Il ricorso al Tar contro la delibera della Giunta emiliana e la questione
delle sedi di Reggio E. – Riparte il concorso pugliese – QUESITO
Vorremmo sapere a che punto è il ricorso contro la deliberazione emiliana
che sta mettendo in pericolo la nostra partecipazione ad un altro concorso
ormai vicino agli interpelli.
Abbiamo però letto che anche le 6 sedi di Reggio Emilia avrebbero dovuto
essere offerte agli interpellati senza considerarle sub judice, perché già
al momento della delibera il ricorso per quelle sedi era stato respinto.
▪ Concorso Puglia
Prima un cenno doveroso alla procedura pugliese, che può infatti ora
riprendere il suo corso dato che ieri il Tar barese – con ord. n. 109 del
23/2/2016 – ha rigettato l’istanza di sospensione (definitiva) della
graduatoria per la parte riguardante le due sedi di Francavilla, ritenendo
prevalente – nella comparazione degli interessi in ballo – “quello della
Regione alla definizione del concorso straordinario per l’assegnazione
delle sedi farmaceutiche, atteso che l’eventuale assegnazione, nelle more
della definizione del giudizio, delle sedi qui controverse avverrebbe
comunque con riserva”.
Partiranno quindi da un giorno all’altro le assegnazioni definitive delle
sedi, comprese le due di Francavilla, a meno che il gioco delle mancate
risposte agli interpelli e/o delle successive rinunce non abbia finito per
impedirne nel concreto l’assegnazione ai primi interpellati.
Naturalmente, nonostante l’ordinanza del Tar, ambedue le sedi restano
tuttora sub judice nel senso ormai a tutti noto, continuando a gravare su
di esse la pendenza dell’originario ricorso contro la loro istituzione.
▪ Concorso Emilia Romagna
Passando ora al quesito, che pone dunque due questioni riguardanti il
concorso emiliano,
è chiaro che la tesi (generata dalla grande fantasia giuridica della
Giunta) della titolarità “pro quota” o in “comunione indivisa” – se non
viene quanto prima sconfessata dal giudice amministrativo – può continuare
ad avere riflessi gravemente pregiudizievoli per le aspettative, e per le
scelte da operare in tempi strettissimi, di chi abbia partecipato anche ad
altri concorsi.
Nella Sediva news del 26/1/2016 abbiamo fatto qualche cenno a due delle
tante e sciagurate vicende che – nel “vigore” della delibera emiliana –
potrebbero ragionevolmente trovar corpo molto presto, e per comodità
riportiamo quanto scritto in quell’ occasione.
“La prima si risolve in questi interrogativi: come potrà/dovrà
atteggiarsi, nelle altre regioni, l’amministrazione (Comune o Asl)
competente al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio della farmacia,
quando si troverà di fronte – perché assegnatari di una sede nel concorso
straordinario bandito nel territorio regionale di appartenenza – più
farmacisti uno dei quali, o tutti loro, siano stati immessi nel diritto
di esercizio di una farmacia emiliana quali co-titolari o titolari pro
quota, e per ciò stesso equiparabili a titolari in forma individuale?
Dovrà forse cioè quell’amministrazione tener conto dell’inoppugnabilità
del provvedimento del comune emiliano (se ovviamente medio tempore non
sospeso o annullato dal Tar) e dunque – escludendo evidentemente una sua
pur minima condivisione della tesi della GR (perché altrimenti, udite
udite, quell’amministrazione avrebbe gioco facile nel richiamarsi tout
court all’art. 112 TU.San.) – essere costretta a negare il rilascio della
titolarità all’associazione vincitrice, perché composta da uno o più
titolari di farmacia, come tali incompatibili ex art. 8 l. 362/91 con lo
status di socio da assumere nella società di persone tra loro costituita?
Temiamo che il diritto amministrativo imponga sciaguratamente una
risposta affermativa, aberrante finché vogliamo.
La seconda vicenda da richiamare brevemente è quella dell’incompatibilità
– come ulteriore conseguenza applicativa della tesi ministeriale/emiliana
– del possesso di una quota sociale (non importa se la farmacia è rurale
o urbana) con la “posizione di titolare” della farmacia conseguita per
concorso in forma associata.
Né il Ministero, né la Giunta, hanno affrontato direttamente [ma se lo
saranno posto il problema?] questa specifica questione e però ne abbiamo
parlato noi ripetutamente: se il vincitore in forma associata assume la
contitolarità o la titolarità pro quota dell’esercizio assegnato, non c’è
dubbio che la sua “semi-perfetta” riconducibilità alla categoria dei
titolari di farmacia in forma individuale gli comporta l’incompatibilità
prevista sub b) dell’art. 8 della l. 362/91.
E quindi: o egli non partecipa e/o comunque si sottrae all’assegnazione
in forma associata, facendo così decadere dalla procedura l’intera
compagine [con tutto il finimondo che potrebbero muovere a carico del
“reprobo” i suoi sodali], oppure, se vuole accettare la sede con i
coassociati, deve fare i conti con il Comune e/o l’Asl competenti
territorialmente per la società cui attualmente partecipa, nel senso che
– condividano o non condividano la tesi della contitolarità, e siano o
non siano amministrazioni emiliane – l’Asl e/o il Comune adotteranno [id
est: dovranno adottare] a carico della società stessa, appunto per la
sopravvenuta incompatibilità di quel farmacista con lo status di socio, i
gravi provvedimenti di cui al comma 3 dell’art. 8.
Come peraltro è anche possibile naturalmente che l’Asl e/o il Comune
condizionino il rilascio della titolarità a favore dei covincitori (o
della società tra loro costituita) alla previa cessione della quota da
parte di quel farmacista. Ma cambierebbe poco.
Potremmo insistere nell’arduo tentativo di srotolare l’intricato gomitolo
di questa matassa ormai grottesca, perché molto più numerose e
altrettanto nefaste potranno rivelarsi le fattispecie concrete che
insorgeranno, ma ci dilungheremmo oltre ogni limite di sopportazione per
chi leggerà queste note, e bisogna piuttosto augurarsi che il ricorso al
Tar Emilia, che sta per essere proposto contro la deliberazione giuntale,
possa essere definito rapidamente, come d’altronde le nuove regole sul
processo amministrativo potrebbero anche permettere”.
Continuando il discorso di allora, l’impugnativa al Tar Emilia è stata
effettivamente proposta da alcune compagini assegnatarie e il ricorso
potrebbe essere discusso nella fase cautelare già nel mese di marzo, ma è
auspicabile che in tale circostanza i giudici bolognesi si convincano a
definire direttamente il giudizio con una sentenza in forma semplificata
(c.d. breve).
Del resto i presupposti indicati nell’art. 60 del cpa sussisterebbero,
perché si tratta in realtà di risolvere una questione di puro diritto per
la cui definizione, una volta “accertata la completezza del contraddittorio
e dell’istruttoria” (agevole in questo caso da verificare), il Tar deve
quindi semplicemente decidere se quella tesi ha o non ha un fondamento
giuridico.
Se i giudici opteranno per la sentenza breve – però, visti certi precedenti
bolognesi, questo è purtroppo tutt’altro che sicuro, tanto più che la
Regione potrebbe in ogni caso sempre contrastare in udienza la richiesta –
non disperiamo in una rapida decisione di accoglimento del ricorso nel
merito o, in subordine, dell’istanza di sospensione della delibera che
tuttavia, guardando ai suoi effetti pratici sulle fasi successive alle
assegnazioni definitive, non sarebbe certo la stessa cosa.
Diversamente, si rivelerà necessario trasferire la vicenda al Consiglio di
Stato.
Quanto alle 6 sedi reggiane, figuravano nell’Elenco n. 2 allegato alla
stessa deliberazione di Giunta del 14/12/2015 e in ordine ad esse il
provvedimento indicava trattarsi di sedi sub judice ritenendo ancora
pendente il ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione contro la decisione
del Consiglio di Stato che aveva comportato l’inclusione anche delle 6 sedi
nel concorso straordinario.
Ora, alla data della delibera le Sez. Unite avevano però già rigettato (con
sentenza pubblicata il 24/11/2015) il ricorso, liberando quindi
definitivamente le sedi da qualsiasi peso o gravame, ma – pur essendo stata
la Regione parte nel giudizio dinanzi alla Suprema Corte – nessuno
curiosamente ne aveva dato notizia agli uffici della Giunta, quel che
avrebbe evidentemente consentito di escludere subito le 6 sedi dall’elenco
di quelle sub judice e permettere dunque agli interpellati di farvi
affidamento senza riserve o timori di alcun genere.
C’è indubbiamente qualche profilo di responsabilità regionale in questa
storia, ma è difficile per gli interpellati delusi dall’assegnazione
percorrere la strada giurisdizionale (ricorso straordinario al Capo dello
Stato) o quella amministrativa (istanza di autotutela alla Regione), perché
ognuno dei tre elenchi allegati alla delibera reca nel titolo una
precisazione/avvertenza (“ricognizione conclusa nel mese di ottobre 2015”)
che almeno per le sedi di Reggio sembra porre la Regione al riparo da
qualsiasi iniziativa anche giudiziaria.
Piuttosto, ed è una notazione personale, anche uno studente all’ultimo anno
di giurisprudenza – se interpellato da un vincitore fortemente interessato
a una delle 6 sedi – non avrebbe avuto grande difficoltà a rassicurarlo
circa l’esito di quel temerario ricorso in Cassazione, che non per nulla ha
visto condannato il ricorrente (il Comune di Reggio E.) al pagamento delle
spese processuali per oltre 10.000 euro, denaro pubblico perciò gettato
alle ortiche per il perseguimento di un obiettivo manifestamente
irraggiungibile da parte di un ente pubblico titolare già di parecchie
farmacie e voglioso di incrementarne il numero a ogni costo.
Anche i vincitori interpellati in altri concorsi caratterizzati da sedi
indicate sub judice avrebbero fatto/farebbero comunque bene – prima di
escludere o porre in secondo piano quelle sedi rispondendo agli interpelli
– a sentire almeno qualche laureando in legge, perché non sono poche le
sedi che quasi ictu oculi figurano sub judice solo sulla carta.
Ma probabilmente, scottati da tutto quel che hanno visto e stanno vedendo,
i concorrenti temono ormai anche l’acqua tiepida.
A tutto beneficio, come abbiamo osservato molte volte, dei secondi, terzi o
quarti interpellati…
(gustavo bacigalupo)