Note sull’art. 11 del dl. liberalizzazioni
Il maxi-emendamento governativo al dl. 1/2012 (definitivamente convertito
con la l. 24.03.12 n. 27, pubblicata in pari data nella G.U. n. 71 ed
entrata in vigore il giorno successivo) ha sostituito integralmente
l’originario provvedimento, e contiene perciò anche un testo pressoché del
tutto nuovo dell’art. 11, recante tuttora: “Potenziamento del servizio di
distribuzione farmaceutica, accesso alla titolarità delle farmacie,
modifica alla disciplina della somministrazione dei farmaci e altre
disposizioni in materia sanitaria”.
I farmacisti già conoscono sia il vecchio che il nuovo testo dell’art. 11,
cosicché possiamo limitarci a segnalarne i soli profili di maggior rilievo
con un loro esame anche comparato, articolato qui di seguito per singoli
temi.
a) Criterio demografico (comma 1, lett. a)
Il rapporto limite di 3.000 abitanti diventa di 3.300 per tutti i comuni; i
“resti” sono ora utilizzabili soltanto se superiori al 50% (perciò almeno
1.651 abitanti) sempre per tutti i comuni, essendo anche venuto meno il
discrimine dei 9.000 abitanti previsto – per i soli “resti” – nel testo
precedente.
L’equiparazione tra comuni maggiori e minori, con riguardo al criterio
demografico, è dunque ormai assoluta, intervenendo quindi incisivamente su
un principio consolidato da oltre 40 anni e che nel tempo era stato ben
illustrato sia dal Consiglio di Stato che dalla Corte Costituzionale, la
quale se ne era avvalsa recentemente per sancire l’incostituzionalità della
legge pugliese che aveva osato persino rovesciare i due rapporti limite per
comuni maggiori e comuni minori.
Ma, questo è sicuro, si tratta di un durissimo, quanto del tutto
ingiustificato colpo alle farmacie ubicate nei comuni minori.
Il “tetto” dei 12.500 abitanti, pertanto, considerato che non vale più
(comma 13) neppure ai fini della legittimazione delle parafarmacie alla
vendita di quelli che saranno i “nuovi Sop” (e degli altri farmaci loro
concessi, come sappiamo, da questo stesso provvedimento), oggi sopravvive
solo ai fini dell’adozione del criterio topografico (per quel poco spazio
che residua per il suo concreto utilizzo) e per l’istituzione di dispensari
stagionali, vicende che restano infatti ambedue circoscritte appunto ai
comuni minori.
b) Farmacie in soprannumero in stazioni, ecc. (comma 1, lett. b e comma 10)
Nelle stazioni, negli aeroporti ecc., l’istituzione di una farmacia
soprannumeraria è ora impedita dall’apertura di una farmacia “a una
distanza inferiore a 400 m.” (in luogo dei precedenti 200).
Quanto ai centri commerciali e alle grandi strutture, la farmacia in
soprannumero, a parte la conferma della condizione dell’insussistenza di un
esercizio a una distanza inferiore a 1.500 m., devono avere una superficie
di vendita (un chiarimento importante, perché sotto questo aspetto il
vecchio testo avrebbe potuto ingenerare qualche problema interpretativo)
superiore ai 10.000 m.
Inoltre, il numero complessivo delle farmacie così aperte in soprannumero
non deve superare il 5% – un “tetto” introdotto proprio dall’emendamento –
del numero complessivo delle “sedi, comprese le nuove” (istituite sul
territorio regionale o, come sembra preferibile, su quello nazionale?).
Su tutte queste farmacie soprannumerarie c’è comunque la prelazione
comunale fino al 2022, ma il Comune non può cederne né la titolarità e
neppure – una novità pienamente condivisibile – la gestione, e dunque
parrebbe che ne sia interdetto anche il conferimento in una società di
capitali costituita tra il Comune e un qualunque terzo.
c) Revisione ordinaria della p.o. (comma 1, lett. c)
In un parere espresso in data 21/03/2012, l’Ufficio legislativo del
MinSalute assume – tra l’altro – l’avvenuta soppressione del centenario
istituto della “pianta organica”; è una tesi forse astrattamente
configurabile (perché il vecchio art. 2 della l. 475/68 – che parlava
appunto di piante organiche – è stato interamente sostituito secondo il
disposto sub c) del comma 1 dell’art. 11), ma sembra incomprensibile quel
ripetuto riferimento a “sedi farmaceutiche”, operato qui e là dallo stesso
art. 11, ove esso non postuli fatalmente una… pianta organica, o qualcosa
che molto le si avvicina.
Vi è scritto, è vero, che il Comune “…identifica le zone nelle quali
collocare le nuove farmacie”, ma anche qui “zone” non può stare
evidentemente che per sedi: anche per ogni nuova farmacia dovrà pertanto
essere configurata una porzione del territorio comunale al cui interno il
singolo esercizio dovrà essere ubicato (o “collocato”). A meno che non
pensiamo di tornare alle “sedi promiscue” di una volta…
La pianta organica, o quel che sarà, è comunque sempre comunale e continua
tuttora ad essere soggetta a revisione ordinaria biennale (cioè, “entro il
mese di dicembre di ogni anno pari”, come è da oltre 40 anni). Qui però
viene prevista espressamente la partecipazione al procedimento (sia pure in
funzione ausiliaria del Comune, come nei fatti è sempre stato) dell’Asl e
dell’Ordine; questo nella legge statale non era stato fino ad oggi
contemplato, ma le varie leggi regionali generalmente già prevedevano il
parere obbligatorio sia dell’Ordine che delle Asl.
Inoltre, vengono ora impartite – e in questa circostanza la scelta del
legislatore è di grandissimo rilievo, dato che per la prima volta si
indirizza il concreto esercizio della (sinora amplissima) discrezionalità
nell’utilizzo del criterio demografico – precise indicazioni alla p.a.,
perché nell’identificazione delle “zone nelle quali collocare le nuove
farmacie” diventa necessario, oltre che aver riguardo “al fine di
assicurare un’equa (loro) distribuzione sul territorio” (che è sempre stato
naturalmente lo scopo primario di una qualsiasi revisione di pianta
organica), tenere altresì conto “dell’esigenza di garantire l’accessibilità
del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree
scarsamente abitate”.
L’eventuale carente e/o negligente osservanza di tali indicazioni potrà
costituire un serio motivo di impugnativa al Tar.
d) La revisione straordinaria (comma 2)
Nel comma 2 del testo originario dell’art. 11 si richiamava, se non altro,
una “approvazione straordinaria delle piante organiche delle farmacie”; in
quello definitivo, invece, c’è un silenzio terminologico assordante su
questo nodo cruciale dell’intero art. 11, che pure segna – in appena tre o
quattro righe – il destino delle 17.800 farmacie oggi esistenti.
È arduo comprendere (anche volendo convenire per un solo istante con il
Ministero sulla caduta della pianta organica come tale) la fine sostanza
della grandiosa laconicità della disposizione, perché – quali che siano le
ragioni della straordinaria accelerazione impressa (dal comma 2 come anche
dal successivo comma 3) alla fase di attuazione del processo di
proliferazione delle farmacie voluto dal dl. – non è affatto concepibile, e
stride anzi con i principi non solo di settore, che la collocazione delle
infinite nuove sedi farmaceutiche sul territorio possa essere decisa
all’interno magari di un ufficio o ufficietto del palazzo comunale, senza
la benché minima partecipazione di un qualsiasi altro ente o organismo
esponenziale di interessi, pubblici o privati, e quindi sostanzialmente a
porte chiuse.
Eppure, stando a quel che leggiamo, c’è il rischio che la maxi-revisione
straordinaria (di questo praticamente si tratta) della p.o. o simile, che
per di più si rivelerà certo per molti anni l’unica autentica revisione,
possa risolversi in una mera raccolta di “dati” da parte del Comune,
chiamato infatti soltanto a individuare – senza dover sentire chicchessia e
appunto “inaudita altera parte” – “le nuove sedi farmaceutiche disponibili
nel proprio territorio” (dopo aver evidentemente diviso per 3.300 il numero
degli abitanti-Istat al 31.12.10 e considerati i “resti” ove superiori a
1.650 abitanti) e a trasmettere tali “dati” alla Regione nei 30 gg.
successivi all’entrata in vigore della legge di conversione (dunque, entro
il prossimo 24 aprile).
Purtroppo, il ricordato parere ministeriale si occupa soltanto della
“revisione ordinaria” e non affatto di quella “straordinaria” (perché –
dobbiamo credere – il “gruppo interregionale” una questione del genere, pur
fondamentale, non ha ritenuto necessario proporla), e quindi non possiamo
sapere come si comporteranno i Comuni e/o che indicazioni riceveranno.
Però, se è vero che è sciaguratamente passata l’idea – neppure
lontanamente immaginabile qualche mese fa – della “farmacia sotto casa” di
ogni cittadino, è certamente coerente con quest’idea che il massiccio
incremento dell’offerta di farmaci imposto dal provvedimento tenda almeno
ad assicurare l’assistenza farmaceutica “altresì” (se non soprattutto)
nelle zone presuntivamente più bisognose perché sinora da questo punto di
vista meno tutelate, come appunto le “aree scarsamente abitate”, di cui
pertanto anche le sedi istituite e collocate sul territorio con la maxi
revisione dovranno ragionevolmente preoccuparsi.
Allo stesso modo, ove in qualche comune siano state istituite in zone
generalmente di nuova formazione – per decentramento, ex art. 5 l. 362/91,
di altre ubicate magari in aree demograficamente impoveritesi – alcune sedi
farmaceutiche, che tuttavia risultino ancor oggi per una qualunque ragione
inassegnate (Roma ne annovera, ci pare, circa 60!), sembra indiscutibile
che proprio quelle sedi siano le prime ad essere ora “convertite” in sedi
di nuova istituzione, perché il criterio urbanistico ha per definizione
evidenziato in tali zone un’assistenza farmaceutica carente che la maxi
revisione è ora chiamata a integrare.
Queste e altre considerazioni potranno in ogni caso essere dedotte dalle
Asl e dagli Ordini (se il Comune non li sentirà), come pure dalle
Associazioni sindacali e dai singoli titolari di farmacia, anche nel micro
procedimento “segreto” che condurrà alla revisione straordinaria; la legge
sul procedimento amministrativo (l. 241/90) questo lo permette e a noi
sembra valga senz’altro la pena che chi è portatore di un qualunque
interesse anche semplicemente materiale dispieghi in modo formale (ma
tenendo ovviamente ben conto dei tempi strettissimi a disposizione) il suo
intervento.
e) Il concorso straordinario (commi 3, 4, 5, 6, 7 e 9)
Le Regioni, entro 12 mesi dallo scorso 25 marzo, “provvedono ad assicurare…
la conclusione del concorso straordinario e l’assegnazione delle sedi
farmaceutiche disponibili di cui al comma 2 e di quelle vacanti” (è
esclusa, sia per le une che per le altre, la prelazione comunale).
Entro 60 giorni dalla ricezione (anche se il testo dice confusamente
“dall’invio”…) di quei “dati” da parte dei Comuni del proprio territorio,
la Regione (i concorsi saranno pertanto 21, di cui 19 regionali e 2 di
Trento e Bolzano) bandisce “il concorso straordinario per soli titoli (nel
testo precedente era per titoli ed esami) per la copertura” di tutte le
sedi (nuove e vecchie) sopra ricordate, fatte salve quelle vacanti per cui
sia stato precedentemente bandito un concorso in ordine al quale, però,
siano state – alla data del 25 marzo – “già fissate le date delle
prove”GB/vm.
A questo punto c’è il problema di chi è ammesso e di chi non è ammesso a
partecipare al maxi-concorso.
Per quanto riguarda gli ammessi, è strabiliante che vi figuri il “titolare
di farmacia soprannumeraria”; potrebbe infatti trattarsi soltanto del
titolare di una farmacia rurale istituita in soprannumero ex art. 104 TU.
con il criterio topografico, perché diversamente, quando cioè la
soprannumerarietà scaturisca, ad esempio, dall’avvenuto decremento
demografico di un comune, non è individuabile la “farmacia in soprannumero”
e quindi il suo titolare, essendo in tal caso soprannumeraria una qualunque
tra le sedi in p.o. del comune e non una in particolare (guarda caso, anche
il MinSalute la pensa così). Senonché, quante saranno le farmacie che
risulteranno ancora in soprannumero dopo l’applicazione del nuovo unico
quorum, con il connesso riassorbimento di sedi soprannumerarie
preesistenti? Ma tant’è.
Invece, quanto ai non ammessi, è una pessima (anche se da più parti
invocata) soluzione – come abbiamo già rilevato in altre circostanze –
quella di escludere “i soci di società titolari”; il rischio che questa
esclusione sia censurata dalla Corte Costituzionale può pertanto non
rivelarsi una pura ipotesi.
Per di più, il socio che, come tale, sarebbe escluso, ma che – come gli è
consentito – risulti titolare di una parafarmacia, e quindi, come tale,
ammesso, che fine fa? Crediamo che egli non sia ammesso a partecipare, ma i
dubbi su questa come su altre specifiche fattispecie possono essere tanti.
È anche escluso dal concorso straordinario (ne parla il successivo comma 5)
il farmacista che ha compiuto 65 anni (invece che 60 e si tratta di una
modifica attesa) alla data di scadenza del “termine per la partecipazione
al concorso prevista dal bando” (in realtà, dovrebbe trattarsi del “termine
per la presentazione della domanda di partecipazione prevista dal bando”);
anzi proprio questo è il termine entro il quale, secondo i principi
generali, il concorrente deve possedere i requisiti richiesti o non
possedere quelli preclusivi, e quindi chi ha interesse dovrà liberarsi del
fardello preclusivo appunto entro quel termine (ad esempio, cedendo
tempestivamente a un terzo la sua quota di partecipazione ad una società).
Ed è acceleratissimo anche il termine per la nomina della Commissione
esaminatrice, che è infatti di 30 gg. dalla data di pubblicazione del
bando.
Perciò, riassumendo, sempre a far data dal 25 marzo 2012 abbiamo: entro 30
gg., la trasmissione dei “dati” dai Comuni alla Regione; entro 60 gg. dalla
ricezione dei “dati”, l’indizione da parte della Regione del maxi concorso;
entro 30 gg. dalla pubblicazione del bando, la nomina della Commissione;
entro il 24 aprile 2013, la conclusione del concorso e l’assegnazione delle
sedi.
Non sono termini meramente ordinatori, perché il successivo comma 9 prevede
– in caso di ignavia – l’intervento sostitutivo della Regione al Comune e
di un Commissario governativo alla Regione.
Inoltre, al concorso straordinario si applicano, in quanto compatibili, le
disposizioni vigenti sui concorsi oltre a quelle diversamente spalmate
nell’art. 11, ma è consentita la partecipazione contemporanea a non più di
2 dei 21 concorsi previsti (per i concorsi ordinari resta evidentemente in
piedi l’attuale maggior limite dei 3 concorsi).
Sub a) e sub b) del comma 5 troviamo però alcune deroghe al Dpcm. 298/94 in
tema di valutazione dell’esercizio professionale nel concorso
straordinario: vengono, cioè, più che gratificati, oltre al fantomatico
“soprannumerario”, anche i titolari delle parafarmacie con la loro
equiparazione, con tanto di maggiorazioni, ai rurali sussidiati, e anche i
collaboratori delle parafarmacie vengono equiparati ai collaboratori di
farmacia, sempre “ivi comprese le maggiorazioni” (un’equiparazione, sia la
prima che la seconda, facilmente spiegabile…).
Infine, entro 15 gg. dall’approvazione della graduatoria regionale
(espressamente e giustamente definita unica, e nella quale “a parità di
punteggio, prevale il candidato più giovane”), i vincitori devono accettare
o meno la sede offerta. La graduatoria vale per 2 anni dalla sua
pubblicazione e “deve essere utilizzata con il criterio dello
scorrimento…”: in pratica, differentemente dal criterio dettato dalla l.
28/10/99 n. 389, nel concorso straordinario sembra finiscano per rientrare
anche le sedi che – nel corso o per effetto dello scorrimento della
graduatoria e del gioco delle rinunce di diritto per accettazione di una
sede a concorso – si rendano “vacanti”.
In sostanza, parrebbe che, se risulta assegnatario un titolare di farmacia
rurale sussidiata o un titolare di farmacia soprannumeraria, anche
quest’ultima rientri nel calderone delle sedi da offrire ai concorrenti
utilmente graduati nel concorso straordinario entro il biennio di efficacia
della graduatoria.
C’è, da ultimo, la disposizione che tratta della partecipazione in forma
associata a tutti i concorsi per sedi farmaceutiche (e non soltanto quindi
al concorso straordinario), ma è circoscritta ai soli under 40 (e, “ai soli
fini della preferenza a parità di punteggio”, cui si è fatto cenno, “si
considera la media dell’età dei candidati che concorrono per la gestione
associata”).
Non è una disposizione felicissima ma, rispetto al testo del dl., ha
quantomeno il pregio di ridurre a un purgatorio per soli 10 anni (invece
che a un inferno per l’eternità…) l’obbligo da parte dei vincitori di
conservare la gestione associata della farmacia “su base paritaria”.
f) Orari, turni, sconti (comma 8)
Il comma 8 ricalca pedissequamente il comma 6 del vecchio testo, come se,
quindi, a tutte le preoccupazioni espresse dai farmacisti su questi due
temi così scottanti e sofferti (ai quali, per di più, le parafarmacie erano
e restano del tutto estranee…) abbia fatto eco la più tenace indifferenza
da parte delle Commissioni del Senato e di chi ha redatto il maxi-
emendamento.
I problemi restano perciò qui giganteschi ed irrisolti, e daranno filo da
torcere a tutti in questo momento di transizione, già di per sé drammatico,
da un sistema farmacia ad un altro.
Quanto a “orari e turni”, se prescindiamo da qualche perplessità in ordine
alla legittimità costituzionale di una disposizione tanto preclusiva di
qualsiasi intervento del legislatore regionale (non può peraltro essere
questa la sede per un adeguato approfondimento di un aspetto così
delicato), parrebbe proprio che la “liberalizzazione” in materia sia
sancita nel comma 8 (che in sole cinque righe riesce lapidariamente ad
abbattere sia il pilastro degli “orari e turni” programmati, come quello
del prezzo fisso del farmaco) in termini assoluti, senza quindi distinguere
tra “orari” e “turni”.
Per la verità, parecchi non la pensano così, ed è il caso proprio della
Regione Lazio, che qui arriva addirittura a scrivere senza titubanze che
“l’eventuale aumento delle ore di apertura della farmacia è consentito
esclusivamente nei giorni in cui la struttura è aperta”.
Costoro, chissà, potrebbero avere anche ragione, ma noi pensiamo che
l’espressione “orari diversi” debba piuttosto essere intesa – come lo
stesso suo significato letterale lascia bene intendere – nel senso che una
farmacia, fermo il rispetto dei turni (festivi, pomeridiani, notturni ed
estivi), ha facoltà di tenere aperto l’esercizio (anche) in qualsiasi
orario diverso da quello di apertura obbligatoria per turno, e dunque non
soltanto dalle ore 00 alle ore 24 di tutti i giorni della settimana da
lunedì a venerdì, ma anche dalle ore 00 alle ore 24 del sabato, della
domenica, dei giorni festivi infrasettimanali e di quelli di “ferie”,
perché per quella farmacia – se non tenuta ad osservare l’apertura per
turno – anch’essi si rivelerebbero “orari diversi da quelli obbligatori”.
Resta il problema dell’applicabilità del precetto, che, secondo taluno, non
potrebbe prescindere dall’entrata in vigore di nuove disposizioni regionali
che a quel precetto si uniformino.
Crediamo invece che l’art. 11 abbia dettato, in sostituzione di quello
enunciato dall’art. 119 del TU.San. (obbligo del titolare di farmacia di
mantenerne “ininterrottamente“ – avverbio da riferirsi tuttavia, come ha
chiarito a suo tempo la Corte Costituzionale, al servizio farmaceutico nel
suo complesso e non alla singola farmacia – il regolare esercizio “secondo
le norme ecc.”), un nuovo “principio fondamentale” che è però formulato in
termini che non possono far granché dubitare della sua immediata
prescrittività (“…non impediscono…”, recita perentoriamente la
disposizione) e dinanzi al quale, pertanto, le disposizioni regionali di
dettaglio, ove con esso in contrasto, devono ritenersi ipso iure caducate,
senza necessità che lo sancisca la Corte su rinvio di un Tar.
Quanto agli “sconti”, c’è poco da aggiungere a quanto già rilevato in
precedenti occasioni, ma vogliamo invitare i lettori di buona volontà a
riflettere sulla diversa formulazione che sul punto specifico adottano, da
un lato, il comma 3 dell’art. 5 della legge Bersani del 2006 e il comma 4
dell’art. 32 del dl. “SalvaItalia” (ambedue prescrivendo che “gli sconti
siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e siano praticati a
tutti gli acquirenti”) e, dall’altro, questo comma 8 dell’art. 11 (secondo
cui, più semplicemente, “Le farmacie possono praticare sconti sui prezzi di
tutti i tipi di farmaci e prodotti venduti pagati direttamente dai clienti,
dandone adeguata informazione alla clientela”). È una significativa
diversità di vocabolario che abbiamo l’impressione comporti una diversità
altrettanto significativa anche in ordine all’area di applicazione delle
une e dell’altra; ma di questo parleremo meglio un’altra volta.
g) La durata della gestione ereditaria (comma 11)
È una correzione che, funambolica la sua parte (ma poteva, come tante
altre, essere redatta molto meglio), va vista certamente con favore, e
quindi, per lo più, gli eredi (sia del titolare che del socio) tenderanno a
presentare la denuncia di successione a ridosso della scadenza del termine
legale di 1 anno, così da beneficiare di una durata complessiva pressoché
di 18 mesi, dunque di 6 mesi soltanto inferiore al biennio previsto sino al
23 gennaio.
Occorrerà evidentemente documentare la data di presentazione della
denuncia, ma a questo provvede in via telematica la stessa Amministrazione
finanziaria.
h) Le informative al paziente sugli equivalenti (comma 12)
È alleggerito il lavoro del medico e diversamente formulato quello del
farmacista.
È confermata la modifica al comma 9 dell’art. 11 del dl. 78/2010 e l’Aifa
viene incaricata di revisionare le attuali modalità di confezionamento dei
farmaci per identificare confezioni ottimali, anche di tipo monodose, in
funzione delle patologie da trattare.
i) Parafarmacie (commi 13, 14 e 15)
Come accennato, sono ora legittimate alla vendita “allargata” anche quelle
ubicate in comuni con meno di 12.500 abitanti o comunque in specifiche aree
rurali.
Inoltre, viene loro concesso di vendere al pubblico anche i farmaci
veterinari (“ancorché dietro presentazione di ricetta medica, se prevista
come obbligatoria”, e questo piace giustamente molto poco ai farmacisti più
ortodossi), esclusi però quelli di cui al TU. sugli stupefacenti, e di
“allestire preparazioni galeniche officinali che non prevedono la
presentazione di ricetta medica, anche in multipli, in base a quanto
previsto nella FU. italiana o nella farmacopea europea” (perciò, la
spedizione della ricetta relativa alle altre preparazioni magistrali resta
una prerogativa della farmacia).
Inspiegabilmente, però, il possesso dei requisiti che prescriverà il dm.
previsto nell’art. 32 del dl. “SalvaItalia” è una condizione richiesta
espressamente soltanto per le preparazioni galeniche e non invece per la
vendita dei farmaci veterinari (che quindi le parafarmacie possono cedere
al pubblico sin dal 25 marzo scorso).
l) Dotazione minima di personale (comma 16)
È stato modificato il comma 12 del dl.: ora, stando alla nuova
disposizione, sarà la prossima (?) Convenzione farmaceutica a stabilire “in
relazione al fatturato ecc.” la “dotazione minima di personale di cui la
farmacia deve disporre ai fini del mantenimento della convenzione” con il
SSN.
La sostanza, però, non sembra cambiare più di tanto e le perplessità
restano.
m) La sostituzione obbligatoria del direttore over 65 (comma 17)
È una bizzarra ma in realtà disgraziata disposizione conclusiva, perché il
“raggiungimento del requisito di età pensionabile” è una barriera
ingiustificabile (e da scrutinare anch’essa alla luce della Costituzione),
tanto più se è apposta – come qui – a prescindere dalle condizioni fisiche
del titolare.
Leggendo il testo, avremmo un ulteriore caso – oltre a quelli previsti
nell’art. 11 della l. 475/68, come modificato dall’art. 11 della l. 362/91
– di sostituzione del titolare nella (sola?) conduzione professionale della
farmacia; si tratta questa volta, è vero, di un’ipotesi di sostituzione
obbligatoria, ma, differentemente da tutti gli altri casi, la sostituzione
può in tale specifica evenienza protrarsi legittimamente anche ben oltre i
previsti 5 anni continuativi (o 6 anni nell’arco di un decennio) e
permettere al titolare di restare tale sino all’ultimo giorno di vita,
quali che siano le sue condizioni di salute.
Certo, la piccola farmacia (rurale o urbana) condotta, gestita e diretta
soltanto dal suo titolare, senza quindi nessun collaboratore farmacista,
sarà costretta ad avvalersi del direttore sostituto, gravando in modo
talora decisivo sul bilancio dell’esercizio, impossibilitato a sostenere
questo nuovo onere.
E purtroppo, almeno per come il comma 17 è ora formulato, la sostituzione
parrebbe obbligatoria anche per il titolare in forma individuale over 65
(anche il parere ministeriale è in questo senso, e le relazioni dei Servizi
Studi delle Camere non possono di per sé essere d’aiuto); ma si può sperare
che in qualche modo (ma in quale?) il buon senso riesca alfine almeno qui a
prevalere.
Naturalmente su tutti questi temi (e su altri) torneremo in prosieguo più
approfonditamente.
(gustavo bacigalupo)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!