Le quattro (per il momento) tesi contro la duplice assegnazione, ma…
Da quel che si rileva in questi giorni, sembrano aver rinvenuto
improvvisamente nuove energie i sostenitori delle tesi contrarie
all’assegnazione di due farmacie in due diversi concorsi a favore della
stessa compagine, o dello stesso farmacista che vi abbia partecipato in due
formazioni diverse, ovvero individualmente in un concorso e in forma
associata nell’altro.
La sensazione tuttavia è che queste tesi siano state affermate e ora,
guarda caso a ridosso dei vari traguardi, quasi rinvigorite, per
convincimenti più che altro ideologici e/o di politica di categoria,
perché, con tutto l’impegno possibile, non siamo riusciti in tutto questo
frattempo a cogliere da qualche parte notazioni sul piano giuridico di
autentico sostegno di queste posizioni, e anzi l’impressione, tutt’altro
che piacevole, è che si preferisca aderire acriticamente a un qualsiasi
assunto che possa tradursi di per sé, o comunque condurre in un modo
qualunque a una conclusione contraria alla “doppia assegnazione” come si
trattasse di un nemico da abbattere a ogni costo.
▪ I – La contitolarità
Abbiamo letto, ad esempio, che un funzionario ministeriale ha voluto
ricordare in un convegno molto recente che il Min. Salute è tuttora ben
fermo sulla contitolarità, nonostante il silenzio assordante per oltre tre
anni nel corso dei quali – non potendo certo ignorare le critiche levate da
più parti contro quell’idea – gli uffici del Dicastero avrebbero dovuto
avvertire perlomeno l’opportunità se non la necessità di riaffermarla o
ribadirla adeguatamente anche all’esterno dei corridoi ministeriali,
tentando magari anche di irrobustirla come indubbiamente avrebbe meritato
un parere così di rottura espresso nel novembre 2012 in pochissime righe.
Del resto, e almeno qui nessuno può aver dubbi, l’ipotesi plastica e
forse suggestiva, ma al tempo stesso un po’ bizzarra, di una
(con)titolarità della farmacia (in capo ai concorrenti) separata dalla
gestione dell’esercizio (in capo invece alla società tra loro costituita),
oltre a porsi in evidente rotta di collisione con il principio fondamentale
della indissociabilità di titolarità e gestione di una farmacia, è
grandiosamente disallineata rispetto all’assetto normativo in atto, che
ancor oggi – nonostante i cospicui interventi del dl. Crescitalia sul
sistema previgente – ascrive in termini non equivoci la titolarità della
farmacia ad un farmacista in forma individuale oppure a una società
personale tra farmacisti, senza lasciar neppure intravedere la
configurabilità di un tertium genus di cui comunque non c’è traccia neppure
nel ddl. Concorrenza.
Il vero è, come abbiamo osservato più volte in questi quattro anni, che
l’Ufficio legislativo del Ministero, temendo che un ostacolo
all’acquisizione di diritto dell’idoneità, da parte di un candidato che
consegua la titolarità di una farmacia concorrendo insieme ad altri,
potesse derivare dal disposto del comma 2 dell’art. 7 della l. 362/91
(“…sono soci della società farmacisti… in possesso del requisito
dell’idoneità previsto ecc.”), e non rendendosi conto che la soluzione
stava e sta appunto nel comma 7 dell’art. 11, aveva escogitato il
superamento di tale supposto impedimento riconducendo forzosamente anche i
concorrenti in forma associata nella disposizione dettata per il solo
titolare in forma individuale (il secondo comma dell’art. 12 della l.
475/68), per abbozzare infine questa ipotesi interpretativa fondandola
dichiaratamente sull’assunto che il comma 7 dell’art. 11 avrebbe regolato
“una fattispecie del tutto nuova” condizionando la “titolarità… al
mantenimento della gestione associata da parte degli stessi vincitori, su
base paritaria, ecc.”, quando invece questa è una prescrizione che vive di
vita propria e non può in sé considerata, cioè nell’assoluto silenzio delle
numerose altre disposizioni dell’art. 11, postulare l’innesto nel sistema
di una tacita norma in deroga [e che deroga…] ai due ricordati principi
portanti dell’assetto normativo in vigore.
Ma da allora, come detto, di contitolarità nessuno ha più parlato
esplicitamente, anche se molti concorrenti in forma associata, soprattutto
per l’autorevolezza della fonte, ne hanno tenuto, talora inavvertitamente,
qualche conto nelle loro scelte, differentemente però dalle Regioni che
infatti (a parte l’Emilia Romagna, di cui diremo) in questi primi mesi di
assegnazioni di farmacie nei concorsi straordinari – sorprendendo anche
noi, perché temevamo diversamente – hanno preso (Liguria, Piemonte e
Toscana) e stanno prendendo (Lombardia, Lazio, Molise e Umbria la cui
graduatoria è stata appena pubblicata) meritoriamente le distanze da questa
idea, e allo stesso modo si sono orientati e si stanno orientando comuni e
asl, rilasciando i provvedimenti di autorizzazione all’esercizio di
farmacie a nome e favore delle società come tali formate tra i covincitori,
guardandosi bene quindi dall’investirne personalmente, congiuntamente e/o
disgiuntamente, questi ultimi.
▪ II – L’autorizzazione unica pro indiviso
Ai vincitori in forma associata l’autorizzazione all’esercizio della
farmacia verrà rilasciata “unica pro indiviso”: questo il dictum della
Giunta regionale emiliana, come certamente è noto.
Partendo da notazioni diverse rispetto alla nota ministeriale del
23.11.2012, la deliberazione della G.R. emiliana n. 2083 del 14.12.2015
cede alla suggestione di raccontare cos’è il sistema farmacia in Italia,
lasciandosi andare a enunciazioni descrittive indubbiamente condivisibili,
ma egualmente valide per sostenere su un piano generalissimo una qualsiasi
costruzione giuridica.
Ma niente vi è detto che possa corroborare quel dictum che si risolve
pertanto in una vera petizione di principio perché da per dimostrato
proprio quel che invece deve essere dimostrato, e cioè che l’art. 11 –
ammettendo a partecipare ai concorsi straordinari anche farmacisti in
associazione tra loro – abbia in effetto, anzi in principio (?), inteso
immetterli nel sistema soltanto come persone fisiche, esattamente come vi è
immesso il farmacista che consegua una farmacia in forma individuale.
Quindi, “nel caso di concorso di più professionisti in gruppo,
l’autorizzazione eventualmente vinta verrà rilasciata unica pro indiviso, e
ad essa verrà applicata la regola che la stessa “è strettamente personale e
non può essere ceduta o trasferita ad altri. E’ vietato il cumulo di due o
più autorizzazioni in una sola persona”, per ciò intendendosi anche la
persona “fisica” formata in modo plurimo (?????) cioè in gruppo”.
Anche la Giunta, come il Ministero, richiama però a conforto (?) della
tesi il comma 7 dell’art. 11 e in particolare il vincolo per 10 anni [che
il dl. Concorrenza sta riducendo a 3] che vi è contemplato, che tuttavia,
come detto, di per sé non può provare alcunché di diverso da quello che si
ricava dal tenore letterale della disposizione, e dunque trarne un
qualunque significato ulteriore sembra un’operazione straordinariamente
apodittica.
E però la Giunta esercita il suo ruolo che va evidentemente ben oltre
quello, modesto e circoscritto, di un parere ministeriale, e perciò siamo
costretti a leggere le numerose e inquietanti enunciazioni su cui la
deliberazione regionale – coerentemente con la sua tesi aprioristica – si
sofferma nel prosieguo a tutto campo.
In sintesi, il vincitore in forma associata di una sede emiliana sarebbe
un titolare della farmacia al pari e insieme agli altri componenti della
compagine, tutti portatori pro quota o pro indiviso del diritto di
esercizio, ma per ciò stesso ognuno di loro pienamente equiparato a un
titolare in forma individuale, con tutte le conseguenze – lucidamente
delineate dalla Giunta – che vedremo meglio tra un momento, ma che, lo
anticipiamo, sono le stesse che derivano dalla contitolarità, e d’altronde,
se prescindiamo dal vocabolario, la tesi emiliana e quella ministeriale si
rivelano nella sfera di operatività perfettamente equivalenti, perché
ambedue implicano (quella emiliana anzi l’afferma espressamente)
l’inaccettabile applicazione anche agli assegnatari in forma associata del
divieto di cumulo di titolarità sancito nell’art. 112 TU.San. soltanto per
il farmacista uti singulus, un divieto inoltre che il legislatore
riformista – se avesse inteso, come si vuole a ogni costo immaginare,
introdurre un terzo modo di essere titolari di farmacia [quello
congiunto/disgiunto o pro quota/pro indiviso tra più farmacisti] – non
avrebbe avuto grandi difficoltà ad estendere espressamente anche ai
vincitori in forma associata.
Insomma, l’una e l’altra tesi, per noi come per la gran parte degli
osservatori, sembrano mere ipotesi basate giuridicamente sul poco o sul
nulla e ambedue quindi destituite di fondamento, anche se sta ora arrivando
in loro soccorso l’accennata riduzione da 10 a 3 degli anni di segregazione
per i vincitori in forma associata, perché verosimilmente non mancherà chi
vorrà invocare questo intervento legislativo a sostegno dell’equiparazione
di costoro al titolare in forma individuale, ricordando che è appunto 3
anni il tempo minimo di conservazione della titolarità oltre il quale gli è
permessa la cessione della farmacia.
Ma staremo a vedere se e quanto potrà pesare quest’annunciata novella
legislativa.
▪ III – Il “fine di favorire l’accesso alla titolarità delle farmacie
da parte di un più ampio numero di aspiranti”
Abbiamo già rilevato in numerose altre circostanze che da questo incipit
dell’art. 11 del dl. Crescitalia – curiosamente del tutto ignorato sia dal
Ministero che dalla Giunta emiliana – il Consiglio di Stato potrebbe,
all’esito conclusivo degli inevitabili giudizi, trarre il convincimento che
quella finalità di fondo enunciata nel provvedimento di riforma non
consenta comunque che un farmacista possa per la via dei concorsi
straordinari conseguire due farmacie e che dunque impedisca l’assegnazione
di due esercizi in due diversi concorsi a una stessa compagine, come pure a
uno stesso farmacista che vi abbia partecipato in due formazioni diverse,
ovvero individualmente in un concorso e in forma associata nell’altro.
Senonché, il comma 7 dell’art. 11 ammette i concorrenti – per la prima (e
unica?) volta nella storia – a partecipare “ai concorsi per il conferimento
di sedi farmaceutiche” anche “per la gestione associata”, e sembra quindi
esattamente questa la misura che il dl. Cresci Italia ritiene in quanto
tale adeguata al raggiungimento del “fine di favorire l’accesso alla
titolarità ecc.”, perché è chiaro che l’assegnazione di una farmacia a
un’associazione formata da due, tre o quattro farmacisti si traduce di per
sé nell’accesso alla titolarità di “un più ampio numero di aspiranti”,
senza che si avverta la necessità di accentuare ulteriormente questo
“numero” distaccandosi – anche qui nel silenzio, attenzione, dell’art. 11 –
dal sottoinsieme normativo, ricavabile agevolmente dal confronto tra il
testo originario e quello attuale dell’art. 7 della l. 362/91, che consente
sicuramente al farmacista uti socius di partecipare a più società titolari
di farmacie.
Abbiamo d’altra parte osservato ripetutamente che, se l’art. 11 del dl.
Cresci Italia ha testualmente circoscritto a due soli concorsi la
partecipazione di un farmacista, in forma singola o associata, non è stato
per un puro accidente, ma ha rispecchiato la precisa scelta legislativa –
non contro, ma coerentemente con quel fine enunciato nell’incipit dell’art.
11 – di limitare a due anche il numero delle farmacie conseguibili dai
partecipanti ai concorsi straordinari.
Però, con questa ulteriore precisazione: se è un farmacista
individualmente a raggiungere il duplice obiettivo, egli dovrà scegliere
perché prescrittogli proprio dall’art. 112 del T.U.San.; ma se è una
formazione multipla, il sistema permette a ciascun componente, sin dal d.l.
Bersani del 2006, di partecipare liberamente ad ambedue le società
assegnatarie, e anche, senza vincoli numerici o territoriali, a tutte le
altre che vorrà.
E poi, ancora una volta, se avesse inteso impedire anche ai partecipanti
in forma associata il doppio risultato, l’art. 11 avrebbe dovuto quantomeno
farvi un cenno o se non altro indurre l’interprete a trarre altrimenti ma
univocamente un tale impedimento, senza contare che – ove questa fosse
stata davvero la ratio legislativa – sarebbe stato molto più ragionevole
consentire la partecipazione a tutti i 21 concorsi!
▪ IV – La tesi pugliese
Nella Sediva news del 03.03.2016 [“Il primo no di una Regione (Emilia
Romagna) alla tesi pro-rurali – L’impennata (neppure troppo suggestiva)
della Puglia contro la duplice assegnazione”] abbiamo illustrato brevemente
come l’amministrazione regionale pugliese non sia in principio contraria
alla “duplice assegnazione”, come le tre tesi esaminate sin qui, ritenendo
invece che la lett. e) dell’art. 12 o, secondo i bandi, dell’art. 13
(“mancanza di uno dei requisiti di cui all’art 2 emersa successivamente
all’interpello”) comporti l’esclusione dalla graduatoria anche a carico di
chi, dopo la pubblicazione della graduatoria, abbia, ad esempio, acquisito
la quota di una società titolare di farmacia urbana per via negoziale o
magari (per quel che più ci interessa in questa sede) a seguito di un altro
concorso straordinario.
La posizione regionale sarebbe cioè la seguente: se è vero che un
farmacista socio di una società titolare di farmacia non rurale sussidiata
(o non soprannumeraria) non può partecipare al concorso, egli deve essere
escluso dalla graduatoria (anche) se tale condizione viene a investirlo
dopo la pubblicazione di questa o, come leggiamo nei bandi, dopo
“l’interpello”.
Perciò, quando una stessa compagine assume – in qualunque modo, quindi
anche a seguito di un altro concorso straordinario – la titolarità di una
farmacia rurale sussidiata o soprannumeraria [vicenda astrattamente
configurabile perché nei concorsi sono confluite sia le tante sedi
neoistituite come pure quelle “vacanti” di vecchia istituzione, e tra
queste ultime alcune figurano come “rurali sussidiate” o “soprannumerarie”]
per la Puglia nulla quaestio, perché il possesso, pur sopravvenuto, di una
quota di società titolare di un esercizio con tali caratteristiche non ha
fatto perdere neppure per un momento ai coassociati una delle condizioni di
ammissione e/o partecipazione al secondo concorso.
In tale evenienza, perciò, la Puglia emetterebbe a favore di quella
compagine il provvedimento di assegnazione definitiva anche della sede
pugliese da essa conseguita.
Se invece, quel che ovviamente si sta verificando all’esito dei primi
interpelli (nei secondi e terzi potrà andare anche andare in modo diverso),
l’assegnazione nel primo concorso ha riguardato o riguarda una sede non
rurale sussidiata né soprannumeraria, per la Puglia si concreterebbe, come
accennato, la causa di esclusione dalla graduatoria prevista sub e)
dell’art. 12 o 13 dei bandi.
Nella Sediva News appena citata abbiamo già espresso il nostro avviso di
segno contrario anche a questa tesi, il cui rigetto deve passare
soprattutto – è necessario ribadirlo – per l’interpretazione più ortodossa,
perché più aderente allo stesso significato logico-letterale, del disposto
sub e) [“mancanza di uno dei requisiti di cui all’art. 2 emersa
successivamente all’interpello”], tenendo anche ben presente che per il
“requisito” di “non aver ceduto la propria farmacia negli ultimi dieci
anni” è la stessa prescrizione, che lo prevede sub 6) dell’art. 2 del
bando, a precisare di seguito che “tale condizione deve permanere fino al
momento dell’assegnazione della sede farmaceutica”.
Se, cioè, il compendio regolatorio del concorso avesse inteso
prescrivere, a pena di esclusione dalla procedura o dalla graduatoria, la
permanenza in capo al concorrente – per tutto il tempo che va dalla data di
scadenza del termine di presentazione della domanda e “fino al momento
dell’assegnazione della sede farmaceutica” – di tutti i requisiti indicati
nell’art. 2, compreso pertanto quello negativo del “non essere” socio di
una società titolare di farmacia rurale sussidiata o soprannumeraria, non
avrebbe evidentemente avuto alcuna difficoltà a innestare quella
precisazione a chiusura dell’art. 2, invece di circoscriverla alla sola
condizione prevista sub 6).
Insomma, ubi lex voluit ecc.
Ci rendiamo conto che stiamo abusando parecchio della pazienza e delle
comprensibili difficoltà di lettura di queste note per chi si è arrischiato
a esaminarle, e d’altra parte non è certo la prima volta che vi chiediamo
uno sforzo supplementare; il fatto è che il tema è molto complesso, ma
anche di grandissima importanza e può valere quindi la pena soffrire un po’
per tentare di farsi qualche idea più articolata e consapevole su quel che
potranno essere i responsi della giurisprudenza, fermo naturalmente che
nessuno può avere la verità in tasca.
Tornando alla tesi pugliese, l’interpretazione logico-letterale del
disposto sub e) dell’art. 12 ci pare dunque conduca alla conclusione che si
tratti di una causa di esclusione destinata a colpire soltanto il
concorrente (e perciò l’intera compagine di cui egli faccia parte) privo –
già prima della conclusione della fase subprocedimentale che si esaurisce
con l’approvazione della graduatoria – di una condizione o di un requisito
di partecipazione, per il quale tale “mancanza”, però, “emerga
successivamente all’interpello”, anche perché non va dimenticato che dopo
la pubblicazione della graduatoria inizia una diversa fase
subprocedimentale (interpelli, risposte agli interpelli, assegnazioni,
accettazioni, assegnazioni definitive) in cui le condizioni e i requisiti
di partecipazione non dovrebbero contare più o, meglio, rilevare nella
misura in cui possano porsi come condizioni e/o requisiti per il rilascio
della titolarità.
Questa lettura del disposto sub e) così strettamente fedele al dato
testuale, del resto, ci pare rafforzata – oltre che da un’attenta disamina
degli scenari più o meno disastrosi che sotto vari aspetti deriverebbero
dal trionfo della tesi pugliese – anche da un’interpretazione di puro
diritto amministrativo quando si ricerchi la migliore risposta a questa
domanda: da quando e fino a quando il concorrente deve possedere e/o
continuare a possedere i requisiti e le condizioni di ammissione e/o di
partecipazione al concorso?
1) Alla data di scadenza dei termini di presentazione della domanda, e
non oltre?
2) Ovvero, da quella data a quella di pubblicazione della graduatoria, ma
non oltre?
3) O, infine, da quella data a quella di rilascio della titolarità?
Noi propendiamo per la risposta sub 2) e ne abbiamo già spiegato le
ragioni in precedenza, ma non disdegneremmo certo l’ipotesi sub 1),
ricordando tra l’altro che in tal senso – perlomeno a proposito della
cancellazione medio tempore del concorrente dall’Albo professionale – si
sono espresse alcune regioni, e in particolare proprio l’Emilia Romagna,
anche se allora non ci trovammo d’accordo con questo avviso, ricevendo al
riguardo qualche email di protesta.
Se però la migliore risposta di diritto amministrativo – particolarmente
per il Consiglio di Stato, dove è inevitabile alla fine approdare – fosse
quella sub 3), la “duplice assegnazione” sarebbe fatalmente compromessa, a
meno che, com’è intuitivo, il giudice si fermi nell’indagine molto prima e
si attesti alla mera interpretazione logico-letterale ragionando come noi
(e come l’amico collega milanese che, almeno lui, è dello stesso nostro
avviso, e quindi se non altro siamo in due a pensarla allo stesso modo…),
perché in tal caso per i farmacisti due volte vincitori la vicenda si
risolverebbe manifestamente “a monte” in termini favorevoli.
▪ I vari scenari
Come accennato, l’ambito delle conseguenze applicative – beninteso,
nell’ipotesi di una loro condivisione da parte del giudice amministrativo –
delle quattro tesi contrarie alla “duplice assegnazione” illustrate finora
è naturalmente lo stesso, ed è il più ampio e penalizzante possibile, per
quel che riguarda le tesi I e II, mentre è diverso e più ridotto per la
tesi III e ancora minore per la IV.
Passiamo perciò in rassegna i diversi scenari.
Tesi I e II
a) Chi ha partecipato nella veste di titolare di farmacia rurale
sussidiata o soprannumeraria, decade comunque di diritto ex art. 112 T.U.
accettando la sede nel primo concorso ma poi decade comunque per la stessa
ragione anche da quest’ultima se accetta la sede nel secondo concorso, e
questo indipendentemente che vinca l’una o l’altra da solo o in
associazione, considerati gli assunti insiti nella tesi ministeriale e in
quella emiliana.
b) Chi ha partecipato nella veste di socio di titolare di farmacia rurale
sussidiata o soprannumeraria, e consegue una sede nel primo concorso, deve
cedere comunque la partecipazione attualmente posseduta perché
incompatibile ex art. 8 lett. b) l. 362/91, e però, se poi accetta anche
una sede nel secondo concorso, decade ex art. 112 T.U. (sempre per il
Ministero e la Giunta emiliana) ma per ciò stesso fa decadere anche i suoi
“contitolari” nella prima sede per violazione del comma 7 dell’art. 11 del
dl. Crescitalia (asserito obbligo per tutti i “contitolari” – e non per la
società tra loro costituita cui sarebbe riconducibile la sola gestione
dell’esercizio – di conservare la titolarità in forma associata per almeno
10 o 3 anni).
c) Chi ha partecipato in forma associata quale farmacista non titolare e
non socio, entra nello stesso quadro ora delineato nella seconda parte del
punto b).
d) Nessun “contitolare” può infine acquisire – quantomeno per 10 o 3 anni
[poi chissà?] – una qualsiasi partecipazione in altre società, neppure in
via successoria, potendo in tal caso soltanto conservare individualmente la
farmacia o la quota del de cuius, ma nella mera veste di erede, per il solo
tempo previsto nell’art. 7 della l. 362/91.
Tesi III
e) Chi ha partecipato nella veste di titolare di farmacia rurale
sussidiata o soprannumeraria, decade di diritto ex art. 112 T.U. se nel
primo concorso vince una farmacia individualmente, ovvero – se la consegue
in forma associata – deve rinunciare alla titolarità della farmacia da lui
posseduta ex art. 8 lett. b) della l. 362/91 se vuole partecipare alla
società con i suoi sodali; se poi consegue individualmente una farmacia
anche nel secondo concorso, non può accettarla pena l’esclusione dalla
società e la conseguente decadenza di questa dalla titolarità ai sensi del
comma 7 dell’art. 11, mentre, se vince anche la seconda in forma associata,
egli dovrà scegliere se accettarla (perdendo la prima insieme agli altri
partecipi) ovvero rinunciarvi.
f) Chi ha partecipato nella veste di socio di titolare di farmacia rurale
sussidiata o soprannumeraria, e consegue una sede nel primo concorso, può
formare la società con i coassociati senza perdere l’attuale partecipazione
sociale; e se vince una sede anche nel secondo, ferma la conservazione
dell’attuale partecipazione sociale, dovrà scegliere se accettarla
(perdendo anche qui la prima insieme agli altri partecipi), ovvero
rinunciarvi.
g) Chi ha partecipato in forma associata quale farmacista non titolare e
non socio, formerà la società per la farmacia conseguita nel primo concorso
e sceglierà come detto sub f) nel caso di assegnazione di una seconda
farmacia.
h) Via libera invece per tutti gli assegnatari in forma associata
all’acquisizione – anche durante i 10 o i 3 anni – di una partecipazione
sociale, senza vincoli di numero e territorio, in una qualsiasi altra
società.
Tesi IV
i) Chi ha partecipato nella veste di titolare di farmacia rurale
sussidiata o soprannumeraria, come nel caso sub e) decade di diritto ex
art. 112 T.U. se nel primo concorso vince una farmacia individualmente,
ovvero – se la consegue in forma associata – deve rinunciare alla
titolarità della farmacia da lui posseduta ex art. 8 lett. b) della l.
362/91 se vuole partecipare alla società con i coassociati; e però,
attenzione, in ambedue i casi viene escluso (e con lui tutta la compagine)
dalla procedura e/o dalla graduatoria del secondo concorso, a meno che
(come ha preferito comportarsi la Puglia, senza tuttavia alcun fondamento
normativo) non venga messo nelle condizioni di scegliere tra le due sedi.
l) Chi ha partecipato nella veste di socio di titolare di farmacia rurale
sussidiata o soprannumeraria, e consegue una sede nel primo concorso, può
anche qui formare la società con i coassociati senza perdere l’attuale
partecipazione sociale; se vince una sede anche nel secondo, ferma la
conservazione dell’attuale partecipazione sociale, dovrà scegliere come nel
caso sub i) se accettarla (perdendo anche qui la prima insieme agli altri
partecipi), ovvero rinunciarvi, a meno che anche la sede conseguita nel
primo concorso non sia rurale sussidiata o soprannumeraria perché in tal
caso conserverà tutte e tre le partecipazioni.
m) Chi ha partecipato in forma associata quale farmacista non titolare e
non socio, formerà la società per la farmacia conseguita nel primo concorso
e, nel caso di assegnazione di una seconda farmacia, potrà essere messo
nelle condizioni di scegliere come detto sub l), a meno che anche la sede
conseguita nel primo concorso non sia rurale sussidiata o soprannumeraria.
n) Come sub h), anche qui – fermo quanto detto sub i), l) e m) – via
libera per tutti gli assegnatari in forma associata all’acquisizione, anche
durante i 10 o i 3 anni, di una partecipazione sociale, senza vincoli di
numero e territorio, in una qualsiasi altra società.
▪ Conclusioni
Come si vede, specie se consideriamo che nei tempi di espletamento le 21
procedure concorsuali sono chirurgicamente ben disallineate tra loro, se
alla fine dovesse aver successo una delle tesi contrarie alla “duplice
assegnazione” assisteremmo (a parte le intuitive difficoltà di vederla nel
concreto applicata in tutti i concorsi) a gravi e irrimediabili perdite di
chances di intere compagini e/o di singoli loro componenti, le une e gli
altri costretti magari in tempi molto dilatati a scelte ormai troppo
onerose.
Coloro però che sin dall’inizio o in ultim’ora (e sono questi i più
numerosi perché costituiscono una moltitudine che imprevedibilmente si va
ogni giorno di più infittendo) si sono schierati contro la “duplice
assegnazione”, invocando particolarmente la ricordata finalità espressa
nell’incipit dell’art. 11, o perfino richiamando fantomatici princìpi di
etica, equità o cose del genere, dovrebbero anche darsi carico di spiegare
come si possa giustificare disinvoltamente – in assenza di una benché
minuscola previsione dell’art. 11 o di una qualunque disposizione del bando
– che Tizio, avendo partecipato con Caio e Sempronio al concorso lombardo e
al tempo stesso con Rossi e Bianchi a quello laziale, possa cagionare,
formando con Caio e Sempronio la società titolare della farmacia lombarda,
l’esclusione dalla graduatoria laziale [tesi IV e forse tesi III] della
compagine associativa con gli ignari e incolpevoli Rossi e Bianchi, ovvero,
formando con Rossi e Bianchi la società titolare della farmacia laziale,
cagionare la decadenza [tesi I e II e forse tesi III] anche degli ignari
Caio e Sempronio dalla titolarità di quella lombarda.
Una conseguenza di tale macroscopica gravità, a tacer d’altro, si
porrebbe per di più in violazione del principio di tutela del legittimo
affidamento che Rossi e Bianchi, e/o Caio e Sempronio, possono
ragionevolmente aver riposto sulla riconducibilità dell’esito (per loro)
del concorso laziale o lombardo a cause strettamente inerenti alla relativa
procedura comparativa e quindi alla gara laziale o lombarda in sé, perché
nessuna delle regole di quel concorso ne riconnette i risultati a vicende
ad esso estranee o men che meno riferibili a una procedura diversa.
Abbiamo voluto soffermarci un momento su questa specifica fattispecie,
comunque tutt’altro che infrequente, perché sorprendentemente un panorama
del genere non sembra turbare più che tanto i sostenitori del “contro” per
i quali infatti tali vicende possono tranquillamente risolversi in sede
giudiziaria, trattandosi a ben guardare di banalissime cause civili tra
improvvidi o sfortunati partecipanti in forma associata.
Ma, tornando a noi, e superato – noi crediamo che si supererà –
l’ostacolo della Giunta emiliana (che interessa evidentemente solo chi
abbia partecipato anche a quel concorso) e perciò verosimilmente anche
l’ostacolo ministeriale [tesi I e tesi II], sarà dunque necessario andare
oltre anche l’intoppo pugliese [tesi IV], che invece coinvolge un’infinità
di concorrenti, e poi ineludibilmente verrà pure il momento di affrontare
in sede giurisdizionale, dove prima o poi arriverà, la questione della
“duplice assegnazione” in quanto tale [tesi III].
Forse ci vorrà un anno o poco più, ma in fondo sono passati appena…
quattro anni da quando tutto ebbe inizio…
Per il momento, buona lettura (magari a rate) ma soprattutto buona Pasqua
a tutti, e ci rivedremo il 4 aprile.
(gustavo bacigalupo)