Gli adempimenti fiscali per il furto di medicinali – QUESITO

Una farmacia di cui è titolare un nostro iscritto ha subito il furto di
alcune partite di farmaci, delle quali, peraltro, alcune già pagate e altre
ancora da pagare; oltre ai vari adempimenti presso gli organi di Polizia,
le Asl, il minsalute e l’AIFA, come ci si deve comportare con il Fisco?
Sono previste agevolazioni fiscali in questi casi? La farmacia è sempre
tenuta a pagare al fornitore l’Iva sulla merce rubata non ancora
corrisposta, o esiste una qualche disposizione che consente di evitare il
pagamento?

Il furto di medicinali subìto da una farmacia costituisce certamente una
perdita di beni- merce, cioè di beni al cui scambio è diretta l’attività
dell’impresa.

Ora, in questi casi, la denuncia del furto all’autorità di pubblica
sicurezza deve essere effettuata (anche) ai fini dell’imposta sul valore
aggiunto, proprio per documentare la “sparizione” della merce dai locali
dell’impresa e quindi per vincere la presunzione di cessione posta
dall’art. 1 del D.P.R. 10/11/1997 n. 441, per la quale si presumono ceduti
– con obbligo di versamento della relativa imposta – i beni acquistati che
non si trovano nei locali dell’impresa.

In altri termini, in caso di verifica, con il verbale della denuncia
presentata (sufficientemente dettagliato) si può dimostrare che la merce
rubata, regolarmente acquistata e perciò “presa in carico” nel magazzino al
momento dell’ingresso in farmacia, non è più presente non perché sia stata
venduta in evasione di imposta (“in nero”, diciamo) ma perché, appunto, è
stata rubata.

Quanto ai rapporti con il fornitore, a lui spetta senza dubbio il prezzo
concordato, comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto liquidata secondo
le aliquote proprie di ciascun bene ceduto, alla stregua, insomma, di
qualsiasi altra fornitura andata, diciamo così, “a buon fine”.

Il costo della merce, poi, è deducibile sia ai fini delle imposte sui
redditi che dell’Irap e la relativa imposta sul valore aggiunto è
detraibile anche se la merce è andata perduta, dato che – ci pare – un
evento del genere (in ogni caso del tutto indipendente dalla volontà della
farmacia) non può considerarsi una distrazione dei beni dall’attività
ordinaria di vendita praticata dalla farmacia che possa dar luogo, secondo
i principi in materia (art. 19, comma 2 e art. 19-bis2, comma 1 della legge
Iva), ad una rettifica (in meno, naturalmente) della detrazione operata al
momento dell’acquisto.

Per completezza, precisiamo anche che l’eventuale rimborso assicurativo
costituirebbe un ricavo imponibile sia ai fini delle imposte sui redditi
(art. 87 lett. f del T.U.I.R.) sia ai fini Irap (e questo indipendentemente
dal metodo adottato dalla farmacia per la determinazione dell’imposta: art.
5 o 5-bis del d.Lgs.vo n. 446/97) da contabilizzare nella voce A5) del
Conto economico – Altri ricavi e proventi dello schema di bilancio
comunitario recepito dall’ art. 2425 c.c.

Queste somme, infine, non dovrebbero senz’altro essere soggette ad Iva
perché si tratta evidentemente di una cessione di denaro (art. 2, comma 3,
lett. a della legge Iva) con funzione meramente risarcitoria, difettando
perciò quel carattere di corrispettività posto dalla legge iva come del
tutto indispensabile ai fini dell’assoggettamento al tributo.

(stefano civitareale)

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