suoi figli.
A questo fine, però, sempre il coniuge che abbia trasferito l’immobile non deve risiedere in altra unità di sua proprietà dato che in tale evenienza questo diverrebbe automaticamente la sua abitazione principale.
Detrazioni interessi per mutuo acquisto abitazione principale
La detrazione degli interessi passivi sul mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione principale spetta all’intestatario del contratto di mutuo anche se l’immobile è adibito ad abitazione principale di un suo familiare. Tale è – ricordiamolo ancora – anche il coniuge separato fino a quando non interviene la sentenza di divorzio, mentre in quest’ultimo caso la detrazione compete ancora all’ex-coniuge che ha trasferito la dimora abituale purché, anche qui, l’immobile sia abitato dai suoi familiari come, ad esempio, i figli.
Imu e Tasi
Infine, le imposte comunali: sappiamo bene che, in caso di separazione e/o di divorzio, il versamento delle imposte municipali sull’ex-casa coniugale spetta (ormai) al coniuge assegnatario.
(stefano civitareale)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!