Riaffermata dal Consiglio di Stato la necessità di una puntuale definizione
dei confini della sede farmaceutica – QUESITO
Nel descrivere i confini, i comuni indicano una strada (per esempio Via
Roma) e sono compresi evidentemente entrambi i suoi lati.
Nel caso però in cui le strade formano un rettangolo, in quale lato è
possibile aprire la farmacia? Ma in realtà i confini delle sedi sono ancora
rigidi?

Se nella delimitazione della porzione territoriale di pertinenza di una
sede farmaceutica non viene indicato espressamente che una delle vie o
piazze di confine appartiene interamente a quella sede (con formulazioni
tipo “ambo i lati”, o simili), bisogna considerare pertinente alla
circoscrizione il solo lato interno della via o piazza, quello cioè che si
ricava tracciandovi idealmente una linea di mezzeria.
Quando perciò, come Lei si esprime, “i comuni indicano una strada (per
esempio Via Roma)”, senza ulteriori specificazioni, non è vero che “sono
compresi evidentemente entrambi i suoi lati”, ma é vero l’esatto contrario.
Conseguentemente, anche nel caso ipotizzato nel quesito tutte le vie o
piazze che corrono sul perimetro del “rettangolo” vanno ascritte alla sede
soltanto per il loro fronte interno, anche qui ricorrendo a un’ideale
mezzeria per ognuna di esse.
Specie però nelle aree suburbane delle città o nei comuni di modestissime
dimensioni, una sede farmaceutica non sempre può essere interamente
delimitata da vie o piazze, o perché in alcuni segmenti del perimetro non
si rinvengono al momento [e magari non si rinverranno mai] vie o piazze, o
perché si rende necessario che il confine sia tracciato con linee soltanto
virtuali [si pensi all’attraversamento di un fiume o di una sede tramviaria
o ferroviaria, o cose del genere], o anche per le caratteristiche stesse di
qualche tratto perimetrale più o meno esteso (campagna, mare, ecc.).
Quest’ultima notazione ci conduce all’interrogativo finale del quesito, cui
tuttavia ancor oggi – come del resto la giurisprudenza fa da 70/80 anni – è
necessario rispondere affermativamente.
La sopravvivenza al dl Crescitalia, infatti, della “pianta organica”
[intesa quale atto tipico (“tipico”, perché espressamente contemplato e
disciplinato dal diritto positivo) quale è stato certamente sino ad allora,
o se non altro – come negli ultimi tre anni ha ripetuto fino alla noia il
Consiglio di Stato – quale “strumento pianificatorio che, sostanzialmente,
per finalità, contenuti, criteri ispiratori ed effetti, corrisponde alla
vecchia pianta organica (e che niente vieta di chiamare con lo stesso
nome”)] postula indubitabilmente anche la sopravvivenza di un assetto del
servizio farmaceutico locale articolato sulla ripartizione del territorio
comunale in sedi o “zone” (come ha ritenuto preferibile definirle il
provvedimento di riforma, senza peraltro modificarne il ruolo e le
finalità), quindi in tante aree territoriali quante sono le farmacie già
istituite o neo-istituite.
A ciascuna farmacia è pertanto riferibile una porzione del territorio (la
sede o “zona”, appunto) che – nella fase di istituzione come in caso di sue
successive modifiche – deve essere esattamente individuata o univocamente
individuabile, perché è soltanto al suo interno [se escludiamo il
territorio campano per l’incredibile disposizione di legge introdotta un
paio di anni fa dalla Regione…] che il titolare della relativa farmacia
può, da un lato, ubicare l’esercizio nella prima attivazione e, dall’altro,
trasferirlo in prosieguo “liberamente” (le virgolette si spiegano con la
natura discrezionale del provvedimento che deve autorizzare lo
spostamento).
Qualcuno forse ricorderà che a ridosso della conversione di legge del dl
Crescitalia gli uffici ministeriali – rispondendo ai quesiti di un non
meglio identificato “gruppo interregionale”, guidato comunque dal
rappresentante toscano – tentarono di far passare la tesi che la riforma,
sopprimendo la pianta organica, avesse coerentemente inteso anche ridurre
in termini incisivi il rigore che deve caratterizzare la delimitazione
dell’area territoriale ascrivibile a ogni esercizio.
In particolare, secondo il Ministero, a quel rigore si sarebbe allora
sostituito un regime svincolato “dalla necessità di definire esattamente un
territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio”, non
incontrando infatti l’attività pianificatoria del comune “limiti nella
perimetrazione delle sedi già aperte [ma] dovendo soltanto assicurare…
ecc.”, cosicché – questa fu la conclusione che cagionò tanti “lutti agli
Achei” – “l’individuazione delle “zone” può avvenire anche in forma assai
semplificata (ad esempio, indicando una determinata via e le strade
adiacenti)”.
Sciaguratamente a questa tesi prestarono frettolosa “acquiescenza” (spinti
verosimilmente dalla Regione competente) alcuni comuni e le conseguenze
sono quelle cui in qualche caso stiamo ora assistendo e che vedono
assegnatari di farmacie in concorsi straordinari, ad esempio in quello
piemontese, in notevoli ambasce nel reperire i locali da adibire
all’esercizio dell’attività appunto per la grande difficoltà di individuare
le “strade adiacenti” alla “determinata via” indicata nel provvedimento di
revisione straordinaria.
Anche qualche Tar ha seguito l’orientamento ministeriale [specie quello
fiorentino, ma, come diremo subito, anche quello lucano], e però in (quasi)
tutte le circostanze è potuto fortunatamente intervenire il Consiglio di
Stato ristabilendo l’ordine infranto.
Anche nella più recente di queste occasioni, il CdS – nella sent. n. 22 del
7/1/2016 – ha ritenuto infatti testualmente “non pertinente la tesi della
sentenza impugnata [Tar Basilicata n. 47/2014] secondo cui nella nuova
disciplina conseguente al decreto legge n. 1/2012 non sarebbe più
necessaria una puntuale delimitazione delle sedi farmaceutiche”.
Senonché, proprio questa decisione, affrontando il tema specifico che
stiamo esaminando, sembra – a una primissima lettura – introdurre ulteriori
e forse diversi profili di valutazione della vicenda, ma con una migliore
attenzione si rileva agevolmente che anche qui il Supremo Consesso conferma
in realtà, corroborandolo anzi con notazioni pienamente coerenti, l’assunto
di fondo della permanenza nel sistema della nozione di sede o “zona” come
porzione territoriale delimitata puntualmente ovvero con confini comunque
desumibili in termini non equivoci.
L’incipit del ragionamento del CdS, che per un momento ha lasciato
intendere prospettive diverse, è il seguente: “Riguardo al modo di
delimitare il territorio assegnato ad una sede farmaceutica, non esistono
norme cogenti, ma solo prassi più o meno consolidate. La prassi più
diffusa, in effetti, è quella della elencazione delle strade corrispondenti
alla linea perimetrale, ma niente vieta che si usino tecniche diverse
purché idonee allo scopo”.
Ma poi, scorrendo ancora il testo, cogliamo tutta la particolarità della
fattispecie ivi decisa, in cui – nell’individuazione delle due sedi di
nuova istituzione – il Comune di Matera, invece di delimitarle con vie e
piazze e/o altri confini altrettanto certi, aveva fatto semplicemente
riferimento a due piani urbanistici secondari, il “piano di zona per
l’edilizia economica e popolare” denominato “Agna-Le Piane” e “il piano di
lottizzazione” denominato “San Francesco”.
E condivisibilmente [se trascuriamo qualche svolazzo più che altro solo
descrittivo] il Consiglio di Stato ritiene qui “ragionevole presumere… che
queste denominazioni siano di uso corrente e che il loro significato sia
ben noto alla cittadinanza” e in ogni caso “ciascuno strumento urbanistico
secondario (piano particolareggiato, piano attuativo, p.e.e.p., eccetera)
individua con chiarezza e precisione l’area che forma oggetto della
relativa disciplina urbanistica”, talché in definitiva “il riferimento ai
due piani urbanistici appare più che sufficiente a conferire conoscibilità
e certezza alla delimitazione del territorio assegnato alla nuova
farmacia”.
Ed è a questo punto che, quasi a scanso di equivoci, la sentenza [una delle
ultime scritte dal Presidente della III Sez., Piergiorgio Lignani, che per
ragioni anagrafiche ha recentemente abbandonato il Consiglio di Stato,
lasciando un vuoto non facilmente colmabile che purtroppo potrà incidere
anche parecchio sulla “stabilità” del ns. diritto farmaceutico] si affretta
a giustiziare per l’ennesima volta, come si è ricordato, l’apodittica
ricostruzione ministeriale del marzo 2012.
Nessun cambiamento di rotta, dunque, ma la mera conferma che la sede
farmaceutica – anche quando non sia facilmente o ragionevolmente
utilizzabile il ricorso a vie e piazze di confine – deve nondimeno essere
configurata con dati e/o riferimenti che consentano l’esatta individuazione
della relativa area territoriale.
E, allo stato del sistema normativo vigente, è indubbiamente meglio così.
(gustavo bacigalupo)

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