Titolarità di farmacia e di parafarmacia – QUESITO
Sono titolare di farmacia e sto per aprire anche una parafarmacia, ma un
esperto del settore mi ha detto che questo è precluso non solo alle società
ma anche al titolare individuale perché, dovendo egli per legge essere il
direttore responsabile delle due attività, ci sarebbe per lui
incompatibilità.
Come abbiamo rilevato altre volte, non vi sono ostacoli normativi perchè un
titolare individuale di farmacia assuma la titolarità individuale anche di
un esercizio di vendita al dettaglio di OTC e SOP, cioè di una parafarmacia
(ovunque sia essa ubicata, e quindi anche “fuori sede”…), pur se, quale
intestatario già di una partita iva, egli dovrà comunicare telematicamente
all’Agenzia delle Entrate l’apertura di questa nuova attività, che dunque
sarà esercitata sotto la stessa veste fiscale, perché saremo in presenza di
un’impresa unica anche se con due diversi rami d’azienda (la farmacia e la
parafarmacia, naturalmente).
Quanto alla conduzione professionale della parafarmacia, il “protocollo”
prevede soltanto la comunicazione da parte del suo titolare (al Min.
Salute, all’Aifa, alla Regione, all’Asl e al Comune) delle generalità del
farmacista o dei farmacisti addetti all’esercizio o al reparto, nonché le
generalità – se persona diversa dagli addetti – del farmacista “referente
per le comunicazioni di farmacovigilanza”, che però, appunto perché mero
“referente”, è una figura che ben poco si coniuga con quella di un
direttore di farmacia, del tipo, cioè, e con il ruolo che ben conosciamo.
L’art. 5 della “legge Bersani”, inoltre, prescrive semplicemente che la
cessione al pubblico di SOP e OTC avvenga alla presenza e con l’assistenza
personale e diretta di un farmacista, che quindi potrà essere – come
peraltro lo stesso “referente” – un qualunque farmacista, con un rapporto
perciò di lavoro subordinato, o di co.co.co., o di associazione di lavoro,
o anche in regime di impresa familiare con il titolare della duplice
attività.
Ma il referente della parafarmacia, proprio per la sua veste più che altro
formale, potrà essere anche lo stesso “bi-titolare”, al quale perdipiù
nulla sembra vieti di inserire – tra gli addetti – anche il proprio
nominativo, con la riserva cioè di svolgere egli stesso qualche
prestazione, magari episodica, di assistenza ai clienti della parafarmacia.
In ogni caso, le figure di incompatibilità sono soltanto quelle contemplate
dalle norme, che – in quanto evidentemente restrittive – non sono
estensibili per analogia a vicende non espressamente ivi indicate; e di una
incompatibilità tra la titolarità individuale dei due esercizi non si parla
da nessuna parte.
Piuttosto, non saremmo più tanto sicuri che ad una società titolare di
farmacia sia davvero preclusa l’assunzione della titolarità di una
parafarmacia, pur avendo avanzato un dubbio del genere proprio in questa
Rubrica.
E’ vero, infatti, che la gestione di farmacie – come abbiamo osservato in
quella circostanza – parrebbe ancor oggi l’oggetto esclusivo della società
(personali e cooperative) di farmacisti, dato che il II comma dell’art. 7
della l. 362/91 non è stato qui formalmente modificato neppure dalla “legge
Bersani”, mentre un altro intervento legislativo (art. 2, comma 16, del
d.lgs 274/07) ha formalmente rimosso anche per le società qualsiasi
ostacolo (salvo quello della previa autorizzazione regionale) allo
svolgimento dell’attività di vendita all’ingrosso dei medicinali; e
tuttavia, non sembra francamente ragionevole che alle società –
diversamente dai titolari in forma individuale – resti precluso l’esercizio
di una parafarmacia e quindi impedito ai loro soci, secondo quanto appena
detto, lo svolgimento della professione tanto nella farmacia sociale, come
nella parafarmacia.
Il fatto è che nella pratica, lecito o meno lecito che sia, sono numerose
le società titolari anche di una o più parafarmacie; il che, certo, non
vuol dire più di tanto, ma – se la parafarmacia resterà quella di oggi –
una previsione espressa del legislatore in questa direzione sicuramente non
guasterebbe, pur se abbiamo tutti la sensazione che l’incertezza di fondo
riguardi soprattutto il suo vero destino nel sistema di distribuzione dei
farmaci (del resto, il persistente interesse verso le parafarmacie,
nonostante la loro modesta redditività sul piano generale, si spiega
probabilmente anche con la prospettiva di vederle “promosse” da qualche
benevolo legislatore in “farmacie non convenzionate” o simili…).
(g.bacigalupo)