Sediva News dell’8 ottobre 2010
Il “quoziente familiare” – QUESITO
Si parla dovunque in questi giorni di quoziente familiare; di che si
tratta esattamente?
Nel programma che il Governo ha presentato al Parlamento negli ultimi
giorni di settembre, ottenendo peraltro la fiducia, c’è anche
l’introduzione nel nostro Paese della tassazione delle famiglie secondo il
nuovo criterio chiamato, appunto, “quoziente familiare”.
Ora, bisogna ricordare che l’Irpef, introdotta in Italia con la riforma
tributaria del 1973, prevedeva inizialmente il cumulo dei redditi tra
coniugi, in quanto la famiglia era considerata come unità impositiva; ma
nel 1976 una sentenza della Corte Costituzionale lo dichiarò in contrasto
con il principio dell’uguaglianza sancito dalla nostra Carta, perché il
cumulo – essendo la moglie obbligata a imputare i suoi redditi al marito
– le negava sostanzialmente lo status di contribuente.
Da allora, quindi, l’unità impositiva dell’Irpef è l’ individuo e il numero
di persone a carico costituisce un bonus di deduzione dalle imposte da
versare.
E, proprio in alternativa a questo criterio di tassazione, il Governo si
appresta ora ad introdurre il c.d. quoziente familiare che, come soggetto
impositivo, assume appunto la famiglia in quanto tale.
Perciò, mentre oggi (con la tassazione dell’ individuo) l’imposta si
applica al reddito di ciascun membro della famiglia cosicchè, ad esempio,
se lavora uno solo dei coniugi e percepisce un reddito di € 50.000, l’Irpef
è pari ad € 15.320, domani (con la tassazione della famiglia) quel
reddito di € 50.000 verrebbe diviso in due parti uguali, attribuibili
dunque a ciascuno dei coniugi in ragione di € 25.000 ciascuno,
derivandone una tassazione complessiva di € 12.300, ed un risparmio, per
la famiglia, di € 3.020, pari a circa il 20%.
Questo sistema è attualmente in vigore soprattutto in Germania e negli
Stati Uniti ed è chiamato “Splitting”, di agevole traduzione, e in
applicazione di esso il reddito complessivo familiare – considerato come
somma dei redditi dei due coniugi – viene diviso per due e l’aliquota
applicata su ogni quota viene raddoppiata (nell’esempio appena fatto la
tassazione diventa, come si è visto, pari a € 6.150 per ciascuno dei due
coniugi).
Invece, in Francia è stato adottato un quoziente familiare c.d. “per
coefficiente”, perché il reddito globale viene diviso per un quoziente che
si ottiene attribuendo a ciascun componente della famiglia un coefficiente
in base al reddito, al numero dei familiari a carico, all’età, ecc.
Sarebbe comunque opportuno che la tassazione della famiglia, qualunque sia
il modulo prescelto, riguardi anche le convivenze, le famiglie separate, i
figli assegnati all’altro coniuge, ecc.
È certo però che il quoziente familiare attenua in ogni caso la
progressività dell’Irpef per scaglioni, permettendo così ai nuclei
familiari di conseguire risparmi anche importanti sotto il profilo
dell’imposizione fiscale.
Naturalmente la riduzione del gettito derivante dall’introduzione del
quoziente familiare dovrà essere compensata dal Governo con altre fonti
d’entrata, perché attualmente il bilancio statale – anche per la pressione
dell’Unione Europea che spinge notoriamente per una riduzione del nostro
debito pubblico – non consente sconti di imposte.
(f.lucidi)