L’art. 32 del “Decreto Monti”: tanto tuonò…
È stato pubblicato nel numero di ieri (ma in realtà soltanto la notte
scorsa, cioè poche ore fa) della Gazzetta Ufficiale il testo definitivo del
dl. n. 201 del 6/12/11, entrato in vigore il giorno stesso, contenente la
manovra correttiva “SalvaItalia” e di cui di seguito riportiamo l’intero
art. 32, intitolato “Farmacie”.
1. In materia di vendita dei farmaci, negli esercizi commerciali di cui
all’articolo 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che
ricadono nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a
quindicimila abitanti e, comunque, al di fuori delle aree rurali come
individuate dai Piani Sanitari Regionali, in possesso dei requisiti
strutturali, tecnologici ed organizzativi fissati con decreto del Ministro
della salute, previa intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regione e le Province autonome di Trento e di Bolzano,
adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, possono essere venduti anche i medicinali di cui all’articolo 8,
comma 10, lettera c) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive
modificazioni, ad eccezione dei medicinali di cui all’articolo 45 del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e
successive modificazioni di cui all’articolo 89 del decreto legislativo 24
aprile 2006, n. 291. Con il medesimo decreto, sentita l’Agenzia Italiana
del Farmaco, sono definiti gli ambiti di attività sui quali sono assicurate
le funzioni di farmacovigilanza da parte del Servizio sanitario nazionale.
2. Negli esercizi commerciali di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto
legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248, la vendita dei medicinali deve avvenire, ai sensi di
quanto previsto dal comma 2 del citato articolo 5, nell’ambito di un
apposito reparto delimitato, rispetto al resto dell’area commerciale, da
strutture in grado di garantire l’inaccessibilità ai farmaci da parte del
pubblico e del personale non addetto, negli orari sia di apertura al
pubblico che di chiusura.
3. Le condizioni contrattuali e le prassi commerciali adottate dalle
imprese di produzione o di distribuzione dei farmaci che si risolvono in
una ingiustificata discriminazione tra farmacie e parafarmacie quanto ai
tempi, alle condizioni, alle quantità ed ai prezzi di fornitura,
costituiscono casi di pratica commerciale sleale ai fini dell’applicazione
delle vigenti disposizioni in materia.
4. E’ data facoltà alle farmacie e agli esercizi commerciali di cui
all’art. 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito
con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, di praticare
liberamente sconti sui prezzi al pubblico su tutti i prodotti venduti,
purché gli sconti siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e
sia praticato a tutti gli acquirenti.
Come ha potuto constatare chiunque ne abbia in queste ore seguito con
comprensibile trepidazione l’incredibile sua “evoluzione” (che fa pensare
quanto sia stato sofferto…), il testo è stato più volte rimaneggiato nella
giornata del 5 dicembre e anche in quella di ieri, perché, ad esempio, è
improvvisamente sparito qualsiasi riferimento sia al quorum farmacie-
abitanti (che nelle prime stesure allineava sul n. 4000 i comuni con meno
di 12500 abitanti ai comuni maggiori, prevedendo l’utilizzabilità dei
“resti” solo se superiori alla metà del rapporto-limite e quindi a 2000
abitanti), sia al fantomatico “concorso straordinario” relativo alle sedi
vacanti o di nuova istituzione, e sia alla facoltà per qualunque
partecipante di “concorrere per la gestione associata” di una delle sedi
messe a concorso “sommando ai titoli posseduti” quelli di uno o più altri
concorrenti (una disposizione che francamente sarebbe necessaria).
Invece, molto meno sorprendentemente – perché questa, come abbiamo rilevato
nella Sediva news del 26/09/2011, era un postulato ineludibile nel quadro
(vero o falso che sia) di crescita e sviluppo – è spuntata nell’ultimissima
ora, affiancata all’assunto di fondo che estende alle parafarmacie la
fascia C (esclusi gli stupefacenti, i “non ripetibili”, ecc.), la
disposizione che abbiamo appena letto al comma 4 dell’art. 32.
Viene quindi “liberalizzato” in un sol colpo, e senza alcun limite
inferiore (il limite superiore è naturalmente quello ufficiale, tant’è che
vi si parla di “sconti”), il prezzo al pubblico di “tutti i prodotti
venduti” dalle “farmacie” (e dalle “parafarmacie”), come se addirittura –
stando al tenore letterale della norma – la facoltà di “praticare
liberamente sconti” riguardasse tanto la fascia C che qualsiasi altro
farmaco, stupefacenti compresi, con il crollo violento quanto definitivo
del superpilastro del sistema farmacia fissato nell’art. 125 TU.San.
E però, stupefacenti o non stupefacenti, il vulnus è certo tale da rendere
difficile prevederne tutti gli effetti a medio e/o lungo termine; nel
breve, invece, le reazioni dinanzi a questo sconvolgimento epocale saranno
in ogni caso robuste, pur se qualsiasi parafarmacia (che anche in questo
decreto legge continua a chiamarsi così invece che “farmacia non
convenzionata”…), per essere legittimata alla dispensazione dei farmaci di
fascia C, dovrà comunque attendere che il dm. Salute previsto nel comma 1
(cui peraltro collaborerà la solita, imprevedibile Conferenza permanente
Stato-Regioni), ne fissi gli imprescindibili requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi (peraltro, non tutti forse al momento
configurabili…).
Ma personalmente crediamo che una farmacia resti una farmacia, con tutto
quel che quantitativamente e qualitativamente ha dato e può continuare a
dare e che, proprio per questo, ha avuto il grande merito di guadagnare
negli anni un credito molto consistente dinanzi ai consumatori, che forse è
giunto il momento di cominciare a riscuotere.
Pur horribilis come si presenta ora l’art. 32, perciò, ci pare che la
farmacia possa ragionevolmente nutrire tutte le ragioni e le speranze del
mondo per credere di poter ben sopravvivere anche in un quadro del genere,
nei comuni con meno di 15000 abitanti, come in quelli maggiori, cioè con o
senza la concorrenza della “parafarmacia in fascia C”.
Sul provvedimento torneremo certamente in prosieguo, specie dopo la sua
conversione in legge.
(gustavo bacigalupo)