Mi riferisco alla Vs. news del 5/4/2016 su pubblicità e informazioni sanitarie e vorrei perciò sottoporvi questo manifesto per conoscere il Vostro pensiero, tenendo conto che l’Ordine sembra orientato a contestarne il contenuto.

 

Per la verità, guardando proprio al contenuto del manifesto inviato, non sembra pertinente tornare sulla differenza tra “informazione sanitaria” e “pubblicità”, che del resto per la farmacia ha un confine sottilissimo, visto che sia l’una che l’altra devono essere rese “nel rispetto dei principi di correttezza, veridicità e non ingannevolezza” (art. 20, primo comma, Codice Deontologico).

L’assunto è chiaro: la farmacia non è un supermercato (absit iniuria…) e la tutela della materia trattata (la salute) non consente in nessun caso messaggi ingannevoli, blandizie, promesse di rimedi miracolosi, ecc.

Tuttavia, tornando al manifesto, ribadiamo l’impressione iniziale: il messaggio che vi figura parrebbe aver poco a che fare con i due “tormentati” concetti, dato che si limita ad informare il pubblico sull’ubicazione e sul recapito telefonico dell’esercizio, sugli orari di chiusura e apertura durante il fine settimana, sull’istituzione di due nuovi servizi ‑ peraltro non citati – e sulla disponibilità di un parcheggio; le stesse immagini riproducono l’interno della farmacia con l’équipe (presumibilmente) al completo e l’adiacente parcheggio, senza comunque indugiare sulla confezione di alcun prodotto (medicinale e non) né su alcuna immagine pubblicitaria.

Insomma, non di informazione sanitaria o di pubblicità si dovrebbe parlare, ma soprattutto di “comunicazioni”, quelle cioè previste nel quinto comma dell’art. 20 del Vs. Codice (“E’ conforme alle norme deontologiche rendere noti al pubblico elementi conoscitivi, veritieri e corretti [di nuovo!] relativi ai servizi prestati, ai reparti presenti nella farmacia, nonché ai prezzi praticati”); e per tali “comunicazioni” – differentemente dalla pubblicità – non c’è alcun obbligo di trasmissione del loro contenuto all’Ordine di appartenenza, appunto perché un’attività meramente informativa di questo genere sembra quasi per definizione “conforme alle norme deontologiche” e non dovrebbe quindi necessitare di verifiche, certamente non preventive, da parte degli organi disciplinari.

Non comprendiamo dunque appieno le ragioni su cui l’Ordine professionale muove e fonda le sue contestazioni.

(stefano civitareale)

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