IL PUNTO (GIURIDICO) SUI CONCORSI STRAORDINARI
Le notizie e gli eventi si accavallano e sovrappongono talora addirittura
annullandosi l’un l’altro, e può allora essere utile fare un punto
ulteriore, almeno su qualche profilo di ordine giuridico.
▪ Ancora sull’impugnativa delle graduatorie
Per quanto ci riguarda, il quadro resta in sostanza quello tracciato
dettagliatamente nella Sediva News del 11/01/2016 (“Le imbarazzanti
oscurità sulla maggiorazione ai rurali a seguito della sentenza del CdS”),
cui è necessario perciò aggiungere soltanto qualche notazione.
In quella circostanza abbiamo rilevato che, proprio perché “provvisoria”,
la graduatoria abruzzese – approvata con deliberazione della GR n. 1022 del
10/12/2015 – non è impugnabile immediatamente, e che quindi i termini per
ricorrere al Tar o al Presidente della Repubblica (rispettivamente 60 e 120
gg.) decorreranno soltanto dalla pubblicazione di quella definitiva.
Tuttavia, dato che i criteri di valutazione adottati dalla commissione sono
stati pubblicati sul Bur Abruzzo del 18/12/2015 in allegato alla citata
deliberazione regionale e che nel documento quello di 35 punti è ritenuto
espressamente quale punteggio “massimo” per i titoli relativi all’esercizio
professionale, è astrattamente possibile che i giudici amministrativi
possano assumere tali criteri di valutazione come di per sé lesivi della
posizione dei rurali derivante dalla maggiorazione del 40%.
Sotto questo aspetto, se il dubbio fosse fondato, il rurale dovrebbe
proporre l’impugnativa – per sottrarsi al rischio di sentirsi dichiarare
inammissibile il ricorso contro la graduatoria definitiva – già nei
confronti di quella provvisoria (e allegati criteri), contro la quale il
ricorso al Tar dovrebbe in tal caso essere proposto entro il 16 febbraio
p.v. e quello al PdR entro il 16 aprile p.v.
Personalmente non condividiamo granché questo dubbio, ma se non altro
cautelativamente chi ne avverte la necessità potrà agire sin d’ora nella
direzione appena indicata.
Per il momento registriamo, come era facile prevedere, numerose istanze di
riesame prodotte dai rurali nel concorso abruzzese, ma parecchi di loro
hanno ritenuto opportuno a ogni buon fine presentare l’istanza perfino nei
confronti di graduatorie definitive, pur se magari ormai inoppugnabili, e
non si può del resto escludere che le pressioni esercitate dai rurali, con
tutti i rumors che le stanno caratterizzando, possano indurre qualche
Regione [il Lazio, ad esempio, parrebbe orientato proprio in tal senso…] a
riformulare o formulare ex novo – perché qui di rettifiche sicuramente non
si può parlare – la graduatoria in adesione al dictum del Consiglio di
Stato.
È chiaro però che il problema dei rurali potrà in realtà essere davvero
risolto soltanto dal giudice amministrativo, al cui esame la vicenda
perverrà comunque quanto prima, sia nel caso in cui la tesi favorevole ai
rurali – come delineata dal CdS – sia accolta da qualche Regione, come
nell’eventualità contraria, e dovrebbe d’altra parte trattarsi di una
questione definita in sede giurisdizionale in tempi abbastanza brevi.
Ben diversamente, a un intervento risolutivo del legislatore – almeno qui –
è molto difficile pensare, per le ragioni già illustrate in un’altra
recente circostanza.
Per la Sardegna, invece, non ci sembra siano stati pubblicati i criteri
prescelti dalla commissione, ed è allora senz’altro necessario attendere la
graduatoria definitiva, ferma la possibilità che nelle more anche nel
concorso sardo i rurali producano istanze di riesame delle loro posizioni.
Infine, per la Sicilia, è stato reso noto in questi giorni che la Regione
procederà immediatamente ad avviare le fasi successive all’approvazione
della graduatoria, e quindi a interpelli, assegnazioni, accettazioni,
assegnazioni definitive, ma escludendo dall’elenco offerto ai primi
interpellati le sedi sub judice, cioè quelle per le quali siano tuttora
pendenti iniziative giudiziarie in ordine alla loro istituzione.
Intanto, dobbiamo pensare – anche se non abbiamo notizie precise al
riguardo – che la graduatoria provvisoria approvata il 6/2/2015 con D.D.S.
169/2015 sia diventata nel frattempo definitiva e pubblicata “nella
apposita piattaforma informatica applicativa e tecnologica ministeriale”,
come testualmente preannunciava quella provvisoria, perché diversamente gli
interpelli non potrebbero certo essere avviati (a meno che qualche
disposizione dello Statuto siciliano non permetta anche questo…).
Ma il problema qui sorge – esattamente come si è posto in Toscana – per la
dichiarata sottrazione ai primi interpellati delle sedi “contestate”; ne
abbiamo parlato criticamente a proposito della stessa opzione fiorentina e
non è il caso di ripeterci.
Senonché, la scelta della Sicilia – differentemente, chissà perché, da
quella toscana – sta suscitando un vespaio e quindi può darsi che la
Regione stessa (o il Tar) vi ponga riparo, ma per ora questo dovrebbe
essere lo scenario, con tanti saluti anche qui ai legittimi interessi dei
primi interpellati siciliani [ma a quelli pugliesi – lo riferiamo per la
cronaca – il Tar di Bari (con due decreti dei primi giorni dell’anno) ha
temporaneamente sottratto due sedi del comune di Valenzano che la Regione
(!) aveva istituito nella revisione straordinaria e ora confermato nella
p.o. in quella ordinaria; questi due decreti hanno indotto la Regione a
riavviare il procedimento di assegnazione delle sedi a concorso dal
prossimo 31 gennaio, dopo cioè che il Tar si sarà pronunciato (domani 26
gennaio) sull’istanza di sospensione del provvedimento di revisione
ordinaria riguardante Valenzano].
Quanto ai criteri di valutazione siciliani, che sono stati resi noti più o
meno contemporaneamente alla graduatoria provvisoria, non dicono alcunché
sulla questione-rurali, e però – dovendo immaginare che qualcosa di
definitivo sia stato reso noto anche se soltanto sul web (?) – i termini
per l’impugnativa, per i rurali come per qualsiasi altro concorrente,
decorrono dalla supposta pubblicazione della graduatoria finale, mentre,
ove taluno dei primi interpellati ritenga di dover invocare (del tutto
fondatamente, almeno per noi) l’illegittimità della eliminazione delle sedi
dal primo interpello, i termini decorreranno naturalmente dalla data di
ricezione via web dell’elenco “ridotto” delle sedi indicate dalla Regione.
▪ la deliberazione della giunta emiliana
Anche di questo abbiamo detto ampiamente e neppure qui ci sono grandi
novità, se non quella comunque importante dell’avvio della fase delle
assegnazioni che rende evidentemente indifferibile risolvere il grave
problema che notoriamente il provvedimento ha generato.
È vero che nessun’altra regione sembra orientata a seguire la molto
bizzarra idea della “titolarità pro quota”, che fa sostanzialmente il paio
con quella ministeriale della “contitolarità”, ma – fino a quando la Giunta
non avrà fatto marcia indietro (assai poco probabile) o il Tar e/o il CdS
non avrà annullato il provvedimento – gli sfasci che potranno derivare dai
provvedimenti comunali che seguiranno sono tanti e tali da rendere
complicato anche riassumerli con un minimo di adeguatezza.
Ci limitiamo pertanto a un cenno a due sole vicende perché ragionevolmente
potrebbero trovar corpo molto presto.
La prima si risolve in questi interrogativi: come potrà/dovrà atteggiarsi,
nelle altre regioni, l’amministrazione (Comune o Asl) competente al
rilascio dell’autorizzazione all’esercizio della farmacia, quando si
troverà di fronte – perché assegnatari di una sede nel concorso
straordinario bandito nel territorio regionale di appartenenza – più
farmacisti uno dei quali, o tutti loro, siano stati immessi nel diritto di
esercizio di una farmacia emiliana quali co-titolari o titolari pro quota,
e per ciò stesso equiparabili a titolari in forma individuale?
Dovrà forse cioè quell’amministrazione tener conto dell’inoppugnabilità del
provvedimento del comune emiliano (se ovviamente medio tempore non sospeso
o annullato dal Tar) e dunque – escludendo evidentemente una sua pur minima
condivisione della tesi della GR (perché altrimenti, udite udite,
quell’amministrazione avrebbe gioco facile nel richiamarsi tout court
all’art. 112 TU.San.) – essere costretta a negare il rilascio della
titolarità all’associazione vincitrice, perché composta da uno o più
titolari di farmacia, come tali incompatibili ex art. 8 l. 362/91 con lo
status di socio da assumere nella società di persone tra loro costituita?
Temiamo che il diritto amministrativo imponga sciaguratamente una risposta
affermativa, aberrante finché vogliamo.
La seconda vicenda da richiamare brevemente è quella dell’incompatibilità –
come ulteriore conseguenza applicativa della tesi ministeriale/emiliana –
del possesso di una quota sociale (non importa se la farmacia è rurale o
urbana) con la “posizione di titolare” della farmacia conseguita per
concorso in forma associata.
Né il Ministero, né la Giunta, hanno affrontato direttamente [ma se lo
saranno posto il problema?] questa specifica questione e però ne abbiamo
parlato noi ripetutamente: se il vincitore in forma associata assume la
contitolarità o la titolarità pro quota dell’esercizio assegnato, non c’è
dubbio che la sua “semi-perfetta” riconducibilità alla categoria dei
titolari di farmacia in forma individuale gli comporta l’incompatibilità
prevista sub b) dell’art. 8 della l. 362/91.
E quindi: o egli non partecipa e/o comunque si sottrae all’assegnazione in
forma associata, facendo così decadere dalla procedura l’intera compagine
[con tutto il finimondo che potrebbero muovere a carico del “reprobo” i
suoi sodali], oppure, se vuole accettare la sede con i coassociati, deve
fare i conti con il Comune e/o l’Asl competenti territorialmente per la
società cui attualmente partecipa, nel senso che – condividano o non
condividano la tesi della contitolarità, e siano o non siano
amministrazioni emiliane – l’Asl e/o il Comune adotteranno [id est:
dovranno adottare] a carico della società stessa, appunto per la
sopravvenuta incompatibilità di quel farmacista con lo status di socio, i
gravi provvedimenti di cui al comma 3 dell’art. 8.
Come peraltro è anche possibile naturalmente che l’Asl e/o il Comune
condizionino il rilascio della titolarità a favore dei covincitori (o della
società tra loro costituita) alla previa cessione della quota da parte di
quel farmacista. Ma cambierebbe poco.
Potremmo insistere nell’arduo tentativo di srotolare l’intricato gomitolo
di questa matassa ormai grottesca, perché molto più numerose e altrettanto
nefaste potranno rivelarsi le fattispecie concrete che insorgeranno, ma ci
dilungheremmo oltre ogni limite di sopportazione per chi leggerà queste
note, e bisogna piuttosto augurarsi che il ricorso al Tar Emilia, che sta
per essere proposto contro la deliberazione giuntale, possa essere definito
rapidamente, come d’altronde le nuove regole sul processo amministrativo
potrebbero anche permettere.
▪ quando vanno rimosse le cause di incompatibilità previste a carico
del socio?
Almeno su questo fronte, trattato anch’esso molte volte, possiamo
registrare buone notizie.
Stando dunque alla lettera degli artt. 7 e 8 della l. 362/91, perché il
farmacista possa assumere legittimamente la veste di socio e perciò
sottoscrivere utilmente il rogito dell’atto costitutivo/statuto della
società, sarebbe necessario che anche dal punto di vista formale il suo
rapporto di impiego, pubblico o privato, sia venuto meno alla data stessa
(e/o che a quella data sia stata rimossa qualsiasi altra causa di
incompatibilità).
L’art. 8 potrebbe cioè sancire il principio secondo cui è la partecipazione
alla società in quanto tale ad essere incompatibile, ad esempio, con
“qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato” e/o con “la posizione di
collaboratore (o titolare o direttore) di altra farmacia”.
Ma coniugando tra loro sul piano sistematico i due articoli, pare invece
possa dedursi che l’incompatibilità – qualsiasi ipotesi di incompatibilità
– debba aver rilievo e quindi entrare in funzione soltanto al momento in
cui la società diventi titolare di farmacia, tenuto conto che l’art. 8
richiama le società di cui al precedente art. 7, che a sua volta si rivolge
a società di persone titolari di farmacia.
Questa, in definitiva, avrebbe potuto perciò essere una questione ancora
aperta, quanto molto delicata perché inerente agli aspetti strutturali
delle società di farmacisti, e rivelarsi nei fatti risolvibile soprattutto
secondo il maggiore o minore formalismo di Asl e Comuni.
Fortunatamente, però, a quanto stiamo rilevando, sia le Asl che i Comuni
sembrano tutti orientati per la soluzione quantomeno più ragionevole,
richiedendo ai covincitori di presentarsi liberi da qualunque
incompatibilità [solo] al momento del rilascio della titolarità,
indipendentemente quindi dal loro status all’atto della costituzione della
società di persone.
Un problema in meno, a quanto pare.
* * *
Per un altro punto sui concorsi, l’appuntamento per ovvie ragioni è fissato
a breve.
(gustavo bacigalupo)

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