Sediva News del 28 ottobre 2004

sull’inerenza dell’autocarro per la farmacia – QUESITO

Nel mese di febbraio 2002 abbiamo acquistato un fuoristrada con n. 5 posti,
omologato dalla M.C., con annotazione sul libretto di circolazione come
autocarro e lo abbiamo considerato tra gli investimenti ai fini del calcolo
del credito d’imposta per le aree svantaggiate (c.d. Tremonti-Sud).
L’Agenzia delle Entrate è venuta in farmacia per effettuare un controllo
sugli investimenti realizzati e, con processo verbale di constatazione, non
ha riconosciuto l’intero credito d’imposta del 100% da me utilizzato,
considerando l’automezzo “ad uso promiscuo” (quindi al 50%), in quanto si
tratterebbe, a parere dei verbalizzanti, di “autoveicolo con n.5 posti a
sedere, e un vano posteriore per il trasporto di cose di misura inferiore a
quella prevista dalla norma”.
Alla richiesta di precisazioni su questa norma non è seguito alcun
chiarimento.
Vorrei sapere se l’operato dei funzionari del Fisco è corretto.

E’ opportuno rammentare, in primo luogo, che il D.M. 4/8/98, nel recepire
la Direttiva Comunitaria n. 98/14/CE, ha di fatto abolito gli “autoveicoli
ad uso promiscuo”, riducendo la classificazione dei veicoli, a far data
dal 01/10/98, in sole due categorie: a) veicoli destinati al trasporto di
persone; b) veicoli destinati al trasporto di merci. Si tratta
rispettivamente, in pratica, delle autovetture e degli autocarri, le cui
caratteristiche sono fissate dal codice della strada (in particolare,
l’art. 54, che è probabilmente la norma alla quale si riferivano i “Suoi”
verificatori, richiede – perché “si resti” nell’autocarro – che almeno la
metà dell’abitacolo sia permanentemente riservata al trasporto di cose,
ovvero, quando la vettura sia provvista dei sedili posteriori, che la parte
residua dell’abitacolo sia prevalente per il trasporto di cose).

Alcuni veicoli, peraltro, sono omologati – grazie all’ampiezza e alla
varietà degli allestimenti – sia come autovettura, che come autocarro e in
tale evenienza l’acquirente, al momento dell’acquisto del mezzo, può
richiederne l’immatricolazione nella prima oppure (e questo sembrerebbero
essere proprio il Suo caso) nella seconda versione.

Senonchè, l’Agenzia delle Entrate non può certo entrare nel merito delle
omologazioni della M.C. anche se può evidentemente sempre verificare che il
contribuente, ad esempio, non sia “intervenuto” sul mezzo modificandone
alcune caratteristiche successivamente all’immatricolazione.

E pertanto, ove sul Suo fuoristrada non siano state operate modifiche
sostanziali, non ci pare che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate
possano legittimamente contestare “ex se” la carenza delle caratteristiche
dell’autocarro in un mezzo invece omologato e immatricolato come tale, e
dunque, perlomeno sotto questo profilo, il rilievo formulato sembrerebbe
privo di fondamento.

Tuttavia, in questa vicenda, come in tante altre congeneri, il vero
problema da risolvere è in realtà quello dell’inerenza, perchè, come
sappiamo, il Fisco può sempre valutare la sussistenza, nel singolo caso
concreto, dell’imprescindibile requisito della strumentalità di un bene
(che qui sarebbe naturalmente il Suo fuoristrada) allo svolgimento
dell’attività, e quindi, appunto, la sua effettiva inerenza all’esercizio
dell’impresa, essendo proprio l’inerenza a permettere (ricorrendone
ovviamente tutti gli altri presupposti) la deducibilità – talora soltanto
parziale – del costo di acquisizione e/o di manutenzione del bene.

D’altro canto, le norme che regolano in generale il reddito d’impresa
devono essere applicate alla moltitudine di attività esistenti e pertanto
non pongono in principio limiti di deducibilità neppure con riguardo ai
veicoli aziendali, né quindi limiti numerici, né limiti di tipologia.

Una lussuosa berlina di grossa cilindrata, poniamo, è sicuramente
strumentale (e dunque deducibile al 100%) per un’impresa di autonoleggio,
mentre non può ragionevolmente esserlo per una farmacia, per la quale in
tal caso – bene che vada al suo titolare – scatterebbero infatti, ai fini
Irpef, il ben noto doppio limite (50% del costo di acquisto e “tetto” di €
9.038,00, pari alla metà dei vecchi 35 milioni di lire), e, ai fini
dell’Iva, la deducibilità del solo 10%.
Quando, invece, si tratti di beni non oggettivamente strumentali, come è
proprio il caso – sempre per una farmacia – di una vettura omologata ed
immatricolata come autocarro (se ne è del resto parlato più volte nella
Rubrica, e particolarmente nelle Sediva news del 25/07/02 e 26/07/04), la
valutazione della loro inerenza o meno all’esercizio dell’impresa finisce
– “pericolosamente”, giova precisare – per essere riservata (anche se non
in via esclusiva, perché, beninteso il contribuente può legittimamente
sempre contrastare valutazioni arbitrarie del Fisco) ai controllori della
contabilità, che quindi, specie quando il mezzo abbia caratteristiche e
allestimenti prevalentemente da trasporto di cose ed il titolare sia in
grado di provare in modo adeguato il suo utilizzo non estemporaneo a fini
imprenditoriali (si pensi ad una farmacia che provveda con regolarità a
ritirare i farmaci direttamente nella sede, ad esempio, della cooperativa
di cui il titolare sia socio), potranno anche riconoscere la stretta
strumentalità dell’automezzo rispetto all’impresa, e quindi ammetterne
interamente tout court la deducibilità, sia ai fini irpef che iva.

Diversamente, il rischio è sempre quello di “incappare” in verbali del
Fisco deludenti, o parzialmente deludenti, come nel Suo caso; contro di
Lei, comunque, dovrebbe aver giocato, sembra chiaro, proprio la
destinazione prevalente – nel concreto – del Suo “autocarro” al trasporto
di persone, che quindi potrebbe aver suggerito ai verificatori – se
interpretiamo correttamente i fatti da Lei esposti – di considerare il
mezzo, indipendentemente dalla sua immatricolazione, “promiscuo” quanto
all’utilizzo, e quindi “promiscuo” anche quanto all’inerenza, perciò
deducibile soltanto al 50%, nonostante la ricordata soppressione della
categoria “ontologica” dell’ “autovettura ad uso promiscuo”.

Siamo, insomma, alle solite: quali limiti autentici incontra – nei
confronti dell’Amministrazione finanziaria – l’autonomia dell’imprenditore
nell’esercizio dei suoi poteri di organizzazione aziendale? E’ cioè
consentito al titolare di farmacia, per fare un altro esempio, utilizzare
nel disbrigo del suo lavoro penne di platino per scrivere, o cucitrici
d’oro per spillare le ricette che spedisce? Certo, almeno in questi due
casi-limite, la risposta sembrerebbe sicuramente negativa, perché sarebbe
evidentemente arduo dimostrare l’inerenza e/o la strumentalità di una
penna di platino o di una cucitrice d’oro (per questi beni, perdipiù,
l’“uso promiscuo” non sembra concepibile) allo svolgimento dell’attività,
cioè la loro stretta necessità rispetto all’esercizio della farmacia.

Ma le vicende concrete nelle quali certi beni (per qualità, e/o per costo
unitario, e/o per numero) vengono a collocarsi, magari, all’esatto confine
tra l’inerenza e la non inerenza possono essere infiniti, ed è in queste
evenienze, dunque, che bisogna agire con accortezza, ove possibile
precostituendo (e pronti, sia ben chiaro, a difendere poi il proprio
operato anche dinanzi alle Commissioni tributarie) i migliori sostegni
“probatori” alla deducibilità del loro costo di acquisto e delle spese di
manutenzione e/o gestione.

Per l’autocarro in particolare, queste “prove” – in caso di contestazione
– potrebbero, eemplificando, riguardare:

– le distinte di trasporto: barrare la casella “trasporto a cura del
destinatario” (evitando magari di apporvi nominativi o firme diverse dal
titolare della farmacia), mentre, se si tratta di “resi”, barrare la
casella “trasporto a cura del mittente”;
– la consegna di prodotti a domicilio (specie delle bombole d’ossigeno):
occorre la “distinta di trasporto a cura del mittente”;
– il trasporto di prodotti al dispensario (o alla farmacia succursale): è
sempre necessaria la bolla d’accompagnamento;
– la consegna delle ricette SSN alla ASL;
– la consegna di bombole d’ossigeno (per la ricarica), o del PC o di
altre apparecchiature (per la manutenzione), e loro ritiro;
– il trasporto dei beni strumentali acquistati.

In ogni caso, come Le sarà apparso ben chiaro, il tema è complesso e le
soluzioni sono tutt’altro che univoche, e non è perciò agevole acquisire
sempre certezze in questa materia.

(g.bacigalupo-f.lucidi)

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