La crisi aziendale come giustificato motivo di licenziamento

Una sentenza di pochi giorni fa (n. 15258 del 12/9/12) della Sez. Lavoro
della Cassazione aggiunge ancora qualcosa sul licenziamento per
giustificato motivo oggettivo, un tema naturalmente molto attuale ma
sempre delicatissimo.

La Suprema Corte ribadisce in primo luogo che la riorganizzazione
dell’impresa, ove dettata dalla necessità di contenere i costi di gestione
in genere, e di quello del personale in particolare, purché evidentemente
non finalizzata ad aumentare i profitti diminuendo semplicemente il numero
dei lavoratori impiegati, può costituire per l’appunto un giustificato
motivo oggettivo del licenziamento intimato ad un dipendente, ma – precisa
la Cassazione – l’onere della prova di tali concrete motivazioni
dell’interruzione del rapporto spetta al datore di lavoro, che deve anche
dimostrare l’impossibilità di reimpiegare il lavoratore in altri reparti.

Il giudice, conclude la sentenza, non può certo contestare le scelte
gestionali dell’imprenditore, perché “tutelate” dalla libertà delle scelte
economiche (art. 41 della Costituzione), ma ben può verificare il reale
stato di crisi dell’azienda che ha ispirato la scelta specifica di
licenziare il lavoratore.

In sostanza, il riassetto organizzativo dell’impresa costituisce un valido
motivo di licenziamento ma deve essere dimostrato proprio
dall’imprenditore.

E’ una decisione che va certo studiata con attenzione ma può sostenere
saldamente – ricorrendone i presupposti – anche opzioni dolorose (spesso
per ambedue le parti) come quella di privarsi delle prestazioni di una o
più unità lavorative.

(giorgio bacigalupo)

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