Qualunque prestazione in un’“altra farmacia” è incompatibile con lo status
di socio? – QUESITO

Sono un farmacista titolare in forma individuale e nella nostra impresa
familiare sono in questo momento inseriti anche i miei due figli, che però
svolgono talvolta qualche sostituzione notturna in altre farmacie.
Questa ulteriore attività professionale impedisce di partecipare alla
società che vorrei costituire con loro?

Con lo status di socio è sicuramente incompatibile “qualsiasi rapporto di
lavoro pubblico e privato”, come recita testualmente sub c) l’art. 8 della
l. 362/91.

Meno chiara è invece la formulazione sub b) dello stesso articolo che
sancisce l’incompatibilità del socio anche “con la posizione di titolare,
gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia”, e la
ratio di tale impedimento sta evidentemente nella scelta del legislatore di
circoscrivere alla farmacia sociale le prestazioni professionali esplicate
da un socio.

Vien però da pensare che in realtà quella del “collaboratore di altra
farmacia” – che la norma dichiara testualmente incompatibile con
l’assunzione della qualità di socio – possa rivelarsi in particolare la
figura del farmacista, diverso dal titolare, che operi in una farmacia
(l’altra) nel quadro della disciplina e/o della classificazione che
rinveniamo nel CCNL per i dipendenti di farmacie private (per intenderci,
il “Farmacista Collaboratore” inquadrato nel Livello 1°) come pure nel CCNL
per i dipendenti di farmacie comunali.

O del farmacista che, quantomeno, svolga le sue prestazioni professionali
all’interno di un rapporto che per sua natura ne preveda l’attività
lavorativa con continuità e stabilità, come l’impresa familiare, la
co.co.co., l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro).

Potrebbe quindi sotto questo aspetto non porsi pienamente in rotta di
collisione con la veste di socio, perché non collaboratore in senso
proprio, chi effettui in farmacie diverse da quella sociale prestazioni
meramente occasionali, come è il caso classico dell’episodica sostituzione
del “notturnista” o di vicende del genere.

Se del resto la titolarità o la direzione di “altra farmacia” è, in quanto
tale, una “posizione” di per sé certo incompatibile, indipendentemente
quindi dalla misura delle prestazioni svolte, per gli altri farmacisti –
perché si configuri una causa di incompatibilità – parrebbe forse
necessario che la loro opera sia prestata nella o per l’“altra farmacia”
nell’ambito di un rapporto che preveda tipicamente una sua attività
lavorativa continua, definita e ivi inquadrata stabilmente nell’esercizio,
quella appunto di farmacista collaboratore propriamente detto.

Manca tuttora peraltro su questo specifico tema una pronuncia
giurisprudenziale e naturalmente, more solito, il Ministero della Salute si
è espresso tempo fa in termini molto più rigorosi e ispirati al massimo
formalismo, ma a noi sembra che la soluzione indicata potrebbe anche
rivelarsi ortodossa.

(gustavo bacigalupo)

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